The Line of Sight – RitaUrso Artopiagallery

il progetto si fa espressione sia di una personale visione dell’autore, ma anche della vista come senso essenziale dell’individuo contemporaneo, organo indagatore della realtà.
9 Gennaio 2021
The Line of Sight – RitaUrso Artopiagallery – Installation view
ZAPRUDER -Cordiale. Ritratto di Dama B

Testo di Davide Pirovano —

The Line of Sight, letteralmente “La linea di vista” è il titolo della mostra in corso da RITAURSO artopiagallery. La definizione che ritroviamo nel titolo, è una terminologia utilizzata anche nelle telecomunicazioni, per definire il percorso ottico che si stabilisce tra un trasmettitore e un ricevitore. Infatti, ciò che è estremamente rilevante all’interno dell’esposizione è la prerogativa dello sguardo, quindi della vista, come percorso che intercorre tra la visione dell’artista, spesso attraverso i soggetti ritratti, e lo spettatore. La vista, tra gli altri, è il senso che ci permette anche in questo periodo di distanziamenti, di mantenere un rapporto con l’Altro, di poterci esprimere. L’occhio è veicolo di emozioni e sensazioni profonde, non solo ora, ma sempre.

La mostra cerca di raccontare lo sguardo attraverso le opere di otto artisti, già esposti in passato negli spazi di Artopiagallery, dall’apertura del 2001 fino ad oggi. Il progetto si auspica di creare una linea continuativa tra gli sguardi degli artisti che, espressi mediante le loro opere, restituiscono una personale osservazione sulla complessità del contemporaneo. Ma non solo, il progetto si fa espressione sia di una personale visione dell’autore, ma anche della vista come senso essenziale dell’individuo contemporaneo, organo indagatore della realtà. Come dentro ad un gioco di riflessi allo specchio, l’osservante-visitatore è al centro di molteplici sguardi, in diretto dialogo con essi ed è invitato a partecipare con il proprio, al fine di stabilire una relazione empatica con l’Altro.

Gauguin (2010) di Thordis Adalsteinsdottir, artista islandese, è un Gauguin imprigionato da una superficie piana, dove lo sguardo del soggetto racconta la malinconia e la difficoltà di una stabilizzazione del sé, dove l’unica speranza risiede negli elementi naturali intorno ad esso. Nell’opera di Adalsteinsdottir, siamo in realtà all’interno di una dimensione onirica, ripresa anche dall’opera di Renata Poljak, Alice Or Where I Am Not Afraid (2002), dove la stessa si rappresenta distesa a terra con gli occhi chiusi, probabilmente dormiente. Lo sguardo di Poljak è quindi uno sguardo cieco e introspettivo, disorientato e incerto, riflessione sulla società croata e il comunismo, come presa di coscienza o consapevolezza e necessità di superamento.

The Line of Sight – RitaUrso Artopiagallery – Installation view

Nell’opera di Jelena Tomašveić, Line Interest, del 2008, lo sguardo con cui ci confrontiamo è quello di una donna, che da dietro una superficie trasparente, cerca di esprimere la difficoltà di realizzazione personale e crescita all’interno di un mondo stereotipato, difficile e complesso, dove la libertà è quindi ostruita e compromessa. Nell’opera di Moira Ricci invece, lo sguardo è l’elaborazione e il risultato di una sovrapposizione di tempi differenti, di immagini che nascono dalla fusione di figure temporalmente lontane, soggetti che non avrebbero mai potuto condividere lo spazio dell’immagine in questi termini. L’artista si appropria di fotografie della madre da piccola, nella quali va ad introdurre sé stessa, come nel caso dell’opera in mostra 20.12.53-10.06.04 (gemellini) (2005/2006). Nella rappresentazione, Ricci osserva la madre da piccola. Questa sovrapposizione di tempi e spazi, permette di creare connessioni visive, che effettivamente non sono mai esistite, elaborazione della perdita subita e tentativo di recupero del tempo perduto.

Vi sono poi i ritratti, Icons (2001) di Adrian Paci, tra le prime opere ad essere esposte dalla Galleria nell’anno di apertura. Qui lo sguardo dei soggetti, non incontra direttamente quello dell’astante, bensì si rivolgono verso la fotocamera che li sta immortalando. Nella rappresentazione della coppia come ritratto di una famiglia felice, Paci veicola la rappresentazione della fusione di visioni soggettive degli individui, verso la costruzione di uno sguardo univoco, per un’identità di coppia. Soggetti che di per sé hanno già perso l’identità connessa alla tradizione, sfociando in un’identità più prettamente occidentalizzata.
In Va, pensiero… (2013) di Emanuele Becheri, lo sguardo volto direttamente a chi osserva, è interconnesso all’attimo di creazione. L’artista in questo caso si autoritrae in maniera ironica e irriverente, ridendo di sé stesso e facendo sorridere chi lo osserva, trattandosi come fantoccio che può assumere innumerevoli forme.
Umano. Vestizioni al suk di Torino, 4/10/20 (2020), opera di Giada Giulia Pucci, dove la stessa si fa testimone attraverso le immagini, di un momento passato. L’opera è intrinsecamente legata all’attimo vissuto dall’artista, la quale indossa indumenti e oggetti raccolti per strada dopo il suk di Torino, mercato del libero scambio del capoluogo piemontese. Pucci è portatrice di sguardi differenti, accatastando in un’unica visione futura quelle di molteplici e differenti culture.
Infine, di particolare spicco, il dittico dei ZAPRUDER Filmmakersgroup: Cordiale. Studio sulla visione binoculare. Ritratto di dama B e G (2017). Si tratta del ritratto di due sorelle, dove l’attenzione è posta sulla visione distorta di uno sguardo strabico, come strumento di possibile ampliamento e frammentazione della visione, ma che nello stesso luogo, pone delle problematiche a una visione univoca e focalizzata.

Fino al 12 febbraio 2021

Giada Giulia Pucci – Umano. Vestizioni al suk di Torino
Zapruder – Cordiale. Studio sulla visione binoculare. Ritratto di dama B e G
Jelena Tomašević – Life Interest
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