Gli anni Sessanta sono stati in America un punto di svolta non solo nella politica ma anche nell’affermazione di un certo tipo di cultura e ordine sociale. Tutto inizia un decennio prima con il sovvertimento culturale portato dalla Beat Generation che plasma un nuovo modo di rapportarsi alla vita sia da un punto di vista spirituale che artistico. Ed è appunto in quest’ultimo campo che abbiamo una vera e propria esplosione di poetiche e nuovi fermenti nei due decenni successivi; diverse forme artistiche collidono creando un background fertile per molti artisti. Così, mentre Kerouac parte per i viaggi nelle terre immortalate da Walker Evans e Dorothea Lange per la FSA, Ginsberg racconta le opprimenti vite dei giovani artisti di Downtown sconvolti dalla povertà, dalle anfetamine ed in continua lotta con sé stessi.
Qualche anno più tardi nelle strade di New York si riversa il Living Theatre di Judith Malina e Julian Beck trasformando l’attività teatrale in vero e proprio happening pubblico caratterizzato da una forte connotazione politica mentre nella neonata Factory di Andy Warhol musica e arte cominciano ad intrecciarsi indelebilmente. Sono proprio questi gli anni in cui l’aria diventa più frizzante e si respira una voglia di libertà ed emancipazione che corrisponde anche ad un cambiamento radicale della condizione delle donne. La bellezza di una donna è proporzionale alla sua capacità di rendersi libera dai complessi, di essere sicura del suo aspetto e di riuscire a ribellarsi contro la dittatura di quello che gli altri potrebbero dire. Ed è proprio in questo clima di rivolta pacifica che si muove un vero e proprio ribelle della fotografia che, privo dei dogmi scolastici, immortala queste donne nuove e libere con la sua inseparabile Leica M4.
Da molti ribattezzato non a caso il “principe delle strade”, Garry Winogrand (1928 – 1984) fu un vero e proprio maestro del movimento della street photography, sempre pronto a disobbedire alle regole della composizione classica per cogliere gli atteggiamenti delle donne nella loro vita quotidiana. Le sue influenze maggiori furono maestri come Robert Frank dal quale ereditò la perdita intenzionale di equilibrio nell’immagine ma anche l’insegnamento della fotografia – documentario di Walker Evans. Venne accostato spesso a Diane Arbus per il suo modo di accettare la diversità senza intervenire nella fotografia dando un giudizio e per il catalogo di freaks che immortalò nel corso della sua lunga carriera ma anche a maestri come Lee Friedlander dal quale ereditò il modo di impostare la fotografia utilizzando cartelli e insegne urbane per incorniciare i soggetti. La città diventa quindi lo scenario prediletto dove Winogrand può misurare la natura umana attraverso geometrie urbane lasciandosi cullare dal ritmo della strada creato dalle persone che la popolano. C’è una poesia in ogni immagine che, per effetto della mancanza di composizione, crea un continuo bilanciamento emotivo tra gioia e tristezza. Il fotografo, che farà del suo lavoro una vera e propria missione immortalando soggetti per oltre quindici anni, esplora il modo in cui le donne esprimono la propria sessualità in una sorta di riflessione sociale sulla contro cultura e sulla manifestazioni a sostegno della libertà sulle donne. Lo sguardo è ironico, sarcastico ma anche pieno di ammirazione per tutta l’energia che trova per le strade. Da Midtown a Central Park tutto è utile per documentare la vita ed il cambiamento utilizzando a volte obiettivi grandangolari per includere lo sfondo che diventa parte integrante della fotografia e intensifica il significato del soggetto ritratto attraverso diagonali nitide che ricordano a volte alcune foto di Atget.
Women (are beautiful) venne inizialmente pubblicato come volume nel 1975 e fino al 9 ottobre 2016 le stampe originali degli scatti che compongono questo lavoro saranno in mostra presso il Museo MAN di Nuoro, a cura di Lola Garrido. Questa è solo una parte delle opere visibili di Winogrand in quanto l’artista non ha mai fatto segreto di quanto preferisse andare per le strade e fotografare piuttosto che stampare le foto. Nella speranza di vede un giorno l’intero archivio di rullini non ancora sviluppati ci godiamo questo manifesto della libertà femminile in tutta la sua mutevole e complicata bellezza.