

Riabituarsi.
Ad ascoltare, a guardarsi intorno, ad esplorare.
A non seguire percorsi tracciati, orari prestabiliti.
A scoprire, a confondere.
A non aspettarsi nulla.
Al farsi sfuggire qualcosa, a perdersi.
La decima edizione di Live Arts Week è un ritorno alla stagione dei festival, ma anche una nuova modalità di fruizione e programmazione. Lungo i due chilometri di percorso che affiancano il fiume Reno, immersi in un parco pubblico, installazioni, performance e incontri si susseguono in un flusso continuo nel quale lo spettatore è invitato a immergersi con i propri tempi. A dare inizio al programma è l’inaugurazione di UFO garage band dispositivo attivabile solo grazie alla collaborazione e all’interazione, materializzazione di una nuova idea del procedere e del creare attraverso la presenza fisica dei corpi, celebrazione di un momento di incontro e di condivisione.
Il corpo, sempre così presente eppure così allontanato in questi ultimi – quasi – due anni, è punto di partenza e di arrivo. Senza un programma dettagliato, senza una mappa, in un percorso di riscoperta delle percezioni, sono i sensi a guidare lo spettatore. Ci si muove ascoltando il suono proveniente ad intervalli irregolari dell’installazione sonora BETA MED di Invernomuto, un algoritmo in grado di suonare e mixare le tracce in uno stream infinito; si diventa testimoni della nuova produzione filmica Anubi Peng! di Zapruder, set-performance aperta nella quale i riti e le anomalie della società contemporanea sono messi in scena con suoni e azioni apparentemente incomprensibili, in una coreografia cinematografica che sembra guardare all’estetica dei B-movie e al montaggio alla Blob; ci si avventura nei prati incolti incuriositi dall’odore di vaniglia di In the beginning there was nothing, but it was kind of fun watching nothing grow installazione site specific di Andrea Magnani che agisce negli ampi spazi del lungo fiume come una deviazione olfattiva e spaziale dando vita a percorsi alternativi inconcludenti. Cambi di rotta e di vista lungo i quali si incontra Found In Transition a] line – a] threshold – a] frame oggetti o sintomi di oggetti costruiti da Marco Mazzoni, accumuli di un’azione ancora in divenire, tracce di un fare che si materializza tracciando in tempo reale una linea di un chilometro con un traccia linee, con una soglia a frange appesa ad un albero e un riquadro double face da attivare individualmente.



Ed è proprio alla dimensione dell’accadere che Peng X invita a lasciarsi andare. Ad accettare le variazioni come quelle del sistema installativo Casacando (Canedicoda), ideale abitativo e dispositivo per l’ascolto in continuo mutamento all’ombra di un albero, o ad assistere ai cambiamenti delle correnti d’aria registrati dalle maniche a vento di Margherita Morgantin COSINUS (Venti cosmici). Elementi diffusi nello spazio soggetti ad una continua trasformazione eppure stabili punti di riferimento per incontri e conversazioni tra l’artista e ospiti per l’esplorazione del sotto la montagna, la riscoperta del femminile delle cose e della realtà, del ruolo della soggettività nella percezione. Un divenire documentato da Lele Marcojanni in un live streaming di 35 ore costruito come pratica continuativa che si adatta alle circostanze e destinata a perire nella sua forma materiale.
Le giornate di Live Arts Week sono un esercizio di ascolto e di adattabilità. Il corpo diviene un elemento che mantiene la sua struttura solo per un po’, costantemente condizionato dall’ambiente circostante. Lo spazio aperto incerto – palcoscenico osservabile solo da lontano dalla riva opposta – diventa per i performer di Uno stato eternamente nascente di mk occasione di studio dell’intenzionalità dei corpi, sperimentazione di prossimità con l’altro. Sulla stessa sponda Muna Mussie conduce verso l’ignoto, verso un ambiente sconosciuto eppure familiare: traghettati uno alla volta lungo il Reno, gli spettatori sono accompagnati in un viaggio verso una natura selvaggia alterata dalla presenza di un dispositivo tecnologico familiare con il quale interagire. Ed è proprio con la tecnologia che in PARENTESI ciò che è prossimo non coincide il collettivo Standards sollecita, ancora una volta, i sensi: da una parte amplificandoli fino a percepire la stratificazione dei suoni dell’ambiente circostante, dall’altra creando uno sfasamento tra il movimento e l’ascolto utilizzando un microfono binaurale e invitando lo spettatore in un’esplorazione dello spazio attraverso i sensi dell’altro.
Trasformato in luogo da abitare, il lungo Reno di Peng diventa uno spazio nel quale rivedersi e riscoprire da soli o insieme, in un percorso non tracciato nel quale con il passare dei giorni si identificano punti di riferimento: non punti di arresto, ma possibilità di nuovi percorsi e nuove visioni in una continua sperimentazione a contatto e confronto con il contesto circostante.








