FULL SCALE / PIERO GOLIA / MUSEO DEL 900 #2

15 Giugno 2013
Full Scale - Piero Golia,   Effetto Venturi,   Museo del 900,   Milano 2013 5

Full Scale – Piero Golia, Effetto Venturi, Museo del 900, Milano 2013 5

Full Scale - Piero Golia,   Effetto Venturi,   Museo del 900,   Milano 2013 5

Full Scale – Piero Golia, Effetto Venturi, Museo del 900, Milano 2013 5

Testi di Jacopo Mazzetti, Emanuele Marcuccio e Alice Ronchi.

Jacopo Mazzetti - Full Scale

Jacopo Mazzetti – Full Scale

Jacopo Mazzetti

Se la storia dell’arte fosse una persona, Piero ti potrebbe tranquillamente raccontare di essersi fatto prestare da lei un sacco di soldi per un progetto assurdo, per poi averne restituiti il doppio sottoforma di opere d’arte regalategli da personaggi come Frank Gehry, Pierre Huyghe e Chris Williams, che l’hanno salvato dalla bancarotta in nome della loro amicizia.

La sua dialettica verace unisce la storia dell’arte ‘in the making’ alle leggende dei rioni di Napoli, in una filosofia paradossale fatta di imprese, aneddoti e mitologie da marciapiede. 

Il paradosso è stato un leitmotiv del nostro incontro al Museo dell’900 perchè Piero ha iniziato il workshop parlando delle gerarchie e della loro importanza, instaurando al contrario un rapporto di amicizia che ci ha permesso di passare una giornata tutti assieme quasi come se fossimo amici che abitano dall’altra parte del mondo e devono recuperare il tempo perduto.

Altra contraddizione riguarda il “being broke”, “broke as hell”: ci ha ripetuto con ansia di non avere più un soldo, ma (oltre a vivere nella stessa strada di Quentin Tarantino a Hollywood) sta per aprire a Los Angeles questo “Chalet” una sorta di museo/club-privè utopistico dove tutto sarà gratis e che Piero vuole inaugurare per un mese e mezzo non-stop come fecero ai tempi per Versailles… Un mausoleo posh per gli AllTomorrow’sParties dove nel fumo dei soffitti riecheggiano le risate di Marylin Monroe che scherza con John Kennedy.

…ma tornando al museo dell’900: i discorsi hanno spaziato dall’onestà intellettuale ai furti di gioielli fondendo l’oro col mercurio;  dal ruolo dell’artista immortale/fragile e shaman/showmen; di come si fa una mostra da Gagosian con un post su facebook; del fatto che le sculture di Giacometti sono fatte per le scrivanie dove la gente vive e lavora più che per i musei; ma forse la lezione più importante si può riassumere nel ‘la strada vede tutto’: il rispetto della sua gente è più potente di qualunque galleria d’arte.

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Alice Ronchi /  La scultura a 360°

360°: l’andamento necessario per pensare, progettare  e realizzare una scultura.

Un giro completo intorno ad ogni sua singola parte, visibile e non.

Può essere interessante pensare alla scultura come a un’unita, un corpo finito dove ogni sua parte ha la medesima importanza in quanto compone quel preciso insieme.

Come un sasso, la porzione a contatto con il terreno non è certo meno importante delle altre e non diversamente rifinita.  Quell’ ‘insieme’` che chiamiamo scultura si compone anche di parti immateriali, come la progettazione del suo posizionamento (che determina la posizione del punto di vista) e del possibile dialogo con altre sculture che vicino a lei andranno riposte.

Pensare a una scultura considerando tutti questi parametri denota un grande rispetto per il lavoro e per i suoi spettatori che avranno il piacere di ruotargli intorno.  Un esempio di questa pratica è il capo sproporzionato e le braccia allungate del David di Michelangelo, parti discordanti che si ricongiungono in un insieme armonico nel momento in cui la si osserva dal preciso punto di vista ribassato.

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Emanuele Marcuccio

Un amico famoso mi ha raccontato che spesso agli artisti vengono acquistati dei voli in economy mentre i loro stessi galleristi preferiscono viaggiare in business. Non gli ho detto di aver visto spesso dei galleristi in fila per il mio stesso volo Easyjet, ma non ha importanza.

Lui mi ha raccontato, inoltre, di aver assistito a questa scena: in un noto supermercato di Los Angeles un giovane ragazzo incontra Paul McCarthy mentre fa la spesa con un cartone di latte in una mano. Inebriato e sorpreso d’incontrarlo il ragazzo gli chiede: “Paul! Cosa ci fai qui, in un supermercato, con il latte in mano?! ”, Paul McCarthy gentilmente risponde: “Noi in casa beviamo il latte.” 

Ho pensato mentre ascoltavo questa storia che probabilmente se fossi passato accanto a Jeff Wall, in un noto supermercato a Milano, non me ne sarei accorto, quindi da lì a poco ho preso in mano il mio telefono e ho controllato com’era fatto Jeff Wall.

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