La scorsa settimana è stata presentata negli Marsèlleria in via privata Rezia – nell’ambito dei Trigger Parties – Live Arts Week VI, appuntamento dedicato alle arti performative che avrà luogo a Bologna dal 26 al 29 aprile 2017. L’evento si terrà in diversi luoghi della città e riattiverà gli spazi dell’Ex GAM di Bologna, che a sua volta ospitò 40 anni fa (nel 1977) una delle prime settimane internazionali dedicate alla performance a livello europeo.
Live Arts Week “presenta un insieme eterogeneo di performance che ruotano intorno alla presenza e all’esperienza percettiva di corpi, movimenti, suoni e visioni, con un programma-palinsesto di opere dal vivo (performance, ambienti, concerti, expanded cinema, con date uniche, produzioni e anteprime) presentate da personalità di spicco della ricerca contemporanea internazionale.
Live Arts Week è ideato e realizzato da Xing, organizzazione culturale basata a Bologna che progetta, organizza e sostiene eventi, produzioni e pubblicazioni contraddistinti da uno sguardo interdisciplinare intorno ai temi della cultura contemporanea, con una particolare attenzione alle tendenze generazionali legate ai nuovi linguaggi” (da cs).
Daniele Gasparinetti di Xing dice che “Quest’anno andiamo ad aprire un file abbandonato una quindicina di anni fa, ovvero la vecchia Galleria di Arte Moderna di Bologna, che era stata usata prima della nascita del Mambo per un buon ventennio. È uno spazio non abbandonato o trasfigurato, ma usato da anni come centro congressi senza però aver aubito trasformazioni radicali. Sarà una scommessa interessante per le sue dimensione, affrontando una sorta di mostro fantasmatico. Ci sono due fantasmi, uno coincide con una coincidenza storica che ci riguarda da vicino: quella era la sede che nel ’77 ospitò una Settimana Internazionale della Performance. Sarà interessante capire com’è tornare lì dopo 40 anni… sebbene non ci siamo ispirati a quello scenario, infatti noi ci occupiamo dell’attuale. Però assorbiamo alcune suggestioni di un certo modo di presentarsi. Lo spazio è grande 7mila mq e noi non costruiremo nulla che non sia proprio necessario per il performer. Un altro fantasma è quello architettonico: è uno dei pochi musei costruiti in Italia nel Novecento con criteri modernisti per l’arte contemporanea, che curiosamente è stato abbandonato per riutilizzare una fabbrica dismessa. È un aspetto sicuramente interessante a livello storico”.
E poi continua: “Il nostro ruolo è di unire mondi disciplinari e generazionali che non si conoscevano. Anche nella grafica e nel design manteniamo questo approccio di mescolamento delle carte. Nel nostro ruolo di triggers è molto importante la non collocabilità, cercando luoghi per cose che non hanno luoghi, non fissandosi su una standardizzazione e istituzionalizzazione di ciò che facciamo: ragionare in termini intuitivi e politici rispetto a dove queste cose possono accadere. Ogni cosa può avere un luogo ottimale che non è esattamente quello che i processi di standardizzazione hanno voluto per determinati fenomeni… il tradimento dei teatri prima, dei musei dopo, delle fabbriche abbandonate anche”.
Silvia Fanti (Xing) ha voluto invece “focalizzarsi su artisti e opere che richiedono uno spazio di approfondimento”. Di seguito quello che ci ha raccontato –
Nico Vascellari & guests | con Prurient / Cristina Kristal Rizzo / Silvia Costa / Dana Michel / and more | Scholomance (II)
Vascellari ha scelto un ambiente ispirato alla ricerca sulla natura, una foresta di metallo, di un materiale umile di origine edile, su cui incastonerà pezzi e sculture nate dalla raccolta di materiale naturale fuso in bronzo. Il progetto avrà due fasi, una prima a marzo al Palais de Tokyo e poi quella a Bologna. Nico invita degli ospiti a portare il loro sapere e contributo in maniera molto diversa. Si tratta in breve di un’azione silenziosa in un ambiente naturale e di una certa durata.
Maria Hassabi | STAGED
Lei è un’artista di origini greche basata a NY, che in Italia ha già lavorato al Mambo qualche anni fa, o alla Biennale di Venezia del 2013, al Padiglione di Lituania e Cipro, dove lungo il corso della mostra praticava una sorta di danza negli spalti della palestra. A Bologna Maria presenterà un lavoro il cui titolo fa chiaro riferimento ala dimensione dello spettacolo, distruggendola, perché il suo lavoro è una forma di danza vicina al tableau vivant, un corpo in trasformazione lentissima nel tempo, che in alcuni casi si muove in solitudine e in altri compone una massa o un quartetto insieme ad altri, massa che si muove molto lentamente, una versione fatta anche per il MoMA, con un approccio quindi anche per visitatori distratti. È per noi una danza estremamente contemporanea, non pretenziosa. Stiamo parlando di scultura e di immagine mediate dalla presenza fisica dei corpi, di nomadicità e di spazialità, di rapporto con le architetture… si toccano le superfici, si scivola sulle scale. C’è anche molto di scultoreo in questa matassa in evoluzione.
Il lavoro ha una durata di un certo tipo e presuppone una disponibilità temporale da parte del performer ma anche una disponibilità all’ascolto di chi vuole seguire questo processo. Mette in causa forme di rapporto classiche come quelle del teatro. È totalmente antispettacolare, lo spettacolo è nel micro, è la vibrazione del muscolo che non tiene più la tensione, è l’occhio che comincia a lacrimare perché la palpebra è aperta più del dovuto,… siamo in una dimensione che obbliga lo spettatore a ricalibrare il focus.
Alexandra Bachzetsis | Massacre: Variations on a Theme
Anche lei è un’artista contemporanea che viene dalla danza ma che lavora nell’ambito visivo. È una performer di origine greca che vive in Svizzera, la cui performance Massacre sarà effettivamente un massacro di intensità in cui lei indaga la questione del corpo all’interno del mercato, della pornografia, dell’industria farmaceutica, corpo in cui la forza erotica viene spesso usata come attrattore di consumo. Ha una posizione prettamente femminista, però indossa questi stereotipi verso cui è anche critica. In questo lavoro, che è un ballet mechanic, ha coinvolto dei pianisti che trattano il pianoforte con un approccio totalmente meccanico, e delle performer/danzatrici che rappresentano diverse forme di violenza.
Queste artiste un po’ come noi hanno cercato di ritagliarsi uno spazio che non appartenesse ad uno specifico campo di appartenenza. Non sono completamente riconosciute nel mondo del teatro, senz’altro sono riuscite con le loro pratiche a intrudere l’ambito istituzionale delle arti visive imponendo un dinamismo a quello che è di solito il modo in cui si presentano gli ambiti di esposizione, dai primi seminari-esperimenti di Tino Sehgal, fino a questo approccio femminile diverso, di espansione spaziale, fisica, ma anche della relazione.
Antonija Livingstone/Claudia Hill | Katapult : Volumes II-III
Lei è più vicina all’approccio intuitivo di Nico Vascellari. Di formazione danzatrice canadese, figlia di geologi che hanno girato il nord-ovest del Canada, abituata a stare in una dimensione di vita dura e abituata allo spostamento. È una fuoriclasse geniale e difficile che si costruisce il suo destino. Ha lavorato per molto tempo con Meg Stuart, coreografa americana basata a Bruxelles che è riuscita ad avere attorno a sé una tribù di performer. Livingstone, insieme ad altri di questo gruppo, a partire dal lavoro Sketches/Notebook del 2014, ha deciso di far evolvere dei progetti satellite, che sono la prosecuzione delle pratiche che i singoli performer avevano messo in moto per questo progetto collettivo. Antonia assieme a Claudia Hill, artista trasversale che si occupa anche di costume, ha inventato per Bologna un’occasione chiamata Katapult, che loro stesso chiamano una “messa in atto”, non uno spettacolo o performance… lavorano dal vivo con una manipolazione scultorea della materia e dei loro corpi. Lei non vede un’asse unico, ma un incrocio tra pessimismo e ottimismo. I due vettori possono dare luogo a un range emotivo ed emozionale variegato. Pur avendo una personalità spiccata ed essendo una ribelle con una sportiva joy de vivre, ha un attaccamento forte all’idea di arcipelago o di “polifonia”, come dice Bachtin: il suo egocentrismo da solo di mangia e si nega, e accetta molto volentieri una dimensione invece di coesistenza delle differenze e questo crea ricchezza nella diversità. Katapult è un gesto delle arti marziali di esercizio e non di combattimento: depotenziare certe pratiche,…
Anastasia Ax/C. Spencer Yeh | Exile
Anastasia Ax è una performer che viene dalla scultura e dal disegno a inchiostro, si occupa anche di suono. Lei si rappresenta come un pennello vivente, perché con le sue azioni lavora sulla distrazione in un’ottica ciclica: dice che nella vita c’è anche questo aspetto, che è naturale. Il lavoro Exile è stato fatto anche in altre occasioni, in questo caso ci sarà un musicista basato a NY, che viene dal video, noto più in ambito noise ma anche con delicatezze di voci con violino…
Tre concetti che servono per commentare i lavori di queste artiste: materia della materia, uomini e oggetti sono la stessa cosa; energy collision, nel caso di Livingstone l’energia è fondamentale, è una terrorista col sorriso; poi c’è la questione magica del desiderio di creare le correnti di vento, la pioggia, il sole…con un approccio diverso da quello di Bachzetsis che lavora sullo stereotipo…qui siamo in una forma id anarchia ribelle.
Gli artisti di questa edizione sono: Mette Edvardsen, Mattin & Miguel Prado, Nicolás Lamas, Lorenzo Senni, Nico Vascellari & guests (Prurient / Cristina Kristal Rizzo / Silvia Costa / Dana Michel / and more), Alexandra Bachzetsis, Ashes Withyman Moore, Olivier Kosta-Thèfaine, Maria Hassabi, Anastasia Ax & C. Spencer Yeh, Dana Michel, Antonija Livingstone & Claudia Hill, Ulrich Krieger, Valerio Tricoli.
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