Dopo un’indagine sulla pittura (2014) e sul disegno su carta (2015), ArtVerona — in programma dal 14 al 17 ottobre 2016 — presenta un percorso focalizzato sulla fotografia all’interno del progetto ARTES, sviluppato da Andrea Bruciati. Sono stati selezionati 50 giovani artisti, che si confronteranno con 12 maestri della fotografia per creare una grande installazione corale, dal titolo Xmq of pit, ready for the mosh!, curata da Valentina Lacinio. Il titolo è una sorta di manifesto: “mosh” indica il “pogare” nei concerti, l’andare tutti addosso a tutti; mentre “pit” indica lo spazio antistante il palcoscenico. La mostra sarà un’ibridazione di tecniche e linguaggi a cui la fotografia contemporanea va continuamente incontro, una mescolanza di riflessioni e pratiche, nella consapevolezza, però, che ognuno ha un proprio spazio. Anzi, la stessa disposizione che acquisteranno le opere presenti vorrà evidenziare l’individualità e specificità di ogni lavoro, rivelando insieme i diversi rimandi tra opere ormai entrate nella storia ed altre ancora inedite, tra maestri e artisti meno noti.
«Sono tutti artisti, oltre i 45 anni, che rappresentano dei modelli per le giovani generazioni in quanto sperimentatori e innovatori, di importanza internazionale. Vaccari e Ghirri, per esempio, sono due artisti che negli anni Settanta hanno proposto una diversa pratica di fotografia. L’epoca digitale nella quale viviamo consente di poter attingere ad un campionario infinito di immagini. L’artista di oggi guarda a Tillmans come a Mosconi, ispirandosi a parametri visivi completamente differenti. Abbiamo voluto ricreare questa sfida tra stili e generazioni attraverso una lettura orizzontale» ha spiegato Andrea Bruciati, direttore artistico di ArtVerona.
«La fotografia è chiamata ad interrogarsi sul proprio statuto e invitata a scardinare i suoi confini per alzare lo sguardo al di là della pellicola. Attraverso questo progetto puntiamo a evidenziare le differenti declinazioni e strategie della fotografia come medium: l’invito a candidarsi è stato dunque esteso non solo a fotografi ma ad artisti che si trovano a sperimentare, comprimere ed estendere le potenzialità del mezzo. La sfida è stata accettata di buon grado e la rosa dei selezionati incarna in modo attuale questo ventaglio caleidoscopico di possibilità» ha precisato Valentina Lacinio.
I 12 maestri di riferimento selezionati sono Olivo Barbieri capace di fare della fotografia l’occasione per cogliere scorci cittadini o situazioni ambientali ordinarie, rese però plastiche e modellistiche mediante la tecnica del fuoco selettivo. Celebri le sue “vedute”, del Colosseo, di incroci autostradali, di folle umane, di scorci montani, … Ci sarà poi Gabriele Basilico, il cultore del bianco e nero, degli scorci architettonici, del rigore formale e della luce limpida, che lo hanno portato a ritrarre prevalentemente città. Presente anche la non-fotografa Vanessa Beecroft, con scatti delle sue prime performance. Le sue immagini sono diventate nel tempo significative in quanto indagine che tocca il corpo, l’alimentazione, le fissazioni mentali e le diversità fisiologiche. Portavoce del disagio degli anni ’80 – ’90 è invece Nan Goldin, maestra della fotografia intima, di amici transessuali, di amici gay travestiti, di ragazzi drogati, della violenza sul suo corpo a causa del marito, della decadenza del fisico e della progressione della malattia. È una fotografia quasi da reportage quotidiano e casalingo, che offre immagini sporche, dirette, incisive. Di tutt’altro genere la ricerca fotografica di Luigi Ghirri, cantore della provincia e della sua lentezza; il suo occhio si è concentrato sui paesaggi, spesso italiani, ritratti in inquadrature quasi cinematografiche, con a volte un tocco timidamente metafisico, e molto evocativo. E’ presenta anche Duane Michals, con la sua devozione per l’introspezione interiore e la polifonicità dei punti di vista, con fotografie spesso accostate in sequenze narrative, con talora interventi manuali di tipo pittorico e grafico. Onirico e indefinito, forse un po’ surrealista a volte, i suoi paesaggi sono stanze vuote o strade di città, o ritratti di bei ragazzi e ragazze narcisi di fronte ad uno specchio, da cui ne risulta un riflesso decostruito, anomalo, mostruoso: una pirandelliana scoperta dell’invisibile che c’è in noi. Altro artista conosciuto è Davide Mosconi, di cui sono noti i trittici monotematici, che offrono in tre polaroid diverse le variazioni prospettiche su un unico tema. Il suo è un linguaggio macabro e grottesco, e perché no rocambolesco: seppur i soggetti siano comunissimi — occhi, dita, donne nude (talora morte e spaventose), tende, macchie bianche su sfondo nero —, la luce cambia tutto, rendendo ogni cosa spettrale (a volte con poco: vernice nera per coprire gli occhi di persone ritratte). Presente anche l’artista Luigi Ontani: la sua fotografia è un continuo rispecchiamento della sua arte, di sé stesso e della sua immagine. Le fotografie di Adrian Paci, invece, sono opere d’arte che raccontano la sua poetica, la sua ricerca e, d’altra parte, la sua storia: il tema dello straniero in viaggio verso una nuova speranza, che, come nel suo caso, può essere toccata con mano. L’attenzione si sposta poi su Wolfgang Tillmans, voce sommessa della generazione anni ’90; suoi i ritratti indimenticabili di ‘loser’ in ambienti domestici; cristalline e decadenti le sue nature morte contemporanee o le dimensioni astratte fatte di luce e filamenti. Sono foto che sembrano ricordi di famiglia appesi, specialmente negli allestimenti che investono intere pareti, come nelle camerette di ragazzi adolescenti. Da non dimenticare è la tematica gay spesso ricorrente, sia esplicita (mani nelle mutande, ascelle, mutande), che evocata (aereo militari che alludono al fallo). Si passa poi a Massimo Vitali, con le sue distese di paesaggi urbani o naturali costellati da persone: come nelle fotografie di spiagge in cui i bagnanti diventano tessere di un mosaico compositivo che è poi anche la sua firma. Infine si ricorda Michele Zaza, fotografo che crea immagini con soggetti familiari (genitori, figlia, moglie) o oggetti quotidiani (lampadine, televisione, pane) attraverso un vero e proprio lavoro di regia: la foto nasce solo dopo l’idea, la stesura del progetto e l’allestimento del set. Elemento ricorrente è il volto, a colori, in bianco e nero, blu; o anche il corpo, obliquo, capovolto, …
atpdiary.com documenterà l’evoluzione dell’allestimento e dei relativi contenuti di questa grande installazione durante ArtVerona.

Vanessa Beecroft. Performance 1996 / CAPC, 1996. digitalprint. cm 75 × 77, 5. Courtesy Analix Forever – Art contemporain – Ginevra

Nan Goldin. C in the club, Bangkok, 1992. cibachrome. cm 76 x 101, 6 cm. esemplare 11/25. Courtesy C+N Canepaneri, Genova – Milano

Massimo Vitali. Tropea Boat, 2015. c-print diasec. cm 180 x 233. Coutesy Guidi&Schoen Arte Contemporanea, Genova

Duane Michals. Things are queer, 1971. sequenza di nove fotografie. Stampa ai sali d’argento. cm 10 x 14 ciascuna (senza cornice). edizione 13/25, ciascuna fotografia è numerata 1′-9′ e firmata. Courtesy Osart Gallery, Milano