Giuseppe Penone a Palazzo della Civiltà Italiana

Alcune domande a Giuseppe Penone — "Matrice" rallenta la nostra percezione del tempo, mostra il rapporto tra l’uomo e ciò che lo circonda e il cambiamento che una presenza può creare nelle cose che lo circondano e, viceversa...
30 Gennaio 2017
Giuseppe Penone,   Foglie di Pietra - MATRICE - Palazzo della Civiltà Italiana,   Roma 2017

Giuseppe Penone, Foglie di Pietra – MATRICE – Palazzo della Civiltà Italiana, Roma 2017

Il nome è mutuato da un lavoro in mostra Matrice: una scultura lunga trenta metri in cui un tronco di abete è stato scavato seguendo un anello di crescita, portando così in superficie il passato dell’albero, la sua storia e le trasformazioni attraverso il tempo. Giuseppe Penone, maestro indiscusso e figura fondamentale del movimento d’avanguardia dell’Arte Povera, è il protagonista di una mostra ospitata fino al 16 luglio al Palazzo della Civiltà Italiana a Roma, luogo che la Maison Fendi ha destinato per mostre e installazioni. La curatela porta la firma di Massimiliano Gioni, che spiega: “Credo che uno dei più preziosi insegnamenti di Penone sia il fatto di percepire il tempo non nella sua immediatezza e urgenza, ma piuttosto come un ritmo quasi geologico. Se guardate le sue sculture di alberi, sono tutti tentativi di ripercorrere il lento scorrere del tempo nel legno e nelle forme della pianta. In altri casi, con l’utilizzo del bronzo, del marmo o dell’oro, l’artista sembra tentare di congelare il passare del tempo al fine di renderlo universale. Penone ha detto che le forme degli alberi devono la loro forma dalla necessità di esistenza, ed è questo che fa la loro bellezza. Nel suo lavoro Penone si sforza di raggiungere la stessa necessità e, in più, cerca di renderla, con il suo intervento, eterna.”
L’intera mostra è concepita in stretto dialogo con gli spazi di Palazzo della Civiltà Italiana: nelle architetture monumentali del palazzo Penone installa una serie di opere che contrappongono alla geometria precisa e agli elementi marmorei del Palazzo un senso della materia e della forma come entità vive e organiche. Tra le opere selezionate – che ripercorrono la sua carriera dagli anni ’70 ad oggi – una tra le più conosciute, “Ripetere il bosco” (1969-2016), formata da vari tronchi scavati in blocchi di legno e disposti a ricreare una piccola foresta. In mostra anche una serie presentata per la prima volta in Italia, “Foglie di pietra” (2013): dove elementi naturali e blocchi di marmo scolpiti come capitelli e colonne antiche, quasi a suggerire paesaggi di rovine e frammenti di storia riconquistati dalle forze della natura.
A queste opere, si affiancano una serie di interventi tra cui il grande quadro “Spine d’acacia – Contatto” (2006) che delinea su tela l’impronta di una bocca disegnata con centinaia di spine. In “Soffio di foglie” (1979), il corpo dell’artista è presente come un calco impresso su un pila di foglie di mirto. In “Essere fiume” (2010) – opera esposta anche nell’ultima edizione di Documenta – l’artista replica meticolosamente in un blocco di marmo le forme di una pietra levigata da un fiume.

Giuseppe Penone,   Pelle di Grafite - riflesso di Uraninite - MATRICE,   Palazzo della Civiltà Italiana,   Roma 2017

Giuseppe Penone, Pelle di Grafite – riflesso di Uraninite – MATRICE, Palazzo della Civiltà Italiana, Roma 2017

Per questa occasione abbiamo posto alcune domande a Giuseppe Penone —

ATP: Il titolo della mostra è mutuato da una grande opera esposta, “Matrice”. Perché ha scelto questo titolo? Quali tematiche abbraccia?

Giuseppe Penone: Ho scelto “Matrice” come titolo di questa mostra perché è una nuova opera presentata in anteprima. Si tratta di una scultura molto larga che occuperà un’intera ala dello spazio espositivo. E’ un abete sezionato verticalmente in due parti, scavato seguendo un anello di crescita. Il risultato è una scultura lunga 30 metri, un negativo dell’albero ad una certa età: è il tempo futuro del presente dell’albero che è assente. All’interno dell’albero ho riprodotto l’anello di crescita con un calco in bronzo, posizionato in seguito nel tronco. In questo modo ho reso visibili sia l’albero nella sua natura che l’immagine riprodotta dall’uomo. Spesso consideriamo gli alberi come oggetti solidi, ma se considerati nella loro crescita nel tempo, diventano una materia fluida e plasmabile. Inoltre, strutturalmente l’albero cresce a cerchi concentrici, quindi si può ritrovare la forma dell’albero all’interno del nocciolo esistenza: è un essere che memorizza la sua. “Matrice” rallenta la nostra percezione del tempo, mostra il rapporto tra l’uomo e ciò che lo circonda e il cambiamento che una presenza può creare nelle cose che lo circondano e, viceversa, come il cambiamento delle cose che lo circondano influiscono su una persona. Mi piace lavorare con gli alberi perché sono una struttura scultorea perfetta, perché hanno la necessità dell’esistenza.

ATP: L’intera mostra è concepita in dialogo con gli spazi di Palazzo della Civiltà Italiana. Quanto questo luogo l’ha condizionata-stimolata? Ci sono dei nessi evidenti tra questo luogo significativo e le sue opere?

GP: Palazzo della Civiltà Italiana è uno spazio straordinario sotto tanti punti di vista, anche perché rappresenta un momento storico molto preciso. Lo associo anche alla metafisica di De Chirico, quindi lo vedo sotto una luce e un’idea di spazio sospeso, uno spazio che in qualche modo è astratto rispetto alla realtà. Sono passati tantissimi anni ormai da quando è stato costruito, quindi c’è un modo diverso di vederlo e di percepirlo. Tutto questo fa si che, in ogni caso, lo ritenga uno spazio molto interessante. In particolare, sono molto interessato al contrasto tra una certa retorica, un senso di magniloquenza, che è parte dell’architettura di quel particolare momento storico, e dal senso di modestia e di necessità che è quello per che ricerco nell’arte e nella natura.

ATP: Sono state scelte quindici opere, dagli anni ’70 ad oggi. Con quali criterio avete fatto questa selezione? Quale aspetto, della sua carriera, avete voluto mettere in evidenza?

GP: Questa mostra è nata dall’interesse personale di Pietro Beccari, Presidente e Amministratore Delegato di FENDI, per il mio lavoro. C’è stato poi un confronto con Massimiliano Gioni per la messa a punto della mostra. Ho visto prima lo spazio di Palazzo della Civiltà Italiana e ho immaginato cosa potesse funzionare in quello spazio e poi mi sono confrontato con Massimiliano per fare la scelta delle opere che occuperanno quello spazio. Ci saranno poi delle altre opere collocate sempre al primo piano del Palazzo della Civiltà Italiana. La mostra riunisce i lavori degli ultimi 40 anni ma non si tratta di una retrospettiva. Abbiamo scelto opere che dialogavano tra di loro e con lo spazio che le circonda. Il Palazzo ha un’architettura rigorosa, geometrica mentre con queste opere ho voluto mettere in risalto il senso della vita e dello scorrere del tempo, il senso della necessità che secondo me arte e natura devono condividere.
L’esibizione inizia con una serie di lavori di fine anni 60’ inizio 70’ e si conclude con la nuova opera “Matrice” che occupa un’intera navata della mostra. Inoltre, c’è anche una sorta di mostra all’interno della mostra: si tratta di una selezione di 40 disegni, a partire dagli anni 60’ ad oggi, incentrata sui progetti che ho realizzato negli spazi pubblici, dalle foreste alle piazza delle città. Credo che sia una parte molto speciale.

Giuseppe Penone,   MATRICE - Palazzo della Civiltà Italiana,   Roma 2017

Giuseppe Penone, MATRICE – Palazzo della Civiltà Italiana, Roma 2017

Giuseppe Penone - MATRICE,   Palazzo della Civiltà Italiana,   Roma 2017

Giuseppe Penone – MATRICE, Palazzo della Civiltà Italiana, Roma 2017

Giuseppe Penone,   Spine d'acacia - MATRICE,   Palazzo della Civiltà Italiana,   Roma 2017

Giuseppe Penone, Spine d’acacia – MATRICE, Palazzo della Civiltà Italiana, Roma 2017

Giuseppe Penone,   portraits

Giuseppe Penone, portraits

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