Che la produzione cartacea di una manifestazione d’arte contemporanea sia direttamente proporzionale alla quantità di opere in mostra è cosa banale quando la documentazione è forse, ironicamente, più importante dell’evento stesso. Ma non è altrettanto scontato che quel materiale ne rifletta la generale qualità insieme a una buona resa formale.
A prescindere dalla vittoria di Palermo sull’impostazione curatoriale, la biennale degli architetti – come tante altre occasioni – crea e colleziona informazioni, a volte più utili dell’evento stesso. E infatti tra i meriti di questa Manifesta c’è l’aver strutturato ottimi risultati e alleanze editoriali. Al coordinamento grafico di Mousse Publishing spetta la cura di tre volumi gestiti da altrettanti editori: Domus si occupa del Guidebook, l’Het Nieuwe Instituut dà vita al Reader mentre Humboldt Books pubblica Palermo Atlas.
Si tratta di tre episodi differenti in formato e qualità, secondo un’articolazione non inedita – ormai abitudine di Documenta, per esempio – che ben si presta ad accompagnare lo spettatore nei multipli livelli di costruzione che un progetto tanto ambizioso, vasto e complesso richiede. Soprattutto quando l’ultima edizione della biennale itinerante coglie l’occasione – riuscita o meno – di abbandonare l’egocentrismo delle arti visive a favore di un confronto con l’identità e la contaminazione del territorio palermitano; o quando il tema è tanto estetico quanto drammaticamente politico; o quando il locale dialoga con il globale volendone diventare una miniatura.
Comunque, considerata l’indubbia chiarezza del Guidebook, spetta al Reader e all’Atlas – più completi e curati nei contenuti – strutturare la conoscenza di quel Giardino Planetario tema della manifestazione. Il progetto si ricostruisce nello spazio-pagina come un’antologia, che è teorico-critica nel primo libro caso e assume le sembianze di un’analisi contestuale nel secondo: un’operazione tanto rispettosa della città quanto votata a una rara trasparenza intellettuale che riconosce l’inevitabile coincidenza tra la ricognizione sul tema e il progetto di mostra che ne deriva.
Allora il Reader offre un percorso nei luoghi teorici che giustificano e influenzano le buone pratiche per una metaforica coltivazione della coscienza, oltreché della conoscenza individuali. L’operazione è semplice e il libro si snoda come un sussidiario tra le declinazioni naturali – nella sezione Gardens –, fisiche – Borders –, e politiche – Network – che ha assunto la manifestazione: dal Jardin Planétaire di Gilles Clément – padrino nel titolo e nei contenuti –, ai Refugee di Agamben e Arendt sino al post-antropocentrismo di Rosi Braidotti o al femminismo di Silvia Federici.
Atlas è invece la complessità di Palermo. Quella estetica, etica, culturale che informa la ventina di sedi di Manifesta e rende interdisciplinare, verace e caotica la visita della città come la lettura del volume. Ma Atlas è soprattutto una ricerca – un’indagine tecnica commissionata da Manifesta, gestita da OMA e curata da Ippolito Pestellini Laparelli con la solita intelligenza – che dal tessuto urbanistico estrapola il senso di una cultura, ne analizza vantaggi e criticità così come restituisce contenuti su cui lavorare e confrontarsi.
Come un piano di fattibilità compone pagine di infografiche economiche, culturali e sociali; le abbina ad approcci critici – Marina Otero Verzier, Giuseppe Barbera – e letterari – Giorgio Vasta, Letizia Battaglia – per corredarli di un apparato visuale in grado di conferire e rivendicare quella necessaria coerenza tra teoria e pratica, forma e contenuto. Così mentre le foto d’autore di Delfino Sisto Legnani e Francesco Bellina sono abbinate ai repertori d’archivio in uno strano e immobile fun-footage, Atlas diventa esso stesso un viaggio nello sviluppo di un’idea progettuale e nei risvolti di una fenomenologia urbana; certamente da aggiungersi agli altri che Humboldt Books compie in Sicilia negli stessi giorni, tra Incompiuti architettonici (Incompiuto la nascita di uno stile, Alterazioni Video, 2018) e strani soggiorni in Hotel (Via Roma 398. Palermo, Luca Trevisani, 2018).
Almeno così Manifesta12 rimane. Speriamo per i risvolti di cui, oste dell’anno culturale europeo, Palermo potrà avvantaggiarsi; certamente per la conoscenza seminata in questi libri, ora luoghi del ritorno o mappature che segnano nuove dimensioni del sapere. D’altronde di questo si tratta: rimanere utili anche, e sopratutto, quando la mostra sarà conclusa.