Ogni hanno il taglio curatoriale mette a fuoco periodi, artisti, tendenze delle ultime decadi. Back to the Future – la sezione di Artissima dedicata a mostre personali dei grandi pionieri dell’arte contemporanea – quest’anno si concentra sul periodo 1975-1985. Da sempre, la sezione ha come obbiettivo quello di riportare al centro della conversazione internazionale artisti che hanno avuto un ruolo fondamentale nella storia dell’arte contemporanea. Una giuria internazionale assegnerà a uno degli stand partecipanti il Premio Sardi – che consiste nella somma di 5.000€. Il comitato curatoriale è formato da Eva Fabbris (curatrice indipendente, Milano), João Fernandes (Museo Reina Sofía, Madrid), Elena Filipovic (Kunsthalle Basel) e Beatrix Ruf (Stedelijk Museum, Amsterdam)
Seguono alcune domande alla coordinatrice e curatrice di Back to The Future, Eva Fabbris.
ATP: Nella presentazione stampa avvenuta lo scorso settembre, hai ribadito l’impegno di Artissima nell’andare in profondità in merito alla ricerca e la valorizzazione di artisti o periodi rimasti in ombra. Mi racconti meglio questo taglio, prettamente critico, che la fiera si è impegnata di portare avanti con la sezione Back to the Future?
Eva Fabbris: Rispetto a quando è stato proposto per la prima volta, nel 2010 da Francesco Manacorda, il concept di “Back to the Future” nel corso degli ultimi anni è diventato un approccio piuttosto classico e ricorrente anche in altre fiere (e in altri ambiti espositivi), pur con modalità diverse. Artissima non si è beata della validità di questa proposta iterandola acriticamente, ma si è impegnata a tenerla viva e aggiornata. Sarah Cosulich, fin dal primo anno della sua direzione di Artissima (2012) ha voluto che i membri del comitato curatoriale non si limitassero a selezionare tra le application ricevute dalle gallerie, ma che completassero il loro apporto alla sezione anche indicando degli artisti da includere. In questo modo Back to the Future può sempre contare su contenuti e spunti elaborati da grandi professionisti e ricercatori. A partire dall’edizione 2013, poi, la direttrice ha deciso di ampliare agli anni Ottanta il periodo di indagine della sezione, in conseguenza della constatazione che anche questo decennio è oramai un bacino di riferimento rispetto all’arte prodotta oggi.
L’edizione 2015 propone un focus molto specifico, cioè il decennio 1975-1985. L’idea è nata in seno alle riunioni del comitato curatoriale per l’edizione precedente, come espressione di un desiderio di circoscrivere il campo d’azione della ricerca che si stava conducendo. Beatrix Ruf e Joao Fernandes hanno avuto questa idea l’anno scorso, insieme a Sarah Cosulich e a me; l’hanno sviluppata quest’anno, tornando nel ruolo di membri del comitato insieme a Elena Filipovic che invece vi prende parte per la prima volta. La scelta di un “focus” rappresenta dunque una volontà di sperimentare con la sezione, portandola verso un’attitudine di approfondimento rispetto all’indagine di più ampio raggio condotta nelle edizioni regolari.
ATP: Nello specifico, la sezione quest’anno si concentra per la prima volta su opere prodotte nel decennio ’75 – ’85. Perché la scelta è caduta su questo decennio?
EF: Ti rispondo riportandoti un’osservazione su questo decennio di Elena Filipovic : “1975-85 is an artistically complex period which, unlike the 1960s and early 1970s, whose legacy has been the focus of much study in recent years, the late 1970s and early 1980s remain a rich moment poised for more thorough examination.”
ATP: Il decennio in questione è decisamente denso. In merito alla scelta dei progetti, ci sono degli aspetti di questo decennio che avete privilegiato?
EF: Direi che abbiamo descritto un decennio in cui la vicenda umana e la sua rappresentazione sono decisamente al centro della produzione artistica. Dopo un lungo periodo di concentrazione sulla dimensione concettuale, sulla materia e sul luogo dell’azione, ci è sembrato che venisse alla ribalta un individuo disilluso dal fallimento delle utopie politiche, ma pronto alle battaglie per i diritti civili, impaziente di far parte di un sistema culturale che agisce su scala globale, capace di critiche dolenti e mordaci alla sua contemporaneità. Questo aspetto è molto centrale nella sezione. Penso ad esempio ai ritratti di Alice Neel, apparentemente senza tempo nel loro apparentarsi alla pittura espressionista, ma in realtà omaggi tanto a esponenti della cultura e della politica, tra poeti, attivisti e sindacalisti, quanto a membri della sua famiglia e abitanti di quartieri poveri della città di New York. In tutti questi quadri emerge il dialogo muto tra pittrice e soggetto, che si riverbera oggi sullo spettatore. Ma anche figure come Julius Koller e Enoki Chu, che da luoghi “altri” rispetto ai centri di produzione artistica, parlano del desiderio di comunicare al di là di qualsiasi tipo di barriera; l’uno a Bratislava e l’altro a Kobe, ovviamente senza potersi conoscere, scelgono di usare per questo tema la figura dell’astronave.
ATP: A quali “fortissimi nuclei tematici” ti riferisci in relazione ai semi che questo decennio getta sull’arte a venire? Quali aspetti rilevanti emergono tanto da essere elaborati e potenziati negli anni successivi?
EF: Ti rispondo con una nota di Joao Fernandes, scritta proprio a questo proposito, in relazione alle ricerche che abbiamo condotto in preparazione della sezione. “The period between 1975 and 1985 prepared some of the biggest cultural and political changes in the so-called Western World since the end of the Second World War. It was also an incubation time for the globalization that marked the following period right up until today. The return of the object, the return of painting, and the return of the body – a body, however, that is fragmented, traumatized, hybridized – are essential features of this decade. The heterodoxy of those years, full of individual redefinitions of possibilities for making art, could be resumed in a simple question: Why not?…”
ATP: Scendendo in dettaglio, tra le proposte delle 28 gallerie presenti a Back to the Future, ci sono delle scoperte veramente rivelanti che portano alla ribalta artisti o parti di ricerche artistiche lasciate per troppo tempo nell’ombra?
EF: C’è un aspetto molto speciale che vorrei sottolineare, e cioè che per il primo anno in assoluto, in Back to the Future ci saranno due stand che ospitano le ricostruzioni di due mostre avvenute nel decennio in esame. La prima, presentata dalla galleria Antonio Battaglia è “Il teatro di Oklahoma: Whisky Quiz”, concepita da Aldo Spoldi con il gruppo “Teatro di Oklahoma” nel 1977 e realizzata originariamente alla galleria Diagramma/Luciano Inga Pin a Milano. La seconda, presentata dalle gallerie Simonetta Ravizza di Lugano e Cà di Frà di Milano, è “Exotic Gate” che Nanda Vigo formula nel 1977 alla Galleria del Falconiere a Falconara Marittima nel 1978 e riprende nel 1983 al Mercato del Sale di Milano. Siamo felicissimi che una modalità di indagine storiografica molto attuale, come quella della ricostruzione di mostre storiche, entri a far parte del circuito espositivo che si crea ad Artissima. A volte il nostro lavoro di ricerca si sintonizza con delle mostre museali volte alla riscoperta di artisti, come nel caso di Vettor Pisani, mostrato in Back to the Future dalla galleria Cardelli&Fontana di Sarzana, dopo che il grande pubblico ha potuto ritrovare il suo lavoro grazie alla retrospettiva organizzata l’anno scorso dal Madre di Napoli; o in quello di Lilie Dujourie, rappresentata dalla galleria Micheline Szwejcer di Bruxelles, il cui lavoro è stato esposto in una autorevole personale allo SMAK di Gent, chiusa a inizio di ottobre di quest’anno. Insomma, in generale la sezione si sta evolvendo, e l’idea di riscoperta in Back to the Future si sta appaiando a quella di approfondimento; la nostra ambizione è che sempre di più la sezione porti tanto a rivelazioni quanto a svelamenti…
Artisti e gallerie Back to the Future 2015
VINCENZO AGNETTI > ZERO…, Milano
JOSEF BAUER > UNTTLD, Vienna
CHU ENOKI > WHITE RAINBOW, London
CLEGG & GUTTMANN > MIRKO MAYER GALLERY / M-PROJECTS, Cologne
RAYMUNDO COLARES > BERGAMIN & GOMIDE, Sao Paulo
PETER DREHER > KOENIG & CLINTON, New York
LILI DUJOURIE > MICHELINE SZWAJCER, Brussels
HUDINILSON JR. > JAQUELINE MARTINS, Sao Paulo
CONCHA JEREZ > AURAL, Alicante
RICHARD KERN > GUIDI&SCHOEN, Genova
PIERRE KLOSSOWSKI > ISABELLA BORTOLOZZI, Berlin + CABINET, London
JÚLIUS KOLLER > GB AGENCY, Paris
MAURIZIO MOCHETTI > FURINI, Arezzo + GIOVANNI BONELLI, Milano
ALICE NEEL > AUREL SCHEIBLER, Berlin
LETICIA PARENTE > JAQUELINE MARTINS, Sao Paulo
MARIA PININSKA-BERES > MONOPOL, Warsaw
VETTOR PISANI > CARDELLI & FONTANA, Sarzana
HASSAN SHARIF > ISABELLE VAN DEN EYNDE, Dubai
MICHAEL SMITH > ELLEN DE BRUIJNE PROJECTS, Amsterdam + DAN GUNN, Berlin
ALDO SPOLDI > ANTONIO BATTAGLIA, Milano
SUPPORTS/SURFACES > BERNARD CEYSSON, Luxembourg, Paris, Genova, Saint-Etienne
AMIKAM TOREN > ANTHONY REYNOLDS, London
NANDA VIGO > CA’ DI FRA’, Milano / ALLEGRA RAVIZZA, Lugano
FRANCO VIMERCATI > RAFFAELLA CORTESE, Milano
ALISON WILDING > KARSTEN SCHUBERT, London
Giuria Premio Sardi per l’Arte Back to the Future 2015
Sabine Breitwieser, Museum der Moderne Salzburg
Christine Macel, Musée National d’Art Moderne, CentrePompidou, Paris
María Inés Rodríguez, CAPC, Bordeaux
Lorenzo Paini, Collezione Enea Righi, Bologna

Clegg & Guttmann, TabaBasco, 1985 Cibachrome mounted Cibachrome on wood, framed 34x43cm Courtesy Mirko Mayer gallery

Aldo Spoldi (Met Levi), Studies of Teatro di Oklahoma: Whisky Quiz 2, 1976 Photographic print 18×18 cm Courtesy Galleria Antonio Battaglia