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Conciso, Jan van der Ploeg sintetizza in poche frasi quella che è la sua ricerca pittorica. In un’intervista con Marie José Sondijker, avvenuta in occasione della mostra “All systems go” alla Galerie West Der Haag, l’artista ribadisce la stretta relazione tra i suoi wall paintings e l’architettura che li ospita. Svela il suo amore per i contrasti “che a volte riguardano la forma, altre il colore, altre il ritmo della pittura…”; confessa come la scelta dei colori che utilizza seguono il suo intuito, la sua sensibilità: “ci sono combinazioni di colori che preferisco, che appaiono più spesso, ma non seguo mai regole precise come, ad esempio, faceva Sol LeWitt, che utilizzava esclusivamente colori primari e secondari.”
La vera rivelazione ha radice nel suo sentirsi come “un pittore impressionista”. Guardando la mostra ospitata da Renata Fabbri Arte Contemporanea – There and while -, tutto ci passa per la mente fuorché il gruppo di refusés dell’ultimo quarto del XIX secolo. Cosa può avere in comune questo artista olandese con la sensibilità dei pittori impressionisti?
Più che alle basi del movimento pittorico, le motivazioni che possono aver spinto van der Ploeg ad avvicinarsi all’impressionismo è da ricercare sul significato della parola ‘impressione’: impressus, dal verbo imprimere, premere contro o sopra; segno lasciato sulla cosa impressa. A ben guardare, i grandi wall paintings che l’artista ha disseminato in spazi pubblici e privati, sembrano ‘imprimere’ nei luogo e nelle sensibilità di chi li guarda e attraversa, un segno vitalistico, una traccia di forte energia. Cromie decise e forme minimali, incidono la nostra visione, in altre parole ci ‘impressionano’.
Facilmente riconoscibile, il suo linguaggio grafico-visivo si è semplificato nel tempo, andando a condensare in pochi e incisivi elementi geometrici la sua grammatica compositiva. Dal 1997 ha introdotto alcuni elementi ricorrenti nella sua pittura tra cui il “grip”, il rettangolo dagli angoli arrotondati che mutua la sua forma dalla sagoma delle prese per le mani delle scatole di cartone.

Jan van der Ploeg – There and while – Installation view, Renata Fabbri Arte Contemporanea, Milano 2017
Nella prima stanza della galleria domina il wall painting pensato per l’architettura dello spazio No. 445. E’ composto da tre elementi, due grips neri e arancio e un rettangolo stondato viola. Quest’opera dialoga con lavori dalle dimensioni molto più piccole realizzate con acrili su tela. Mentre nelle grandi opere ci relazioniamo con forme geometriche che ci inducono a confrontarci con la spazialità degli ambienti, condizionati anche e soprattutto dai riverberi cromatici, nelle opere dalle dimensioni ridotte – siano esse su tela o su carta – ciò che ci coinvolgono sono i giochi optical che si creano tra le forme e il colore, tra le composizioni e gli sfondi.
In occasione delle mostra There and while, Jan van der Ploeg ha realizzato il wall paiting N°444 nella parete principale di Zazà Ramen (Milano) di Brendan Becht; la realizzazione è visibile agli avventori del locale fino a novembre 2017. L’artista è solito realizzare opere in luoghi pubblici. Sempre a Milano ha già realizzato un wall paiting in una parete dell’Università Bocconi. Da sempre promotore dell’arte contemporanea, alcuni anni fa ha fondato lo spazio espositivo PS con sede ad Amsterdam, aperto ad artisti emergenti provenienti da tutto il mondo. PS sostiene le nuove espressioni dell’arte astratta e concettuale, e si presenta come una piattaforma a metà tra una residenza artistica e una galleria commerciale.

Jan van der Ploeg – There and while – Installation view, Renata Fabbri Arte Contemporanea, Milano 2017