Short Interview with Italo Zuffi

19 Ottobre 2012

Flavio staccato, 2012 – Performance (un testo di Italo Zuffi recitato da un attore, Filippo Pagotto, e oggetti di scena)

Flavio staccato, 2012 – Performance (un testo di Italo Zuffi recitato da un attore, Filippo Pagotto, e oggetti di scena)

Flavio staccato, 2012 – Performance (un testo di Italo Zuffi recitato da un attore, Filippo Pagotto, e oggetti di scena)

Breve intervista con Italo Zuffi 

Italo Zuffi / La penultima assenza del corpo / Fondazione Pietro Rossini, Briosco 

Domenica 14 ottobre la Fondazione Pietro Rossini (Briosco) ha ospitato il progetto ‘La penultima assenza del corpo’ di Italo Zuffi. Consisteva in due performance  ambientate in un padiglione – di cui sono stati utilizzati due piani – uniti tra loro da una scala che si trova al centro dello spazio. Attraversando lo spazio, il pubblico ha incontrato degli oggetti di scena e lo svolgersi di due narrazioni raccontate da due attori. Un attore per piano e per stanza, ognuno con una narrazione.

ATP: Partiamo dalla parola ‘penultima’, che troviamo nel titolo. ‘La penultima assenza del corpo’: è come se anticipasse che ci sarà un’ultima assenza, induce all’attesa di un’altra sparizione. Mi spieghi il titolo enigmatico del tuo progetto performativo?

Italo Zuffi: Inizio dicendo che quel titolo era stato pensato solo in funzione del temporaneo accostamento delle due performance, che tra loro rimanevano comunque autonome. Ha a che fare con la promessa (a sé stessi, o anche a altri) che una certa condizione non si ripeterà più. Siamo quindi in un momento in cui l’errore si è appena ripetuto, ancora una volta – nelle intenzioni, l’ultima. Tuttavia, alla prossima occasione, il corpo (perché di questo si tratta) si ripresenterà di nuovo nella sua incompletezza, e di nuovo produrrà i suoi dati assenti. La promessa che da ora in poi esso non verrà più a mancare (a sottrarsi) è probabilmente vana.

ATP: In breve in cosa consistevano le due performance e in che modo ‘funzionavano’ assieme?

IZ: Due attori recitavano ciascuno a memoria un diverso racconto (un testo breve, scritto da me) alle poche persone che ogni volta lasciavano entrare nelle rispettive stanze da loro occupate. Il modo in cui i due racconti ‘funzionavano’ assieme, era fatto di rimandi e qualche somiglianza. Se accosti tra loro due alberi, sarà in qualche modo spontaneo trovarvi delle similitudini, anche se quelli appartengono a specie diverse, reagiscono diversamente alle stagioni, e non ultimo producono frutti diversi. È quindi accaduto questo: che la vicinanza li ha posti in uno stato di dialogo e di possibili analogie.

ATP: La performance era completata da due distinte azioni, ognuna con dei contenuti differenti. Cosa raccontavano i due performers?

IZ:  Ciascuno dei due racconti era di per sé autonomo. Concepiti in momenti separati e con finalità differenti, sono stati presentati ciascuno   su un diverso piano dell’edificio, tenuti a una certa distanza l’uno dall’altro, con l’intento di produrre una sorta di sdoppiamento: il pubblico avrebbe elaborato per due il proprio tempo, suddividendolo nei due inizi e nelle due terminazioni generate dalle distinte narrazioni. Ma anche, nel rapporto particolare che si sarebbe ogni volta creato con i due attori-performer. I quali definivano un proprio spazio-rituale nella stanza che occupavano (la loro tana), e all’interno della quale accoglievano il pubblico. Il contenuto dei racconti: in un caso, un episodio reale – il breve incontro con un collega artista, Flavio Favelli, ad Artissima l’anno scorso, e il modo in cui lì poco dopo ci separiamo. Questo episodio come pretesto per una analisi allargata sul tema della coesione. Nell’altro, un sogno fatto nei giorni successivi all’uccisione di Gheddafi, in cui entro e cerco ospitalità nel suo corpo senza vita.

ATP: In che modo i racconti parlavano dell’uomo contemporaneo?

IZ: Parlavano dell’uomo contemporaneo poiché si riferivano entrambi a due persone del nostro tempo, solo una delle quali scomparsa da poco.

ATP: Non trovi che sia estremamente difficile trovare una storia o esperienza personale che sia rappresentativa di un ‘generico’ uomo del nostro tempo?

IZ: Direi che soprattutto il racconto dell’incontro con Flavio è rappresentativo di qualcosa che, se non altro, tocca il mio tempo, il tempo della mia pratica e della mia esistenza – ma non posso dire fino a che punto le mie sottolineature narrative abbiano coinciso con il tempo di altri.

ATP: Spesso le tue opere pungolano riflessioni sull’ipocrisia e i paradossi che vigono nelle relazioni umane. Anche in questa occasione hai messo a fuoco delle ‘miserie’ dell’essere umano?

IZ:  Non so se essere del tutto d’accordo con la tua analisi di mie opere precedenti. Tuttavia, nel caso di queste due performance ho cercato di regolare entrambi i racconti per lasciare la sentenza il più possibile indeterminata. Quindi tenendo fuori accusatori e giudici. Sono però presenti gli esecutori.

Italo Zuffi /  La penultima assenza del corpo

Fondazione Pietro Rossini, Briosco (testo di Antonio Grulli)

Ritratto al buio di Gheddafi, 2012 – Performance (un testo di Italo Zuffi recitato da un’attrice, Marta dalla Via, e oggetti di scena)

Ritratto al buio di Gheddafi, 2012 – Performance (un testo di Italo Zuffi recitato da un’attrice, Marta dalla Via, e oggetti di scena)

Ritratto al buio di Gheddafi, 2012 – Performance (un testo di Italo Zuffi recitato da un’attrice, Marta dalla Via, e oggetti di scena)

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