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Ottavo appuntamento per Scatti, – il progetto promosso e ospitato da Marsèll Paradise Milano dedicato alla fotografia – dopo Alan Maglio, Claudia Difra, Sombrero Twist, Arianna Arcara, Mara Palena, Petra Valenti e Marta Marinotti, è il turno di Shyla Nicodemi.
Milanese, classe 1984, Shyla Nicodemi ha imparato a guardare il mondo attraverso le reflex analogiche grazie al nonno nato a Praga. Dal 2006 ha scattato a concerti ed eventi live. Artisti del panorama noise/hardcore/punk/metal (Nerorgasmo, Paul Chain, Bob Corn, Cripple Bastards, Korn per citarne alcuni) hanno iniziato ad utilizzare i suoi scatti fatti tra cimiteri, campi e case abbandonate, per vinili, cover, poster e merch. Prima di partire per San Francisco nel 2012, ha realizzato “LAST MONTH”, un progetto su Milano fondamentale per portarla alla produzione del vol. II della collana Nubi, libro fotografico su San Francisco. Prima di iniziare un’indagine approfondita sul mondo del pugilato, ha scattato il portfolio di MUA (Valentina Narni Mancinelli e Debby Jones) e quello della Firehouse Custom Rockart (Chuck Sperry, Ron Donovan) tra Oakland e San Francisco.
Fight, titolo del progetto che la Nicodemi presenta da Marsèll Paradise Milano, è un reportage sul mondo delle palestre di box presenti sul territorio milanese. Boxeur appassionata, Shyla ha la fortuna di raccontare da insider un mondo fatto di disciplina, sforzo, pratica e nobiltà, avendo accesso a luoghi e riti solitamente non avvicinabili dai foto giornalisti.
Alcune domande a Shyla Nicodemi —
ATP: Quali sono le tue fonti d’ispirazione?
Shyla Nicodemi: La mia prima fonte di ispirazione è stato nonno Cesare; lui mi ha insegnato tutto quello che sapeva sulla fotografia analogica. Dopo di lui a ispirarmi ci hanno pensato le mie passioni: il suono, il pugilato e i film horror di Pupi Avati, Mario Bava, Lucio Fulci e Deodato che da sempre mi hanno fatto amare spazi decadenti, maestosi, abbandonati, freddi e silenziosi.
ATP: Come racconteresti la tua ricerca fotografica?
SN: Personalmente ho notato che la ricerca fotografica è molto simile alla ricerca di sè stessi – può suonare “fricchettone” ma non lo è affatto! E’ in costante movimento, a volte è scanzonata altre volte è più intima: cambia, cresce, matura con me. Mutano gli interessi, i soggetti, e si evolve anche il punto di vista. Ad esempio, tante foto che ho fatto anni fa ora mi fanno tenerezza, penso che ora le farei in tutt’ altro modo – e non escludo in futuro di realizzare un progetto in cui replico scatti di dieci anni fa proprio per capire a che punto è questa mia ricerca fotografica.
ATP: Sei più interessato a catturare l’istante o la durata intrinseca all’immagine?
SN: Sarò banale, ma dipende dal soggetto che decido di scattare: se si tratta di una struttura imponente, di una stanza, o di un dettaglio in uno spazio, ad interessarmi di più è la durata intrinseca dell’immagine; mentre se sto scattando un mendicante, un match di pugilato con gesti tecnici fulminei o un writer in azione, cambia tutto e ragiono per istanti.
ATP: Quando lavori a un progetto espositivo, solitamente cosa segui per scegliere le immagini? Qual è il filo conduttore?
SN: Il mio istinto. Seguo il mio occhio, penso alla storia che voglio raccontare e quale insieme preciso di immagini può farlo al meglio: contestualizzo ogni scatto, il filo conduttore è voler trasmettere a chi guarda il lavoro delle emozioni, una narrazione, che da persona a persona può variare.
ATP: In merito all’appuntamento da Marsèll Paradise, SCATTI, cosa racconti con la tua sequenza di immagini?
Racconto un mondo che ora mi appassiona più di qualsiasi cosa, quello del pugilato. Lo racconto da “insider”, visto che lo pratico a livello agonistico anche se da poco. SCATTI mi ha dato modo di dar voce a momenti, dettagli e spazi di quattro palestre di sport da combattimento di Milano (Boxe Island, Elite Boxing Club, Heracles Gymnasium, Bulldog’s Gym), e ai sacrifici di maestri e atleti che in piazza Gae Aulenti hanno dato vita per il quarto anno consecutivo all’ evento “L’Arte della Boxe”; una storia che difficilmente sarebbe finita sotto agli occhi dei “non addetti ai lavori”.
ATP: Progetti futuri?
Sto lavorando duramente per riuscire a entrare a far foto in alcune carceri di Milano e fotografarne gli spazi oltre che per immortalare i detenuti della casa di reclusione di Bollate che partecipano al progetto “Pugni chiusi”, corso di pugilato tenuto da Mirko Chiari. Il Pugile Poeta non insegna più pugilato nelle palestre ma ha scelto di dedicarsi a questo progetto che mi interessa molto sia dal punto di vista umano che sociale. Se riuscirò nel mio intento superando infinite barriere burocratiche, il passo successivo sarà la pubblicazione di un libro con gli scatti fatti nelle carceri, nelle palestre, e a match con titoli nazionali che ho documentato. Il filo conduttore però ve lo spiego solo a cose compiute!