The Hidden Dimension | L’importanza delle distanze

"...abbiamo scelto artisti di geografie diverse, dalla Georgia agli Stati Uniti passando per la Norvegia: per dare prova del potere e del potenziale della distanza come avvicinamento critico tra le persone, come comunione e condivisione del nostro stare qui, ora, altrove."
13 Febbraio 2017

Il titolo della mostra è mutuato da un importante libro che ha lasciato tracce indelebile – per molte ragioni- in diverse disciplin,. Il volume è The Hidden Dimension del 1967, scritto da Edward Twitchell Hall – … scopro che era un grande amico di Marshall McLuhan – , importante studioso che per primo coniò il termine di prossemica: una costola dell’antropologia che raccoglie le osservazioni e le teorie sul rapporto tra gli individui e il loro contesto spaziale. Twitchell Hall aveva intuito e, in seguito teorizzato, che stare a una certa distanza dal nostro simile nel rapporto di affari, nella riunione politica, nell’atto erotico, nella disposizione degli spazi urbani e delle funzioni in un edificio, ha un significato preciso e, in molti casi, decisivo.

Le due curatrici Clarissa Tempestini e Ilaria Bignotti sono partite proprio da questi studi per sviluppare una mostra in due tempi – promossa e ospitata negli spazi di Marignana Arte (Dorsoduro, 141 – 30123 Venezia)- da febbraio a maggio, con il primo capitolo a cura di Tempestini e, nel periodo della Biennale di Venezia (dal 10/03 al 09/09 2017), con il secondo capitolo a cura di Bignotti.
Inaugurata pochi giorni fa, la prima mostra ospita le opere di Vanessa Safavi, Tyra Tingleff, CCH, Laura Renna, Francesco Candeloro ed Enrico Boccioletti. Per la mostra di maggio, la curatrice ci annuncia in anteprima la selezione degli altri sei artisti selezionati: Maurizio Donzelli, Aldo Grazzi, Arthur Duff, Sophie Ko Chkeidze, Paola Anziché e Veronica Vazquez.

Segue l’intervista con Clarissa Tempestini e Ilaria Bignotti —

ATP: Condividete un progetto in due tappe, “The Hidden Dimension”, che si prefigge di indagare le relazioni tra opera, ambiente e fruitore. Il tema, esposto in modo così semplice, in realtà è molto complesso e insidioso. Mi raccontate da dove siete partite per l’ideazione delle mostre?

Clarissa Tempestini e Ilaria Bignotti: Siamo partite da un problema che crediamo sia comunemente avvertito nel mondo attuale: quello della distanza, della mancanza, dell’assenza di dialogo tra le persone. In un’epoca dominata dalla possibilità di vedersi in ogni istante e luogo, di condividere in tempo reale idee, emozioni, incubi e visioni, in realtà la percezione è quella di un grande vuoto – pieno di simulacri. Siamo partite con il chiederci: e se provassimo a rimettere in gioco questa possibilità di relazione, di scontro, di corpo-a-corpo reale, concreto, empirico, attraverso il messaggio dell’arte, tra artisti, opere, visitatori? Se provassimo ad affastellare, sovrapporre, incrociare, fondere linguaggi diversi, materiali diversi, in uno spazio e in un tempo puntualmente definiti? Cosa accadrebbe? Abbiamo trovato una galleria che ci ha dato carte blanche. La prossemica, intesa nel suo significato semiologico di disciplina che studia l’uso dello spazio fisico, e in particolar modo la tendenza a interporre maggiore o minore spazio tra sé e gli altri, come elemento di comunicazione e di distinzione di cultura, ha dato il nome a questa esigenza e a questa esperienza.

ATP: La prima tappa inaugura a febbraio, mentre la seconda durante la Biennale, a maggio. Come avete messo in relazione la prima mostra con la seconda? Quali sono i temi, magari distinti, che avete approfondito nei rispettivi progetti?

CT / IB: Innanzitutto, abbiamo pensato che sarebbe stato interessante coinvolgere subito, nel progetto, tutti e dodici gli artisti, dandogli alcune linee guida e vedendo come avrebbero reagito, stabilita la rosa dei primi sei da febbraio ad aprile, i due gruppi l’uno in relazione all’altro.
CCH, Enrico Boccioletti, Francesco Candeloro, Tyra Tingleff, Vanessa Safavi e Laura Renna occupano lo spazio, lo connotano con il loro operare, si prendono, metaforicamente “le misure” gli uni gli altri, e invitano a loro volta la rosa successiva dei sei artisti a reagire a questo luogo connotato dalle loro temporanee presenza. Un po’ come quando accade di entrare in una casa che è stata vissuta, è stata svuotata, e ora aspetta i nuovi inquilini. Che in qualche modo dovranno avere a che fare con le tracce, le sensazioni, i ricordi lasciati impigliati nelle stanze. I primi sei artisti invitati affrontano il problema della prossemica attraverso la potenzialità e la tensione dimensionale ed evocativa dell’opera.
Gli altri sei artisti – Maurizio Donzelli, Aldo Grazzi, Arthur Duff, Sophie Ko Chkeidze, Paola Anziché, Veronica Vazquez – proveranno a leggere la prossemica come limite e superamento. Come confine aperto tra il farsi dell’opera nei suoi materiali, e il risponderle corporalmente da parte del pubblico.

Installation view, The Hidden Dimension, Marignana Arte, Venice (painting Tyra Tingleff, site specific installation Laura Renna)

Installation view, The Hidden Dimension, Marignana Arte, Venice (painting Tyra Tingleff, site specific installation Laura Renna)

ATP: L’incipit di “The Hidden Dimension” – La dimensione nascosta – è mutuato dal titolo di un libro dell’antropologo Edward T. Hall, dove conia il termine ‘prossemica’. Questa affascinante parola altro non è, sempre semplificando, il sinonimo di “prossimità”. Di capitale importanza è stata la sua distinzione in merito alle distanze relazionali tra le persone, contraddistinte in intima, personale, sociale e pubblica. Come avete messo in relazione le sue intuizioni con il vostro progetto?

CT / IB: Fin dal sottotitolo, “Vicino e lontano: il significato delle distanze tra le persone”, il lavoro di Hall interroga l’uomo, come individuo e collettività, come fondatore di linguaggi e culture, sul valore dato allo spazio posto tra sé e l’altro. L’attenzione dello studioso, perfettamente in linea con il periodo, è appunto quella di cercare di capire come risolvere il problema dello sviluppo sfrenato delle grandi società, dei primi aspri confronti e dibattiti sociali, di genere, razziali, come rispondere alla violenza dettata dal sovraffollamento, dal degrado, dal caos urbano delle metropoli americane. Con questo tema, proviamo metaforicamente a rispondere a questi grandi temi – l’uomo ha uno spazio dove vivere? L’uomo come si relaziona con l’altro quando lo avverte come diverso, distante…? – attraverso un confronto di opere d’arte interculturale e interdisciplinare. Per questo abbiamo scelto artisti di geografie diverse, dalla Georgia agli Stati Uniti passando per la Norvegia: per dare prova, anche, speranzosamente, del potere e del potenziale della distanza come avvicinamento critico tra le persone, come comunione e condivisione del nostro stare qui, ora, altrove.

ATP: In merito alla scelta degli artisti, sei per ciascuna mostra, su che basi li avete scelti? Ci sono delle assonanze tra le loro ricerche e il tema che trattate?

CT / IB: CCH sceglie specchi antichi, che hanno già visto, accolto e restituito molto del visibile, li copre con bende amorevoli, a proteggere e non dire, creando distanze visuali che attraggono il visitatore, in un vortice di domande cui trovare risposta nelle pieghe del metallo annerito. Candeloro condensa ed espande il codice cromatico, sul quale si arrampicano piccoli segni che sono tracce e brulichii dispersi sulla superficie. La tensione all’esporsi, con la pelle e i nervi della propria storia, è nell’opera di Safavi, che si addensa, accartoccia e espande in una epidermica offerta di sé, rivolta all’altro. La tattilità, questa chimera nell’età virtuale, diventa giungla di legni e metalli di recupero, amorevolmente trasformati in fogliame, da Renna, che invita il pubblico in una passeggiata surreale cui risponde l’ombra di questa esperienza, lontana e evanescente, della restituzione fotografica. Il diafano disfacimento della materia pittorica scrive per ogni visitatore un racconto diverso, nell’operare pittorico di Tingleff. Una mescola densa che scompone il possibile vedere e sentire la materia cromatica e spessa. Infine, Boccioletti, che pare quasi tradurre, in una relazione tema-svolgimento, l’idea di prossemica in un mondo altamente digitalizzato, di realtà – e distanze – aumentate, con i suoi lavori che sono visioni a presa rapida.

ATP: Uno dei cardini della mostra è la relazione – o lo spazio di relazioni – tra le opere e i fruitori. Mi fate degli esempi concreti, magari citandomi alcune opere, dove il pubblico assume il ruolo di ‘attivatore’?

CT / IB: Con Hall crediamo che riuscire a distillare e individuare le variabili essenziali dell’esperienza costituisce il vero senso del lavoro dell’artista.
Accade che negli specchi di CCH, inevitabilmente, ci si chieda cosa si vede e come ci si debba muovere per cogliere un messaggio che, definito nel pensiero dell’artista, può mutare nella mente-sguardo del pubblico. Le foglie di natura metallica di Laura Renna s’impigliano alle gambe e alle braccia del visitatore, lo tirano a sé, gli chiedono di districarsi e perdersi in un luogo magico di ombre e luci caldissime. Cosa c’è dietro alle lastre compresse prima dell’esplodere nello spazio di Candeloro? Cosa sentiamo di fronte all’epidermide translucida che divora gli organi di Safavi?

ATP: Lo spazio che ospita le mostre ha inciso sulle vostre scelte curatoriali? O, altrimenti, gli artisti sono stati condizionati dall’ambiente espositivo?

Gli artisti hanno inevitabilmente, con noi, dovuto relazionarsi con lo spazio. La prossemica dice che ciascuno di noi elabora una distanza intima, una personale, una sociale e anche una pubblica tra sé e l’altro: alcuni hanno deciso di farsi abbracciare, appunto, dallo spazio e dal pubblico; altri si sono protetti, tenendosi a debita distanza; altri ancora, guardinghi, si pongono in attesa, tra il nascondimento e la rivelazione.

ATP: Come la prima mostra “invaderà il campo” della seconda?

CT / IB: Come abbiamo detto sopra, inevitabilmente la presenza dei primi sei artisti lascerà tracce sul lavoro degli altri, sia concettualmente, che anche fisicamente: l’influenza della visione dell’allestimento di questa prima fase, muterà la percezione originaria degli artisti presenti nella seconda fase. E in uno spazio raccolto, adiacente alle tre sale della Galleria, si affastelleranno i segni di questa prima tappa, in un continuo richiamare le relazioni tra i linguaggi.

Vanessa Safavi Hands Bite 2017 Silicone and frame 82,5 x 68,5 cm

Vanessa Safavi Hands Bite 2017 Silicone and frame 82,5 x 68,5 cm

CCH Reinassance 2013 Military adhesive tape on mirrors Variable measures

CCH Reinassance 2013 Military adhesive tape on mirrors Variable measures

The Hidden Dimension
Un progetto di Marignana Arte in due tempi, per una analisi delle relazioni tra opera, ambiente e fruitore

Capitolo I
A cura di Clarissa Tempestini
Artisti: Vanessa Safavi, Tyra Tingleff, CCH, Laura Renna, Francesco Candeloro, Enrico Boccioletti
Periodo: febbraio-maggio 2017

Capitolo II
A cura di Ilaria Bignotti
Artisti: Maurizio Donzelli, Aldo Grazzi, Arthur Duff, Sophie Ko Chkeidze, Paola Anziché e Veronica Vazquez
Periodo: 10 maggio – 09 settembre 2017
Opening: 10 maggio 2017

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