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The Electric Coma — V-A-C Foundation, Venezia

[nemus_slider id=”71030″] — Per la seconda mostra inaugurata all’interno della nuova sede veneziana del Palazzo delle Zattere, V-A-C Foundation presenta una collettiva internazionale sviluppata in dialogo con KADIST, organizzazione senza scopo di lucro con una mission molto affine alla propria....

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Per la seconda mostra inaugurata all’interno della nuova sede veneziana del Palazzo delle Zattere, V-A-C Foundation presenta una collettiva internazionale sviluppata in dialogo con KADIST, organizzazione senza scopo di lucro con una mission molto affine alla propria. La mostra, visibile fino al 31 marzo 2018, è curata da Katerina Chuchalina per la Fondazione V-A-C, e da Pete Belkin per KADIST.
Il titolo, The Electric Comma, chiaro riferimento al lavoro di Shannon Ebner, riflette in un’epoca di intelligenza artificiale e algoritmi sui cambiamenti del linguaggio. Comma, infatti, è quel segno di interpunzione capace di creare una fluidità e una struttura nel corpo di un testo. Testo che nel video di Shannon Ebner Dear Reader (2011), in apertura nella prima sala, lampeggiando come un semaforo illumina frettolosamente i versi di una poesia dal ritmo frenetico. L’utilizzo del linguaggio di natura poetica esplode poi nei tre lavori di Alighiero Boetti.  Nella complessa visione dell’artista l’ordine e il disordine dei sistemi di comunicazione si separa in due, in particolare nel 1973 con Alighiero e Boetti, e si intuisce nel titolo dell’opera Due mani e una matita (Se resto sul lido) (1976) dove la discussione interdisciplinare del lavoro, caratterizzato da una lista di termini, autoritratti, duplici visioni e una poesia, si allaccia ai processi cognitivi e alla neuroanatomia.

Shannon Ebner, A.L.N.G.U.E.*.F.X.P.S.R, 2011 (from the Electric Comma Series, 2011-2013), 2011. Installation, 28 chromogenic prints. Courtesy V-A-C Foundation.
Shannon Ebner, A.L.N.G.U.E.*.F.X.P.S.R, 2011 (from the Electric Comma Series, 2011-2013), 2011. Installation, 28 chromogenic prints. Courtesy V-A-C Foundation.

In The Individual is a Mirage (2010) Erick Beltrán, artista messicano, trasforma un diagramma in una lunga e vasta mappa della conoscenza che copre un’intera parete. La progressione nella lunga linea conduce dall’individuale al collettivo invitando l’osservatore a perdersi in una cartografia, un po’ strutturalista, di parole connesse al comportamento umano. Nelle sale successive la riflessione sembra ruotare attorno al tema della delegazione dei compiti alla macchina. In un fare quasi obsoleto e analogico l’artista indiana Dayanita Singh ci mostra in File Room (2011) un mondo e una memoria congelati in archivi di carta.
L’archivio degli archivi, serie fotografica di atti ufficiali conservati all’interno di folders presenti in uffici comunali indiani, si interroga sulla digitalizzazione in atto a cui è costretta l’umanità e della quale non si conoscono ancora i risvolti. Segue poi l’installazione audio di Anthony Discenza A Viewing (The Effect) del 2012 dove l’immaginazione viene lasciata libera di seguire i risultati del motore di ricerca Google per la chiave “l’effetto è”. Nella stanza completamente bianca l’esercizio mentale offerto al pubblico produce un un ulteriore archivio che pare funzionare solo con la pratica dell’online.
Proseguendo la coreografia creata dai tre lavori di Piero Golia ricorda le macchine inutili di Munari. Allo scoccare di ogni ora un piattello viene scagliato da un macchinario verso il muro. Il segno lasciato si aggiunge alla cancellazione immediata della spazzolata di scopa e alla goccia che ogni minuto cade sul pavimento nel tentativo di formare una pozza d’acqua. Questi dispositivi per la misurazione del tempo scostano nuovamente da una linearità e introducono una sorta di rituale in cui il nostro fluire quotidiano è compreso. La relazione con il tecnologico ci conduce ad immaginare questo organismo fatto di banche dati e algoritmi come un essere vivente in espansione. I tentacoli della rete si estendono su tutto il globo incoraggiando, purtroppo, una difficile distinzione tra intelligenza artificiale e umana sempre più aderente alla prima.

Andrey Shental, Descent Into the Fungal, 2016-2017.  Two-channel video installation, mushrooms. Courtesy the artist
Andrey Shental, Descent Into the Fungal, 2016-2017. Two-channel video installation, mushrooms. Courtesy the artist

L’omologia però può funzionare anche al contrario, come è visibile nel video a due canali di Andrey Shental. In Descent into the Fungal (2016-2017) l’artista russo mette in scena in un video l’esternalizzazione della voce di funghi che proclamano il loro manifesto e nell’altro l’esposizione di alcune recenti scoperte in campo di micologia. La proposta dell’artista risulta quella di prendere a modello questa specie e le sue pratiche politiche e, insieme ad esse, di individuarne le connessioni con Internet.
La comunicazione tra piante e tecnologie viene messa in luce nel cortometraggio di Pedro Neves Marques nel quale una coreografia sembra muovere i due a passo di danza. In The Pudic Relationship between Machine and Plant (2016), infatti, un braccio robotico sfiora le foglie della mimosa pudica, pianta conosciuta per la sua timidezza e il suo chiudersi istintivamente in relazione ad un semplice sfiorarla.
Questi percorsi di scambio sembrano annullarsi nei due episodi appartenenti alla serie The Unmanned realizzata dal duo francese Fabien Giraud e Raphaël Siboni. La storia del calcolo e dello sviluppo tecnologico che ha reso il mondo a partire dal 2045 privo di esseri umani viene esibita a ritroso mostrando una pestilenza del 1348 e la partita a scacchi avvenuta nel 1997 tra il computer della IBM Deep Blue e Garry Kasparov.

In conclusione The Elettric Comma, mettendo in luce le diverse sfaccettature e possibilità della relazione tra umano e macchina, lascia aperto un punto interrogativo sul dove questa intelligenza artificiale potrà arrivare. La non risposta e la difficoltà di definizione si riflette non per caso nelle parentesi al neon prive di contenuto di Jonathan Monk.

Fabien Giraud & Raphaël Siboni, The Unmanned – 1997. The Brute Force, season 1, episode 3, 2017. HD video, 26’. Courtesy the artists.
Fabien Giraud & Raphaël Siboni, The Unmanned – 1997. The Brute Force, season 1, episode 3, 2017. HD video, 26’. Courtesy the artists.
Daria Martin, Soft Materials, 2004. 16 mm film, looped. Courtesy KADIST Collection
Daria Martin, Soft Materials, 2004. 16 mm film, looped. Courtesy KADIST Collection
Valentin Fetisov, Diane, 2017.  Interactive installation, web service. Courtesy the artist.
Valentin Fetisov, Diane, 2017. Interactive installation, web service. Courtesy the artist.