
Torbjørn Rødland. Summer Scene, 2014. Collezione Paolo Piardi. Courtesy of the Artist and STANDARD (OSLO), Oslo
Dopo l’AGENDA dedicata alle gallerie, vi proponiamo una lista (selezionata) di mostre, progetti e presentazioni da visitare in musei, fondazioni e spazi ‘altri’ durante la settimana di miart. Abbiamo suddiviso le varie tappe ‘a zone’, così potrete scegliere come e dove andare a seconda dei vostri spostamenti.
Partendo sempre dal centro, nella Galleria Vittorio Emanuele II, all’Osservatorio Prada c’è la mostra di Torbjørn Rødland, un progetto concepito e presentato già alla Serpentine Galleries di Londra, a cura di Hans Ulrich Obrist e Amira Gad, che include una selezione di 40 fotografie e tre video realizzati dal 1999 al 2016. Rødland costruisce scene artefatte e precise, in cui si mescolano controllo e imprevedibilità, esattezza ed errore. Questa dualità si vede anche nei soggetti, spesso riprodotto con la chiarezza propria dell’immagine pubblicitaria, ma con insita uno scompenso poetico e semantico. Numerose sono le nature morte e gli autoritratti.
Di fronte alla Galleria, al Museo del Novecento, si può visitare la mostra dedicata al vincitore del Premio ACACIA 2018: Rä di Martino. Saranno esposti video, foto e una scultura. L’artista lavora “sull’analisi del linguaggio cinematografico e sulla relazione che si instaura tra il cinema, le sue icone e i suoi miti, in relazione alle dinamiche che caratterizzano la memoria collettiva contemporanea. Nei suoi lavori utilizza spesso vecchi set cinematografici che diventano protagonisti di nuove storie, come accade in Copies récentes du paysages ancienne/ Petite histoire des plateaux abandonnès. L’opera è ambientata nel deserto marocchino, dove le rovine di scenografie cinematografiche abbandonate rivivono grazie agli abitanti del luogo che si riappropriano di questi spazi dimenticati. La parte sonora, una rivisitazione di diverse colonne sonore del passato ri-orchestrate, ci accompagna alla scoperta di paesaggi desertici – ripresi attraverso camera fissa – dove si perdono i confini tra realtà e finzione, in un viaggio surreale tra le epoche”.
Sempre al Museo del Novecento, nella Sala Fontana, il 14 aprile ci sarà la performance Concetto Spaziale di Christian Marclay, ultimo appuntamento di Furla Series #01, curata da Bruna Roccasalva e Vincenzo de Bellis. Marclay è un artista, musicista e compositore che per l’occasione presenta una performance in cui suoni di strumenti si fondono a quelli che crea mediante l’utilizzo, la percussione e lo sfregamento di vari oggetti rinvenuti nel suo soggiorno a Milano. Saranno presenti anche la violoncellista Okkyung Lee e il percussionista Luc Müller.
Di fianco, al Museo del Novecento, a Palazzo Reale, si può visitare la mostra Nove viaggi nel tempo. Alcantara e l’arte nell’Appartamento del Principe, a cui partecipano dieci artisti (pittori, stilisti, digital designer, musicisti) che si sono confrontati con l’azienda Alcantara. Invitati dai curatori Davide Quadrio e Massimo Torrigiani, ognuni artista ha creato un’opera site specific, con l’obiettivo di creare una “successione di scenari fantastici” e un “tragitto esperienziale”.
Da non perdere, nella stessa sede, è anche la mostra di Franco Mazzucchelli, che presenta opere inedite realizzate tra la metà degli anni ’60 e l’inizio degli anni ’70,quando realizza i suoi gonfiabili che poi mette in piazze e luoghi aperti al pubblico affinché questo possa avvicinarvisi e servirsene senza istruzioni o modi prestabiliti. Ci saranno anche delle composizioni bidimensionali, derivate dalle azioni coeve, in cui l’artista assembla e rielabora fotografie di documentazione dei suoi interventi con frammenti delle stesse opere sopravvissute.
Non troppo distante da qui, procedendo verso San Babila, la Fondazione Carriero propone una mostra di Sol LeWitt, nata dal confronto tra il curatore Francesco Stocchi e l’architetto Rem Koolhaas. Con questo progetto si intende esplorare la relazione del lavoro dell’artista con l’architettura, riflettendo sul modo in cui opera ed architettura si relazionino l’una all’atra, e su come l’una influenzi e insieme si adatti all’altra, e viceversa. Con l’obiettivo, anche, di mostrare come LeWitt non abbia mai voluto separare nettamente arte e architettura.

Sol LeWitt, Floor Structure (Well), 1963 | Painted wood 133x61x61 cm – Courtesy LeWitt Collection, Chester, CT / Sol LeWitt, Untitled (B3 Model), 1966, Painted wood 35,6×35,6×35,6 cm – Courtesy Collection Paula Cooper, New York / Sol LeWitt, Early Wood Structure, 1962 ca., Painted wood 20,6×18,4×18 cm – Courtesy Estate of Sol LeWitt and Pace Gallery — Installation view Sol LeWitt, Between the Lines, 2017, Fondazione Carriero – Photo: Agostino Osio
Sempre in zona San Babila si può visitare, a partire dal 14 aprile, la mostra Ex Gratia ospitata nello studio del collezionista Giuseppe Iannaccone. Si tratta di una collettiva di dieci giovani artisti albanesi in collaborazione con Art House School, a cura di Adrian Paci e Rischa Paterlini. La scuola è stata fondata a Scutari (Albania) da Adrian Paci, per poter dare la possibilità ai giovani artisti del luogo di confrontarsi, esprimere le loro idee, acquisire un bagagli culturale.
Nel nuovo quartiere delle Tre Torri, quest’anno la Fondazione Nicola Trussardi promuove, sempre insieme a Massimiliano Gioni, l’intervento di Jeremy Deller nel parco delle sculture di City Life. Sarà esposta l’opera Sacrilege, che è la riproposizione del sito archeologico di Stonehenge in forma di gonfiabili per bambini. Una trasformazione critica e umoristica di un caposaldo della storia culturale e archeologica del genere umano, per riflettere sull’abuso degli immaginari culturali a scopo commerciale, sulla facile promozione degli stilemi delle radici della nostra storia per farne attrazioni turistiche fine a se stesse, sulla banalizzazione che si fa intorno all’arte solo per favorire certe politiche nazionaliste o populiste. Centrale è anche il senso di aggregazione, gioco, ritrovo che l’opera crea attorno a sé, elementi centrali del pensiero artistico di Deller.
Cambiando radicalmente zona, troviamo al Pirelli Hangar Bicocca la mostra , artista americano attivo dagli anni ’70, di cui in mostra viene presentato un percorso che include numerosissime opere, che presentano al visitatore la cosmologia dei “cinque mondi”: “un singolare sistema di rappresentazione della realtà composto da immagini, pittogrammi, icone, codici, segni, simboli e colori. Un vocabolario visivo capace di interpolare tradizioni, studi scientifici, credenze e culture di tempi e geografie differenti per interrogarsi sulle questioni esistenziali di sempre e sugli aspetti più ermetici e profondi della vita”. Saranno visibili sculture, grandi installazioni, opere su carta, in vetro, pietra, metallo, manifesti, multipli ed edizioni, neon, fotografie, dipinti eseguiti con la tecnica del frottage, video, performance, lightbox e progetti al computer e di realtà virtuale, insieme ai pittogrammi, in cui reinterpreta, ricompone e rivisita alcuni simboli abusati e protagonisti del nostro tempo.

Matt Mullican Exhibition view, “12 by 2“, Institut d’Art Contemporain, Villeurbanne/Rhône-Alpes, 2010 Courtesy the artist and Mai 36 Galerie, Zurich Photo: Blaise Adilon, Lyon
Spostandoci verso viale Ripamonti, arriviamo alla Fondazione Prada di Largo Isarco, con la mostra curata da Germano Celant Post Zang Tumb Tuuum. Art Life Politics: Italia 1918-1943. Si tratta di un percorso solido e criticamente fondato per proporre uno spaccato della produzione artistica italiana nel periodo tra le due guerre. In mostra sono presenti oltre 600 lavori tra dipinti, sculture, disegni, fotografie, manifesti, arredi, progetti e modelli architettonici, ritrovati e raggruppati dopo un lavoro di studio e ricerca con università, biblioteche, archivi, ecc. Ad accompagnare la mostra sono presenti immagini storiche, pubblicazioni originali, lettere, riviste, rassegne stampa per fare in modo di ritrovare le opere nel loro contesto originario, per capire le ragioni politiche, sociali e di mercato che hanno condizionato l’esposizione delle opere, in quel periodo, in certi contesti rispetto ad altri. Per evitare “l’idealismo espositivo, dove le opere d’arte, nei musei e nelle istituzioni, sono messe in scena in una situazione anonima e monocroma, generalmente su una superficie bianca, per riproporle in relazione a una testimonianza fotografica d’epoca e nel loro spazio storico di comunicazione” (G. Celant).
Spostandoci verso il Cimitero Monumentale, alla Fonderia Artistica Battaglia sarà possibile visitare il progetto di Marguerite Humeau, vincitrice della seconda edizione del Battaglia Foundry Prize, che consiste nell’esposizione dell’opera realizzata in Fonderia. Così ne parla Alexandra Baudelot “La Sfinge a cui Marguerite Humeau si riferisce, enigmatica ed antica figura mitologica, attraversa le epoche, arrivando da un passato distante in cui nacque l’umanità, e si protrae verso un future fittizio in cui l’umanità sarà completamente assorbita dalla macchina. La Sfinge vive in noi, è parte di noi, ed è in continua trasformazione: ci obbliga a confrontarci con l’enigma del limite delle nostre vite, sfida il nostro destino mentre ci controlla e distrugge, preannunciando il potenziale sterminio della razza umana”.
Diavoli, teschi e simboli alchemici in bronzo sono, invece, la traduzione scultorea dei tatuaggi di Gianni Politi, presentati alla mostra a lui dedicata negli spazi della Fonderia Artistica Battaglia (dove li ha ri-prodotti) in collaborazione con la Galleria Lorcan O’Neill di Roma. Insieme a queste opere, saranno esposti anche dei nuovi dipinti astratti su tela. Le sculture suddette diventano poi appendiabiti di camice ricavate da vecchie tele dipinte. Nel CS si legge: “Le due serie di lavori compongono un ritratto intimo e personale delle convinzioni e dei dubbi dell’artista spaziando da un immaginario astratto all’inventario individuale dell’autore. Il titolo, 2017, fa riferimento all’anno appena passato come un momento fondamentale della vita personale ed artistica di Gianni Politi in cui le due dimensioni si fondono”.
Sempre in via Stilicone, la galleria Zero... presenta una mostra personale di Giuseppe Gabellone.
Vicino a Loreto, FuturDome invita l’architetto, artista e critico Gianni Pettena a intervenire nel cortile del palazzo, mediante un’installazione che ne modifica la percezione e l’esperibilità, per portare aiutare a riflettere sul valore dello spazio e della sua riconoscibilità, sul confine labile e imperfetto tra arte e architettura, sull’importanza dello studio architettonico anche da un punto di vista di pensiero artistico, di pratica.
In zona Moscova, invece, la Fondazione Adolfo Pini presenta un nuovo progetto di Jimmie Durham, a cura di Gabi Scardi. Anche in questo caso c’è un pensiero rivolto all’architettura, il cui corpo l’artista cerca di esteriorizzare, rendendone visibili i materiali costitutivi, ciò che è nascosto. “Attraverso il tema dell’architettura, l’artista si confronta una volta di più, con l’idea del costrutto sociale e culturale e con le strutture, con le convenzioni, con le categorie che l’accompagnano”.
In Corso Magenta, la Fondazione Stelline presenta dall’11 al 18 aprile il film NYsferatu Symphony of a Century di Andrea Mastrovito, film muto animato da 35mila disegni fatti a mano per reinventare il capolavoro del ’22 del regista tedesco Friedrich Willhem Murnau (adattamento del “Dracula” di Bram Stoker), ambientandolo tra l’odierna Siria e una New York presa da tensioni sociali e violenze. In mostra anche una serie di nuove opere e una selezione di disegni tratti dal film. Venerdì 13 aprile 2018 alle h. 18.00, la proiezione e il successivo talk con Andrea Mastrovito e Micaela Martegani di More Art, organizzazione non-profit con sede a New York che ha prodotto il film.
Se arriviamo in zona Porta Venezia/Palestro, allora abbiamo diverse cose interessanti. Continuando il filo tracciato nelle mostre già citate del rapporto tra arte e architettura e dell’importanza della seconda nella presentazione e modificazione delle opere, troviamo alla Fondazione Marconi una mostra dedicata ad uno dei maestri in questo settore tematico: Gianfranco Pardi. Si può qui vedere un’antologica a cura di Bruno Corà, che vuole tracciare un percorso approfondito e scientificamente completo della ricerca dell’artista a partire dagli anni Settanta.
Il 13 aprile alla GAM si potrà vedere la performance Vir Temporis Acti di Marcello Maloberti, che prende il titolo di una scultura di Adolfo Wildt che ha ispirato l’artista quando l’ha vista esposta alla GAM stessa. La performance ha avuto luogo anche alla Quadriennale di Roma del 2015 e alla Biennale di Pune in India. L’opera consiste nella presenza di un giovane ragazzo seduto nella sala del Parnaso intento a ritagliare le immagini di alcuni capolavori della statuaria neoclassica presenti nella collezione del Museo. Un gesto che parte dalla storia, la ferma nel presente, la concretizza in un giovane corpo e la fa diventare un terreno mobile fatto di ritagli effimeri di carta.
Di fianco alla GAM, c’è una mostra di Teresa Margolles al PAC, in cui saranno presenti 14 installazioni che esplorano i temi cari all’artista: morte, ingiustizia sociale, odio di genere, marginalità, corruzione. Tutto è frutto del percorso di vita di Margolles, medico che ha lavorato per dieci anni col il collettivo SEMEFO a Città del Messico, capendo e vedendo come la violenza della società contemporanea abbia conseguenze incisive sulla vita delle persone, in termini di paura, di salute, di possibilità. Il 13 aprile alle 19.30 ci sarà una performance tributo a Karla, prostituta transessuale assassinata a Ciudad Juárez (Messico) nel 2016.

Pista de baile de la discoteca “La Madelón” (Pista da ballo della discoteca “La Madelón”),2016Stampa su carta cotoneProstituta transessuale in piedi sul pavimento della pista da ballo del club demolito a Ciudad Juárez, Mexico125x185 cm, con cornice Courtesy dell’artista
Vicino alla metro Sondrio, invece, nel Laboratorio Francesco Russo, ci sarà un nuovo appuntamento di CaseChiuse, che quest’anno ha invitato l’artista Tamara Henderson ad intervenire, con un progetto che si dipana attorno alla figura di Carla Accardi. Henderson è molto legata alla cultura surrealista, e spesso attinge a sogni o a stati alterati e inconsci come sonno e ipnosi per prendere appunti o fare schizzi da cui poi creare delle opere.
Poco distante, nello spazio Gluck50, Riccardo Paratore presenta delle opere che seguono la residenza a cui a partecipato presso lo spazio stesso. Si tratta dell’esposizione in contenitori di plexiglas trasparente di oggetti legati alla biografia di Paratore, raccolti in città che hanno un valore per lui. Il contenitore è l’opere e l’opera è la mostra, mentre il contenuto – che è alla fine il nucleo emotivo dell’esposizione – si appiattisce, perde il suo tempo e si a-spazializza. La vetrina mette in vista e insieme riassorbe ed elimina tutto.
Nello stesso spazio, il 13 aprile dalle 11 ci sarà una conversazione con Uli Sigg, collezionista d’arte cinese e co-curatore della mostra inaugurale del Museum of Visual Arts di Hong Kong, che inaugurerà nel 2019. Il tema della meeting – che si svolgerà all’Auditorium del Museo Nazionale della Scienza e della Tecnologia Leonardo da Vinci, in collaborazione con il museo – sarà la relazione tra arte contemporanea cinese e tradizione- Invece, il 24 aprile dalle 15 prenderà la parola Bharti Kher, un’artista indiana che fa lavori in cui emerge spesso il tema dell’essere un’artista donna nel contesto asiatico. La serie di incontri organizzata in collaborazione col Museo Nazionale della Scienza e della Tecnologia “Leonardo da Vinci” è a cura di Maurizio Bortolotti.
In zona Porta Genova, alla Fondazione Arnaldo Pomodoro, Flavio Arnesi cura la mostra di Donato Piccolo, primo di tre appuntamenti dedicati ad una riflessione sul ruolo della scultura in questo momento storico. Piccolo presenta un nucleo di opere inedite dal titolo Imprévisible, “termine francese prodotto dall’unione di imprevedibile e invisibile”, che prendono la forma di sculture robotiche, oggetti/soggetti in grado di relazionarsi col pubblico, di cui sono capaci di percepire movimenti e reazioni. Tutto si svolge nell’indagine dell’uomo in rapporto alla tecnologia, all’evoluzione, all’automatizzazione.
Non molto distante, in viale Beatrice d’Este 22, nella casa-galleria Isorropia HomeGallery del collezionista Pelligra ci sarà una mostra con la collaborazione di tre gallerie: Clima, FuoriCampo e Mazzoli, che propongono ciascuna due artisti che fanno proprio un linguaggio e un pensiero che si avvicinano in qualche modo, proponendo quella situazione in cui si è diversi a parlare della stessa cosa, o in cui si è uno solo a indagare un aspetto tramite un materiale o una pratica in linea di quella dell’altro. Saranno esposti i lavori di Cosimo Casoni, Cleo Fariselli, Paolo Inverni, Marco Andrea Magni, Roberto Paci Dalò, Serena Vestrucci.
Procedendo verso Giambellino, invece, Il Colorificio presenta il 10 aprile alle 20 una performance di una giovane artista svizzera, Daria Blum, curata da Stimuli. “Operating at the intersection of film and performance, Blum creates and exploits fictional identities, often appropriated from pop music idols and stereotyped icons”. Il progetto è curato da Stimuli.
Da Marselleria, in via Privata Rezia 2, c’è la mostra Felix di Alessandro Di Pietro, l’ultimo capitolo di una quadrilogia. “Alessandro Di Pietro l’ha sviluppata a partire dal 2016 attraverso una serie di mostre che corrispondono al prequel – Tomb Writer (solve et coagula) (Bergamo, 2016) -, alla storia del protagonista – Downgrade Vampire (Milano, 2016) – e al suo “psychological switch” o “ghost” – Towards Orion – stories from the backseat (Parigi, 2017). Il progetto si conclude con Felix, momento in cui compare la figura “dell’antagonista”. Iniziato nel corso della residenza presso l’American Academy in Rome – dove ha fatto parte della mostra The Tesseract – questo ultimo episodio viene portato a compimento con un intervento pensato per gli spazi di Marsèlleria” (da CS). Si ricorda che sempre da Marselleria, sabato 14 aprile dalle 19 alle 24 si terrà una performance sonora di Enrico Boccioletti.
Invece, all’FM Centro per l’Arte Contemporanea, in via Piranesi 10, Marco Scotini cura la mostra The Szechwan Tale. China, Theater and History, che ripercorre la storia delle relazioni tra Oriente e Occidente attraverso i temi del teatro e della storica, attraverso una riflessione / decostruzione intorno alla macchina teatrale (pubblico, sipario, attore, costumi, scenografia, testo, musica) operata da più di trenta artisti internazionali e cinesi. In mostra opere di Cao Fei, Cornelius Cardew, Chen Zhen, Chia-Wei Hsu, Céline Condorelli, Peter Friedl, Yervant Gianikian & Angela Ricci Lucchi, Piero Gilardi, Dan Graham, Joris Ivens, Jia Zhangke, Joan Jonas, William Kentridge, Lin Yilin, Liu Ding, Mao Tongqiang, Mei Lanfang, Rithy Panh, Michelangelo Pistoletto, Lisl Ponger, Qiu Zhijie, Pedro Reyes, Santiago Sierra, Sun Xun, Marko Tadić, Ulla von Brandenburg, Clemens von Wedemeyer & Maya Schweizer, Wei Minglun, Yang Yuanyuan, Zhang Huan, Zhuang Hui.