English interview below
Una domanda diretta – come quella formulata dal curatore Daniel F. Herrmann, Eisler Curator di Whitechapel Gallery, in occasione dell’opening alla Collezione Maramotti lo scorso 3 ottobre – ha aperto la mostra di Corin Sworn “Silent Sticks”: “Dov’è la Commedia dell’Arte nel tuo lavoro?”.
Tema cardine sviluppato durante la residenza in Italia dall’artista di Glasgow è la Commedia dell’Arte: un vasto e inesauribile bacino da cui prendere ispirazione. Dalle risposte dell’artista – sia dal vivo durante la presentazione della mostra, sia in forma scritta come quelle che seguono – si evince come una delle fondamentali forme di fascinazione per la Commedia dell’Arte sia proprio il suo essere un teatro dell’improvvisazione, dell’ “andare a braccio”, della spontaneità. Corin Sworn, infatti, risponde che la sua più grande sfida è stata quella di ricreare la commedia nel presente, per “suggestioni” e arrangiamenti. L’obbiettivo infatti non era darne un’interpretazione, bensì fissarne un istante, un momento significativo. Al di là dell’opera finita – in questo caso la grande installazione presentata alla Whitechapel lo scorso maggio e ora in mostra alla Collezione Maramotti fino al 28 febbraio 2015 – la base da cui partire, sottolineata da Herrmann, per comprendere appieno il lavoro dell’artista è proprio la sua “ricerca”: il continuo lavorio, l’archiviazione, gli appunti, i testi, le riprese video, le impressioni che l’artista dissemina in tutto il percorso di gestazione per giungere all’opera finita, sorta di “punta dell’iceberg” di un più vasto bacino di ragionamenti, riflessioni e scoperte. Ed è questo uno dei motivi per cui il percorso della Sworn è spesso “indisciplinato” e dilatato, tanto da coinvolgere anche altre discipline, dal teatro alla scenografia, dalla letteratura alla storia dell’arte, dall’antropologia alla cultura popolare. Da qui il suo ruolo, dichiarato dalla stessa artista, di narratrice che accompagna, con la sua ricerca e opera, l’osservatore a scoprire molte delle curiosità intrinseche della realtà quotidiana. Una frase iterata spesso dall’artista è stata quella di “aprire una porta”, metafora di un’apertura – sia essa verso l’interno o l’esterno – che consente il disvelamento di nuove prospettive per comprendere e interagire con il reale.
Con sensibilità rara, l’artista giunge nelle più importanti città italiane – Roma, Venezia e Napoli – e ne resta meravigliata, tanto da avere la sensazione che i suoi occhi “affamati” non sarebbero mai stati sazi, tanti sono stati gli stimoli e le scoperte che ha vissuto nel nostro paese. E da questo stato di meraviglia ha iniziato a produrre filmati e video; solo in un secondo momento, dopo una lunga elaborazione, è “giunta agli oggetti” che, nel loro insieme, compongono l’installazione “Silent Sticks”. La ricerca degli oggetti, tra cui fanno parte una ampia serie di costumi di scena prodotti grazie alle maestrie sartoriali messe a disposizione dall’azienda Max Mara, è stata seguita da alcune idee nate sia dall’esito delle sue esperienze nelle città italiane, sia grazie a letture, tra cui il libro “Il Teatro delle Favole Rappresentative” di Flaminio Scala.
Un concetto che più di altri sembra aver attecchito nel suo immaginario, prelevato dal grande caleidoscopio della Commedia dell’Arte, è quello dei “corpi acrobatici”, abili e flessibili nel compiere mosse spettacolari. Da queste forme di energia cinetica l’artista ricava una serie di tappe formali o oggettuali, dei concetti che rimandano a delle idee. Nello spazio espositivo nella Collezione, disseminati lungo un labirinto dal percorso arcano, ci troviamo oggetti vari, bottiglie, corde, finte clave, costumi, chimoni, barbe e cappelli, mantelle, luminarie, tappeti. Attraversa lo spazio il racconto diacronico delle vicende di Martin Guerre, il famoso impostore del XVI secolo. La sua storia, traslata in tempi moderni, racconta di caste, di inganni, di potere e peripezie famigliari. Un racconto storico non lineare che sembra farsi e disfarsi mentre viene enunciato. A rendere più complessa l’installazione, oltre alla storia sull’identità rubata di Guerre, anche due video che mostra dei ‘figuranti’ mentre compiono azioni relative alla Commedia dell’arte. L’artista motiva queste presenze come testimoni dell’essenza della Commedia che, grazie alle mirabolanti performance acrobatiche, riuscivano a comunicare al di là il linguaggio parlato. L’azione mimica oltrepassava il limite delle differenze linguistiche per raccontare storie e vicende.
Narratrice discreta e attenta, Corin Sworn lascia a noi l’arduo compito di legare assieme, magari frugando nelle nostre tradizioni, gli avvenimenti che, a guardar bene, oltrepassano le epoche storiche per diventare degli universali.

Corin Sworn, Silent Sticks, veduta della mostra alla Whitechapel Gallery : exhibition view at Whitechapel Gallery Courtesy Whitechapel Gallery Ph. Stephen White
Segue una breve intervista con l’artista.
ATP: L’anno scorso hai vissuto per un periodo di tempo in alcune delle principali città italiane. Durante la residenza, qual’è stata l’esperienza più illuminante per la realizzazione del tuo progetto?
Corin Sworn: Per me ha significato molto poter lavorare con la Collezione Maramotti e la Whitechapel Gallery ad una nuova commissione. Sì, trascorre quel periodo tra Roma, Napoli e Venezia ha portato a molte nuove scoperte e mi ha suggerito una miriade di idee. Ogni città era immensamente diversa. Non ero mai stata in Italia prima del mio viaggio a Venezia per la Biennale 2012. Mi sembra che più tempo trascorro in Italia, più essa è affascinante. L’Italia è un ottimo posto per chi come me è interessato alla storia e alla stratificazione del tempo.
ATP: Hai concentrato prevalentemente il tuo interesse sulla “Commedia dell’Arte”, sulle ambiguità identitarie e sugli artifici letterari tipici di questo genere teatrale. Hai prestato molta attenzione ai costumi di scena. Puoi dirmi qualcosa su questa esperienza che ti ha messa in contatto con un altro “mondo creativo”?
CS: Sviluppate le idee per il progetto, ho intrapreso direzioni che non avevo previsto, ho iniziato a osservare il ruolo dei costumi e la diffusione dell’abbigliamento. Ho avuto fortuna che il team di stilisti presso Max Mara abbia potuto facilitare questa parte del mio lavoro creando dei costumi basati su alcuni dei miei bozzetti tratti dal libro “Il Teatro delle Favole Rappresentative” di Flaminio Scala.
ATP: “Silent Sticks” è una grande installazione nella quale film, audio, materiale scenico e costumi sono mescolati insieme in una sorta di palcoscenico teatrale. Come introduzione all’opera “Silent Sticks” terrai una conversazione con Daniel F. Herrmann, appositamente per esplorare l’affascinante idea degli “oggetti come impostori”. Potresti accennarmi qualcosa su questo argomento?
CS: Inizialmente, quando ho proposto l’idea, mi interessava osservare come una forma d’arte verbale, ad esempio la Commedia dell’Arte, fosse in grado di oltrepassare efficacemente i confini linguistici, tuttavia queste idee sono cambiate in modo significativo nel tempo. Mentre ero in Italia ho scoperto che c’è un’enorme quantità di materiale sulla Commedia dell’Arte, ciò significa che non c’è ne una definizione semplice, ne varie prospettive concorrenti.
Credo che diversi mezzi portino a diverse esperienze e parlino in modi diversi. Penso di essere interessata a queste voci distinte all’interno della galleria, come esse possono suggerire approcci differenti, e al fatto che possono far partecipare diverse persone al lavoro. Tuttavia, a volte, la decisione di utilizzare un mezzo piuttosto che un altro ha a che fare con aspetti della vita molto pragmatici.
Per quanto riguarda la scelta degli oggetti, penso che sia un po’ un dibattito fra me e l’oggetto. Cerco solitamente qualcosa… ho un’idea e non so bene come comportarmi con essa; quando trovo un certo oggetto che in qualche modo sembra rappresentare questa idea, gli faccio delle domande e cerco di capire com’è collegato a ciò che sto pensando.. Nel fare questo scopro sempre di più circa il suo funzionamento nel mondo e i vari modi in cui viene utilizzato e visto. Da lì, credo che lo metto in discussione con altri oggetti per facilitare, per gli altri, un’interpretazione specifica.

Corin Sworn, Silent Sticks – exhibition view, Collezione Maramotti, Reggio Emilia, Ph. Dario Lasagni
Interview with Corin Sworn
ATP: Last year you lived for a period of time in some of the principal Italian cities. During the residency what was more enlightening experience for the realization of your project?
Corin Sworn: It has meant sa great deal to me to be able to work with Collezione Maramotti and Whitechapel Gallery on a new commission. Yes, Spending that time between Rome Naples and Venice led to many new descoveries an ispired a host of ideas. Each city was enormously different. I had never been to Italy before my trip first to Venice for the 2012 Biennale. I feel like the more the more time I spend in Italy the more fashinating it is . Italy is a great place for someone like me who is interested in history and the layering of time.
ATP: You mainly focused your interest on the “Commedia dell’Arte”, on the identity-related ambiguities and on the literary artifices typical of this theatrical genre. You paid a lot of attention to stage costumes, Is Can you tell something about this experience that has put you in touch with another “creative world”?
Corin Sworn: As my ideas developed for the project, I was taken in directions I hadn’t foreseen and started looking at the role of costumes and the circuulation of clothing.I was fortunate that the fashion design team at Max Mara were able to facilitate this area of my work by creating costumes based on some of my sketches derived from the book Scenarios of Commedia dell’Arte by Flaminio Scala
ATP: Silent Sticks is a big installation in which film, audio, props, costumes are mixed together in a sort of theatrical set.As an introduction to the artwork “Silent Sticks”, you’ll have a conversation with Daniel F. Herrmann expecially to explore the fascinating idea of “objects as impostors”. Could you tell me further about this?
Corin Sworn: When I initially proposed the idea, I was interested in looking at how a verbal art form such as the Comedia dell’Arte was able to successfully cross lingual boundaries, however these ideas have changed significantly over time. While I was in Italy I disocvered that thera re an enormous amount of literature on the Commedia dell’Arte, meaning there isn’t a simple definition and various competing perspectives.
I think different mediums lend different experiences and speak in different ways. I suppose I am interested in thse different voices in the gallery how they might suggest different approaches and that they might bring different people in to the work. On the other hand sometimes the decision to use one medium or another has to do with very pragmatic aspects of life. In terms of choosing objects I find it is a bit of a back and forth discussion between myself and the object. I am usually looking for something… I have an idea and I don’t know quite how to deal with it and yhen I find some object that seems to represent this idea in some way and I ask it questions and try to figure out how it is related to what I am thinking about.. In doing this I discover more about how it operates in the world and the various ways it is used and seen. From there I suppose I put i tinto discussions with other objects to facilitate, for others, a specific readings.

Maschere e personaggi della Commedia dell’Arte, Particolare, chromolitograph, 19th century
© Victoria and Albert Museum, London

Corin Sworn, Silent Sticks – exhibition view, Collezione Maramotti, Reggio Emilia, Ph. Dario Lasagni