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Vieni vieni in città che stai a fare in campagna
se tu vuoi farti una vita devi venire in città.
Giorgio Gaber, Com’è bella la città
Così inizia Com’è bella la città, celebre canzone di Giorgio Gaber del 1969, dal cui ritornello è preso il titolo di questa mostra che il Comune di Como dedica al tema della città. Un progetto triennale, ospitato nella sede di Villa Olmo, che analizza la città – cuore pulsante della vita e forma di agglomerato privilegiata nell’epoca moderna e contemporanea – e la sua rappresentazione nel corso del tempo.
L’ambizioso progetto espositivo, iniziato tre anni fa con La nuova città oltre Sant’Elia, curata da Marco De Michelis, è partito dalle visioni utopiche dell’architetto comasco i cui progetti hanno influenzato l’immaginario urbanistico moderno e gli sviluppi dell’architettura del XX secolo – sottolineando quindi la dimensione del desiderio e della fiducia verso il futuro che caratterizzavano gli inizi secolo scorso – ed è proseguito lo scorso anno con Ritratti di città a cura di Flaminio Gualdoni in cui si analizzava il paesaggio urbano e le sue architetture, focalizzandosi in particolare sui protagonisti del Novecento, per concludersi con quest’ultima mostra, a cura di Giacinto Di Pietrantonio, dove l’attenzione si sposta “dentro” la vita urbana, per raccontare la città che vive, i suoi abitanti e i suoi stili di vita attraverso lo sguardo di cinquanta artisti attivi dai primi del XX secolo secolo ai nostri giorni.
Piena di strade e di negozi e di vetrine piene di luce
con tanta gente che lavora con tanta gente che produce.
Con le reclames sempre più grandi coi magazzini le scale mobili
coi grattacieli sempre più alti e tante macchine sempre di più.Giorgio Gaber, Com’è bella la città
Sembra di sentire la voce di Gaber percorrendo le varie sale dove le opere sono collocate in un percorso tematico, che narra la complessità della vita sociale urbana di oggi, sviluppandosi attorno a dieci nuclei – Trasporti, Tempo Libero, Sport, Strada, Distruzione, Manifestazioni, Commercio e Mercati, Emblemi, Interni – nei quali dipinti, fotografie e video di diversi periodi dialogano tra loro in una dinamica di corrispondenze formali. L’interessante l’associazione tra passato e presente proposta dal curatore ribadisce che l’arte è sempre contemporanea poiché il suo valore è indipendente dal tempo, mentre il coraggioso affiancamento che mette a confronto artisti famosi con altri meno noti o addirittura quasi sconosciuti porta l’attenzione su personalità che la storiografia e la critica hanno messo ai margini, spesso a torto e ha il merito di ricostruire un clima e un percorso di sviluppo del linguaggio che evidenzia una coralità del sentire e una sensibilità diffusa tra le diverse epoche. Un discorso intergenerazionale che porta il passato nell’attualità non come esercizio di memoria ma come vitale premessa dell’oggi. “Abbiamo scelto opere che sono rappresentazione della loro rappresentanza, il ritratto del loro esserci ed essere immagine di città come cittadinanza” afferma Di Pietrantonio, ed è appunto questa appartenenza che viene descritta, questa coralità che fa della città un organismo che nasce cresce e si evolve, ponendosi come modello della vita globale, in cui la dimensione pubblica si mescola con quella privata, e che vede l’alternanza di momenti di impegno e di presenza attiva ad altri di ritorno al personale e stilisticamente di ritorno alla tradizione.
Attraverso questa scelta non scontata il curatore propone una narrazione che va al di là della cronaca per proporre anche una storia della rappresentazione urbana nelle diverse fasi del nostro passato prossimo, nel progressivo superamento di convezioni e convenienze rappresentative: ben oltre il cliché dello skyline o della città che sale e della bella “cartolina” è il racconto di una città che si trasforma insieme alle sue narrazioni. Attraverso il tema della città si evidenzia lo sviluppo del linguaggio artistico dal Futurismo al Novecento e alla Metafisica, dall’Astrattismo al Realismo, dall’Arte povera alla Trasavanguardia fino alle tendenze più recenti.
Le cinquanta opere in mostra entrano in relazione anche con l’architettura di Villa Olmo, superbo esempio di villa settecentesca simbolo di uno stile di vita che viene negato e reso obsoleto proprio dall’incalzante e progressivamente dominante modello di vita urbana che si afferma come riferimento imprescindibile oltre che come attrattore sociale. Corrispondenze legano spesso le opere esposte all’architettura della villa, come nella grande sala dedicata alla vita sociale e politica in cui l’installazione di vasi di ceramica dedicati alle regioni italiane di Ugo La Pietra si pone in diretta relazione con altrettante rappresentazioni regionali nel fregio che orna della parete.
La bella sala dedicata al parco pubblico – “invenzione” della vita moderna inesistente prima dell’agglomerato urbano che espelle la natura inglobandola e addomesticandola al suo interno – è un vero e proprio manifesto della mostra e al contempo un gioco di citazioni di uno dei capolavori della modernità, Une dimanche à la Grand Jatte di Seurat che viene qui omaggiato nelle tele di Massimo Campigli e Marcello Jori e nella foto di Massimo Vitali: un confronto a carte scoperte con il passato e un ponte verso il presente.
Testo di Rossella Moratto
In mostra: Maja Bajevic, Giuseppe Bartolini, Vanessa Beecroft, Pompeo Borra, Anselmo Bucci, Bruno Campagna (Nabil), Massimo Campigli, Arduino Cantafora, Mircea Cantor, Felice Casorati, Maurizio Cattelan, Sandro Chia, Christo, Marco Cingolani, Francesco Clemente, Giorgio De Chirico, Ilaria Del Monte, Eva Frapiccini, Dmitri Gutov, Peter Halley, Candida Hofer, Alfredo Jaar, Emily Jacir, Marcello Jori, Anselm Kiefer, Thorsten Kirchhoff, Ugo La Pietra, Roy Lichtenstein, Armin Linke, Baldassarre Longoni, Salvo (Salvatore Mangione), Titina Maselli, Mario Merz, Daido Moriyama, Helmut Newton, Vinicio Paladini, Michelangelo Pistoletto, Paola Pivi, Mario Radice, Andrea Salvino, Atanasio Soldati, Grazia Toderi, Giulio Turcato, Renzo Vespignani, Massimo Vitali, Giuseppe Viviani, Andy Warhol, Eric White, Alberto Ziveri.
Com’è viva la città ha un ricco programma di visite guidate e incontri per scolaresche e adulti, conversazioni e percorsi di lettura che intrecciano arte, musica e teatro per tutta la durata della mostra.
Dal 18 luglio al 29 novembre 2015
Villa Olmo, Como

Daido Moriyama Daido Hysteric N.8, 1997-2011 Fotografia in bianco e nero su alluminio 39, 9×143, 9 cm Courtesy Castello di Rivoli, Torino

Maurizio Cattelan (1960) Ten part story 1998 10 Fotografie a colori su cartoncino 10×15 cm cad Collezione Consolandi, Milano foto Roberto Marossi