Henning Strassburger | Superet Exit Systems, Studiolo

...il codice espressivo di Strassburger è quasi ossessivo, tela dopo tela, iterandosi in modo che si approssima all’insistenza.
27 Ottobre 2016

English text below

Labirintica e caotica, imprevedibile e incontrollabile. C’è un’indubbia energica forza nella ricerca pittorica di Henning Strassburger. Nella sua mostra da Studiolo, a cura di Maria Chiara Valacchi, dal titolo Superet Exit Systems – visitabili fino al 12 novembre 2016 – una serie di grandi tele-tende bianche suddividono lo spazio ostruendo la visione d’insieme; chiudono una possibile prospettiva complessiva delle cinque opere appese alle pareti. Questa limitazione ci costringe ad una osservazione ravvicinata dei tratti pittorici, delle striature indistinte, delle macchie e sovrapposizioni che, in un apparente casualità, compongono la fitta trama dei quadri. Scopriamo, dal breve testo introduttivo in mostra, che a dare sostanza (ed energia) alle sue azioni c’è una volontà contestataria e critica: l’artista, infatti, con le sue opere è come se volesse tracciare, o meglio, descrivere il magma visivo che quotidianamente ci assilla e accompagna. Macchie, chiazze e scure venature; striature e righe sghembe: il codice espressivo di Strassburger è quasi ossessivo, tela dopo tela, iterandosi in modo che si approssima all’insistenza. E’ come se l’artista volesse dare eco, fissandolo nel nostro immaginario, il costante bombardamento di informazioni siano esse veicolate da immagini, testi o suoni. Mischiati, i dati mediatici diventano nelle sue tele degli indistinti mondi chiusi o, come ben descritto dalla curatrice, opere “caratterizzate dalla sovrapposizione compulsiva di forme e geometrie stridenti”, tanto da formare “una quinta teatrale abitata da una sottesa ansia sociale, politica e morale.”
Nelle grandi tele si impongono delle masse di pigmento, intramezzate da striature di colore più scuro, solchi o rilievi che danno profondità ai colori terrosi di fondo; in altre tele, a fare da contesto emergono delle leggere griglie regolari, come fossero dei foglie di carta quadrettata dove un bimbo ha tracciato segni incontrollati che descrivono un mondo infantile informe.
Elementi figurativi compaiono nei piccoli fogli di carta spessa appesi con delle piccole calamite nelle tele che suddividono lo spazio: in questi piccoli brani compare un mondo splatter e irriverente: un bulbo estratto dalle orbite, arti tagliati, gabbie dove emerge la parola “starring”, segni inconfondibile come il $, scritte come JesusSatan, illustrazioni di fumetti sgangherati (CRASH). Questi frammenti ‘reali’ vengono centrifugati dall’immaginario dell’artista che ne trasforma il senso e la forma.
A rendere il ‘percorso’ espositivo ancor più articolato – ma potremmo ben descriverlo come caotico – delle lingue di schiuma poliuretana ricoperte di colore argentato. L’effetto di queste presenze induce a pensare ad una sorta di materiale magmatico colato dalle tele, lingue di pigmento scivolato sul pavimento: tracce o sedimenti di un’energia detonante che racconta il trambusto – e l’irrazionalità – dei tempi contemporanei.

Henning Strassburger,   Superet Exit Systems,   Installation View,   2016,   Courtesy Studiolo,   Milan and Sies + Ho?ke,   Du?sseldorf - photo Filippo Armellin

Henning Strassburger, Superet Exit Systems, Installation View, 2016, Courtesy Studiolo, Milan and Sies + Ho?ke, Du?sseldorf – photo Filippo Armellin



Henning Strassburger | Superet Exit Systems

Until 12/11/2016

Studiolo presents Henning Strassburger’s first solo show titled ‘Superet Exit Systems’, curated by Maria Chiara Valacchi.
In this exhibition, six large and never-before-seen abstractions, characterised by the compulsive superimposition of jarring forms and geometries, are arranged in space to create a theatrical stage inhabited by an underlying social, political, and moral anxiety. These works, roughly concealed behind curtains which fulfil the double role of display and theoretical screen, reveal on their surface elements beyond the pictorial, like dollar bills and bubbles of foam, which seem to germinate from the canvasses as if to invade, in small agglomerates, the entire space.
Strassburger discerns a communal and anxiety-inducing mood, originated from the blurred onslaught of media information which solicits us all daily; a state of anguish or Angst — the German word for fear — that contemplates the dread of a society, the Western one specifically, subjected to collective systems and economies which have blatantly imploded and are imposed by countries considered bastions of strength and development.
Any seeming optimism loses its force behind the face of a candid and delicate cloth, allegory of a dissimulative and superficial attitude that masks depression and a condition poised between survival and collapse; in addition to the pieces’ strongly informal impact, a sense of precariousness is thus transferred onto them — in the violence of the execution the works leave room for a concealed sense of superficial directness.
The title ‘Superet Exit Systems’, which comes from the name of a singular American religious tenet, ‘The Superet Light Doctrine Church’, born in Los Angeles from the devotion of a woman struck with divine light, is the perfect description. The mirage of a flash in the darkness is nothing but a filter, a luminous emancipation which confuses and ‘conceals […] due to an excess of light’ (Dante, Paradiso, V, 133-134) the raw truth, but which nevertheless sends us towards the only possible system of escape.

Henning Strassburger,   Psycho Truth,   2016,   oil and foam on canvas,   200x170 cm,   Courtesy Studiolo,   Milan and Sies + Ho?ke,   Du?sseldorf - photo Filippo Armellin

Henning Strassburger, Psycho Truth, 2016, oil and foam on canvas, 200×170 cm, Courtesy Studiolo, Milan and Sies + Ho?ke, Du?sseldorf – photo Filippo Armellin

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