ATPdiary invited some curators to point out three international artworks that summarize – or are meaningful of – three historical periods.
One from the past, even very distant.
One from the present, focusing on the contemporary moment.
One from the future, with a strong perspective, in a nutshell, towards what’s next.
We start with Simone Menegoi
Past —
Torso di Apollo, V-IV sec. AC – © Musée du Louvre
Al mio grande amico Auguste Rodin
Torso arcaico di Apollo
Non conoscemmo il suo capo inaudito,
né le iridi che vi maturavano. Ma il torso
tuttavia arde come un candelabro
dove il suo sguardo, solo indietro volto,
resta e splende. Altrimenti non potrebbe abbagliarti
la curva del suo petto e lungo il rivolgere
lieve dei lombi scorrere un sorriso
fino a quel centro dove l’uomo genera.
E questa pietra sfigurata e tozza
vedresti sotto il diafano architrave delle spalle,
e non scintillerebbe come pelle di belva,
e non eromperebbe da ogni orlo come un astro:
perché là non c’è punto che non veda
te, la tua vita. Tu devi cambiarla.
Parigi, estate 1908
Rainer Maria Rilke
(Traduzione di Giacomo Cacciapaglia, Einaudi 1992)
Present —
Trisha Donnelly, Untitled, 2010 – in corso, video digitale
Il mutismo di Donnelly (l’artista non dà alcuna informazione sul proprio lavoro, né permette agli uffici stampa di musei e gallerie di farlo) offre allo spettatore una chance rara: quella di incontrare un’opera da solo. Senza tutele didattiche, sulla sola base di ciò che percepisce e del senso che riesce a dargli. Untitled sfida la possibilità stessa di dire qualcosa. E’ un flusso silenzioso di immagini astratte, indecifrabili (in molti casi, anche a livello di fattura tecnica), che sembrano voler condensare tutta la complessità della cultura visiva contemporanea.
Future —
Italo Zuffi, Quello che eri, e quello che sei, chiavi non lavorate, portachiavi, 2015
“Due mazzi di chiavi senza impronta non aprono niente di reale, hanno una sola differenza visibile e portachiavi identico. Sembra un lavoro sul cambiamento e sulla crescita e in questa chiave è un autoritratto con uno spettro di impossibilità. […] Il movimento immaginario di un colore è il confine del titolo della mostra e di quello che dell?arte, e di noi, vuole restare imprendibile”. (Margherita Morgantin)