

Annunciato come secondo capitolo – in presenza – della cinquantesima edizione di Santarcangelo Festival, Winter is coming ha trovato lo scorso weekend nuova forma con Winter is locking down, evento organizzato a partire dall’incontro pubblico previsto “Teatro per bande, gruppi e predatori solitari”: dieci ore su Zoom e in diretta YouTube a cavallo tra tavola rotonda, incontro e performance digitale. “Un lungo happening online” come lo hanno definito i Motus “un’opportunità di reinvenzione basata sulla flessibilità”.
A colpire fin dall’inizio della giornata è la spontaneità e naturalezza dell’evento costruito senza troppi fronzoli estetici ai quali, soprattutto nell’online, si riserva spesso troppa attenzione a discapito del contenuto. Nel panorama delle proposte online di questi mesi Winter is locking down si inserisce come un’esplicita sperimentazione collettiva con la quale Santarcangelo si dimostra essere al passo con i tempi, ma a proprio modo, rispettando coerentemente la propria posizione culturale e politica.
Al centro della riflessione, condivisione e discussione, lo stato attuale del teatro rispetto ai giovani non solo under30, alle compagnie emergenti, ai nuovi linguaggi del contemporaneo compreso quello del digitale. A condividere esperienze, contenuti e idee, dodici realtà in parte provenienti dalle scuole teatri internazionali, ma anche escluse da premi, definite dai Motus come “una costellazione esplosa” per iniziare un percorso che il Festival intende riprende la prossima estate con il terzo atto. Nato come prodotto di una resistenza, Winter is locking down è da considerare come un’opera unica, una maratona poetica (i contenuti artistici non sono semplici trasposizioni per l’online) e politica. Un flusso all’interno del quale non sono presenti tutti i soggetti previsti inizialmente per la presenza fisica, ma animato da tutte quelle compagnie e produzioni artistiche che hanno accettato la sfida di sperimentare le possibilità del digitale, anche con tutte le sue contraddizioni. Un aspetto, quello del mettersi in gioco in modo continuo, messo in luce dalle occasioni di confronto lasciati dall’organizzazione agli artisti e alle artiste alla conclusione di alcuni blocchi tematici. Momenti dai quali lo spettatore è escluso, ma che permettono ai partecipanti del progetto di creare nuovi spazi di riflessione e analisi del proprio lavoro, possibili solo tramite il dialogo.
Tre i blocchi tematici principali che hanno scandito la giornata mettendo in relazione artisti e artiste, processi e contenuti artistici: il rapporto con l’Altro, le narrazioni ibride e infine l’analisi del concetto di indipendenza.


Ad aprire la maratona, dopo l’introduzione dei Motus e Chiara Organtini, Gli altri di Corps Citoyen, progetto realizzato a partire dal 2013 come teatro partecipativo la cui restituzione ha preso forma audiovisiva. Al centro della rappresentazione lo stereotipo dello straniero come delinquente, un’immagine culturale sempre più diffusa e che trova una vera e propria riproposizione nel mondo dello spettacolo. Seguono Salamawit Bjuuk con un esercizio performativo da svolgere individualmente, ma che diventa per stessa natura del mezzo collettivo, ed Emilia Verginelli dallo spazio culturale romano Fivizzano27. Ultimo contributo, prima del confronto, Pankaj Tiwar che per primo chiede ai partecipanti di attivare camera e microfono cercando così di adattare il mezzo alla propria pratica artistica basata sul dialogo.
Il secondo blocco tematico è legato da un ulteriore fil rouge quello del clubbing, ambiente e contesto espressivo richiamato sia dal lavoro di Simon Baetens – progetto di tesi risalente al 2018 pensato come teatro senza performer e quindi estremamente attuale – che da quelli successivi proposti da Madalena Reversa che riattualizza un testo di Shelley sul ruolo della poesia e dei poeti in momenti storici segnati da una crisi, e da ANKKH, duo performativo che porta sullo schermo la coesistenza e sovrapposizione della vita quotidiana con la pratica artistica.
A concludere gli interventi artistici il contributio di Gloria Dorliguzzo, quello della compagnia greca Nova Melancholia, il podcast Fuoco Radio di Paola Stella Minni, Konstantinos Rizos e Laura Kirshenbaum che sposta l’attenzione dal visivo all’audio, e infine Call Monica che con il proprio silenzio e invito alla condivisione di pratiche chiude perfettamente una giornata all’insegna della ricerca e non della produzione. All’improduttività, intesa negativamente come “non fare”, Call Monica e l’organizzazione di Santarcangelo, contrappongono infatti il concetto di non-produzione come momento riservato al confronto e alla ricerca senza scopi produttivi, fuori dalle logiche di mercato e di programmazione.
La giornata si chiude invece dalle 19 con un momento collettivo e aperto a tutti i presenti sulla piattaforma Zoom che amplia la discussione con testimonianze internazionali, mettendo in luce anche la tematica degli spazi dedicati e riservati alla ricerca artistica in particolare performativa, fortemente compromessa dai fenomeni di gentrificazione e urbanizzazione, ma anche da un gap che sempre più spesso si crea tra la ricerca contemporanea e la domanda delle istituzioni.
