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Il paradiso labirintico di Simon Fujiwara

[nemus_slider id=”66912″] — Senza i noti connotati di questa galleria, potremmo immaginare di essere sul set di un thriller: nel seminterrato di qualcuno ossessionato dalla Cancelliera tedesca Angela Merkel. Attraversare lo spazio espositivo reso irriconoscibile da stretti corridoi e luci...

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Senza i noti connotati di questa galleria, potremmo immaginare di essere sul set di un thriller: nel seminterrato di qualcuno ossessionato dalla Cancelliera tedesca Angela Merkel. Attraversare lo spazio espositivo reso irriconoscibile da stretti corridoi e luci a intermittenza, ricorda anche i passaggi silenziosi nei disimpegni degli aeroporti e delle stazioni: spazi che servono per collegare gates, anonimi e impersonali come tanta letteratura sui non-luoghi ci ha insegnato a decifrare.
Come incipit dell’intero progetto di Simon Fujiwara ‘Die Lorelei’, una nota poesia del poeta tedesco di origini ebraiche Heinrich Heine, nonché importante filosofo militante della Sinistra hegeliana. La poesia, uno dei più noti componimenti di Heine, è stata musicata da molti compositori ed è diventata, nei decenni, una delle più conosciute canzoni tedesche.
La scritta “Heaven” (Paradiso) che si staglia all’entrata del percorso espositivo, distorce l’intera esperienza: non è chiaro se ci sia un intento ironico o sarcastico nel presentarci come un’ossessione un paradossale regno estatico… Ma andiamo per gradi.

I primi passi li muoviamo tra quelli che scopriremo essere la riproduzione in scala 1/1000 del volto di Angela Merkel. L’artista ha incontrato la truccatrice della cancelliera, scoprendo quelli che sono i prodotti cosmetici che la Merkel è solita utilizzare. Fard, fondotinta e altri make up personalizzati sono stati utilizzati da Fujiwara per realizzare un ritratto della premier tedesca, ingrandito in seguito di 1000 volte. Come risultato ha ottenuto grandi tele color beige, avana, marrone chiaro. Attraversando i vari corridoi labirintici, ci imbattiamo in questi enormi pezzi di epidermide simulata, un ritratto espanso e inquietante di una delle personalità più incisive, controverse e potenti di oggi. Un leader fatto a pezzi, analizzato in modo maniacale, fino a tramutarlo in cieli marziani, ma anche intonaci ingialliti dal tempo.
Ogni tela è presentata con una targhetta metallica che riporta la dicitura Mask (Merkel F8.2), 2016 – Make-up on canvas – … e le misure in cm.

Simon Fujiwara, 30.05. – 30.09.2017 - Installation view - Giò Marconi, Milan photo Filippo Armellin - Courtesy the artist, Giò Marconi, Milan
Simon Fujiwara, 30.05. – 30.09.2017 – Installation view – Giò Marconi, Milan photo Filippo Armellin – Courtesy the artist, Giò Marconi, Milan

Passo dopo passo nel labirinto ci imbattiamo, oltre che nelle grandi tele-epidermide, in luci a sensore che si accendono al nostro passaggio. L’effetto è spiazzante perché dà la sensazione di una telecamera accesa in un angolo, che ci scruta: all’attivazione della luce, attiviamo anche il nostro senso di allerta. E’ come se l’artista ci additasse a ogni passaggio e ci rendesse responsabili della nostra stessa presenza nello spazio.
Tra i vari ambienti, si diffonde una canzoncina per ragazzi che scopriamo essere il sonoro di un video che presenta l’artista all’età di dieci anni in un musical scolastico ispirato a “The Sound of Music”. Nel video, Fujiwara recita il ruolo di Captain von Trapp, il capostipite di una famiglia austriaca sotto la minaccia dell’invasione nazista. Ironico che un artista di origini giapponesi interpreti in Inghilterra una ballata nazionalista… tra i costumi compare anche una svastica tra volti infantili e sorridenti..
Punteggiano il percorso una serie di oggetti, raccolti dall’artista per riflettere sull’annacquamento dei significati. L’artista chiama questa serie di readymade ‘Innocent Materials’. Una parrucca bionda allestita come una tenda divisoria, una camicia da notte dentro un copri-abito in plastica, un leggio trasparente, una copia del diario di Anne Frank, venduta come merchandising con pagine bianche da completare… Ogni oggetto sembra rivelare una doppia natura (perversa). Su tutti, il Diario di Anna Frank che lascia senza parole per la leggerezza con cui si possa scegliere di rendere una vicenda così dolorosa in oggetto da commercializzare.

Sono molte le riflessioni che una tale meccanismo-mostra solleva. “Per Fujiwara questi oggetti incarnano i valori contraddittori del capitalismo democratico, posseduti dalla sua stessa immagine di libertà e partecipazione ma essenzialmente controllati e chiusi, sensuali ed emotivamente evocativi e al tempo stesso mercificabili.”
Come chiosa l’effige di un volto con barba, baffi e folte sopracciglia.

Galleria Giò Marconi
Fino al 30 settembre 2017

Simon Fujiwara, 30.05. – 30.09.2017 - Installation view - Giò Marconi, Milan photo Filippo Armellin - Courtesy the artist, Giò Marconi, Milan
Simon Fujiwara, 30.05. – 30.09.2017 – Installation view – Giò Marconi, Milan photo Filippo Armellin – Courtesy the artist, Giò Marconi, Milan
Simon Fujiwara, 30.05. – 30.09.2017 - Installation view - Giò Marconi, Milan photo Filippo Armellin - Courtesy the artist, Giò Marconi, Milan
Simon Fujiwara, 30.05. – 30.09.2017 – Installation view – Giò Marconi, Milan photo Filippo Armellin – Courtesy the artist, Giò Marconi, Milan
Simon Fujiwara, 30.05. – 30.09.2017 - Installation view - Giò Marconi, Milan photo Filippo Armellin - Courtesy the artist, Giò Marconi, Milan
Simon Fujiwara, 30.05. – 30.09.2017 – Installation view – Giò Marconi, Milan photo Filippo Armellin – Courtesy the artist, Giò Marconi, Milan