
Come si fa a raccontare cinquant’anni di un festival come quello di Santarcangelo? Michele Mellara e Alessandro Rossi hanno tentato di farlo con 50 Santarcangelo, lungometraggio prodotto da Mammut Film e recentemente reso disponibile online sulla piattaforma #IoRestoInSala. Un viaggio alla scoperta di uno dei più longevi eventi culturali in Italia che inizia come un racconto a più voci su immagini di archivio che si sovrappongono in una descrizione, senza tempo né luogo, del Festival e del significato di fare teatro.
È il 1971 quando Piero Patino organizza in modo completamente autogestito e supportato solo idealmente dall’amministrazione comunale comunista, il “Festival Internazionale del Teatro in Piazza” con lo scopo di portare a Santarcangelo un teatro lontano dalle rappresentazioni che oggi chiameremmo mainstream, ma con un’attenzione al contesto dell’epoca e del turismo internazionale sulle spiagge della vicina Rimini. Le immagini d’archivio delle passate edizioni si mescolano a quelle degli appuntamenti più recenti, ad interviste trasmesse sulle televisioni locali e sulla RAI di quegli anni e a quelle realizzate recentemente, accompagnando lo spettatore alla scoperta delle trasformazioni del Festival.
Il racconto è affidato in particolar modo alla direzione artistica che si è susseguita in questi anni portando con sé la propria idea politica di teatro, dimostrando ancora una volta quanto fare cultura significhi fare politica. Il 1978 è l’anno della direzione di Roberto Bacci che a meno di trent’anni prende in mano l’organizzazione di Santarcangelo partendo dallo sguardo e dalla posizione di chi, come lui, doveva imparare “cosa fosse un Festival”. Sono gli anni dei fuochi d’artificio, del teatro politico, del teatro verticale, dei giovani provati dagli anni di piombo, con i quali Santarcangelo si trasforma in una sorta di laboratorio aperto. Ed è proprio a questi momenti di cambiamento politico come il 1977 che Santarcangelo risponde cambiando, ricercando un’idea di teatro capace di riflettere sulla contemporaneità. Un evento che si trasforma per rimanere sempre se stesso.
È nel 1989 che il Festival prende il nome di “Santarcangelo dei Teatri d’Europa”, circoscrivendo così il proprio raggio di azione e di ricerca proprio a quell’Europa che la caduta del muro di Berlino sembrava aver unito diffondendo la cultura del movimento senza confini. Un entusiasmo al quale segue la disillusione degli anni Novanta, della bellezza nella bruttezza, del corpo esplicito.

Fino al 2008 anno di crisi per il festival lasciato dal proprio direttore artistico, “quel francese al quale non va riconosciuto nulla e che aveva scambiato Santarcangelo per un freddo studio d’architetti”, si dice nel film attorno ad un tavolo.
Un momento di rottura senza il quale, probabilmente, non avremmo il Festival come lo conosciamo oggi. A prendere la guida di un Santarcangelo abbandonato sono le compagnie stesse, quelle della “Romagna Felix” come le hanno definite in seguito: Kinkaleri, Societas Raffaello Sanzio, Teatro delle Albe, Motus. È la rinascita. A partire da questo momento si susseguono edizioni realizzate sotto la direzione artistica di quelle stesse compagnie che per anni avevano fatto parte della programmazione. La prima è affidata a Chiara Guidi che ha portato a Santarcangelo la musica strumento per ritrovare un’idea di teatro. La seguono Enrico Casagrande per un teatro del qui e ora, e Ermanna Montanari la cui direzione si concentra sul pubblico come elemento fondante del teatro e su Santarcangelo come piazza. È proprio con la Montanari che il festival di Santarcangelo diventa “Santarcangelo”: non solo un evento, ma un luogo nel quale trovarsi e ritrovarsi, un luogo di incontro e di scambio.
Giunge ancora una volta il momento di cambiare e dal 2012 la direzione è affidata a Silvia Bottiroli, la prima a proporre attività anche invernali, sperate fin dall’epoca della direzione Bacci e fino ad ora mai realizzate. Anche nel teatro e nelle arti performative prende spazio il concetto di curatela e Santarcangelo, costruito sull’idea di teatro come luogo della visione, assume una dimensione transnazionale diventando così esso stesso dispositivo per pensare. A precedere l’anniversario storico è la co-direzione dettata da un’esigenza di apertura dello sguardo di Eva Neklyaeva e Lisa Gilardino.
E i Cinquant’anni infine. Un’edizione affidata alla guida artistica dei Motus trovatisi a celebrare un tale traguardo facendo i conti con una pandemia. Contesto nel quale Santarcangelo 2020 si è dimostrato ancora una volta capace di rispondere a istanze sociali, politiche e culturali, senza rinunciare e senza pretendere una normalità, riportando i corpi negli spazi pubblici – distanziati, ma insieme – in un’edizione in tre atti che si concluderà questa estate dall’8 al 18 luglio 2021.
Dopo cinquant’anni Santarcangelo è pronto ancora una volta al cambiamento affidando il triennio 2022-2024 al curatore, attivista, drammaturgo e critico teatrale Tomasz Kireńczuk.
