Rä di Martino. Là dove muore, canta | Torre Matta, Otranto

L’artista dialoga con Carmelo Bene e il suo immaginario nella Torre Matta di Otranto
14 Settembre 2022
Rä di Martino. Là dove muore, canta – Installation view Torre Matta, Otranto 2022 – Foto Raffaele Puce

Rä di Martino negli ultimi mesi ha esplorato l’Archivio Carmelo Bene custodito nel Convitto Palmieri di Lecce, dove sono conservati i materiali documentari che testimoniano l’intenso lavoro intellettuale del Maestro costituito da video, tracce audio, fotografie, manoscritti e circa seimila volumi della sua biblioteca personale un tempo ospitata nella casa romana di Bene. 
Il risultato di questo percorso – di conoscenza, studio e rielaborazione che ha portato alla genesi di una video installazione – è ospitato nella Torre Matta della città adriatica, scelta come città d’elezione da Carmelo Bene per molti anni. 

Per questa occasione pubblichiamo i testi dei due curatori della mostra, Luigi De Luca e Brizia Minerva —

Là dove muore, canta
Testo di Brizia Minerva

Là dove muore, canta è un progetto espositivo nato dall’esplorazione dell’artista Rä di Martino dell’Archivio Carmelo Bene. Da questo rapporto e confronto immersivo l’artista ha sviluppato un ciclo di opere: una video installazione pensata all’interno della Torre matta ad Otranto, ideata partendo da alcuni scritti dell’attore; una serie fotografica ispirata dal fondo teatrale, un libro d’artista edito da Humboldt,  con fotografie di alcuni dei libri più usati da Carmelo Bene.
Come freudianamente ricorda Jacques Deridda (Mal d’archivio, un’impressione freudiana, Napoli 1996), ogni archivio è fondamento e detrito. Memoria e oblio. Luogo dell’immemorabile o immemoriale direbbe Carmelo Bene, aggettivo che amava usare per esprimere la dimensione del suo lavoro, il disagio e il turbamento nell’ impossibilità di ricordare ciò che è indimenticabile degli atti più alti e significativi dell’arte e della vita.
Se allora, la natura di ogni archivio è spettrale a priori, poiché «né presente né assente, in carne e ossa, né visibile né invisibile, ma traccia che rinvia sempre a un altro il cui sguardo non potrebbe essere incrociato»  (Deridda, 1996, p. 110), sarà il linguaggio artistico a costruire un possibile dialogo tra l’essere e il nulla. Si sviluppa da qui il lavoro di Rä di Martino chiamata non a raccontare, né interpretare l’opera di Carmelo Bene, ma a riscriverla, reinventarla e rimetterla in gioco.
La scelta di un’artista come Rä di Martino è stata motivata dalla sua capacità di penetrare nel tessuto della storia culturale, di investigare le immagini del cinema, della televisione e della rete, in dialogo continuo con il mondo fittizio e tuttavia pervasivo che producono, orchestrando una narrazione che insieme è artistica e analitica.
Per fare questo utilizza differenti linguaggi e registri legati alla sua poetica, il rapporto tra reale e virtuale, tempo e memoria.
Molte volte nel suo lavoro ha interagito con rovine contemporanee, architetture dismesse e residuali No More Stars (2011), Controfigura (2017), paradigmi storici di luoghi e persone, protagonisti e storie dell’immaginario pop Untitled (Marilyn) (2004-2011), Poor, Poor Jerry (2017) cogliendone lo straniamento e la sospensione. Nell’ esplorare l’archivio di Carmelo Bene l’artista si lascia guidare dagli elementi interrotti, silenti o marginali, cercati nella stratificata moltitudine di documenti, fotografie, pellicole e nastri, scritture e fogli di scena.  Una quantità di materiale che conduceva in più direzioni. Chi “non” era Carmelo Bene? Come raccontare quella figura così scolpita nell’immaginario e dalla personalità estrema la cui sensibilità ha rivelato uno dei più innovativi artisti del nostro tempo? Come misurarsi con questa memoria? Il suo mito è ancora vivo. La sua opera, a vent’ anni dalla morte, stupisce e confonde ma attrae magneticamente come una sorta di rito misterico.

Rä di Martino. Là dove muore, canta – Installation view Torre Matta, Otranto 2022 – Foto Raffaele Puce

Là dove muore, canta
Video installazione, 16 minuti
Voce Lino Musella
Effetti audio Simone Pappalardo
VFX Gianni Caratelli

Ispirata dalle agende di Carmelo Bene con gli appunti sul vampiro, stesura per un’opera lirica in due atti mai realizzata, Rä di Martino realizza una videoinstallazione, un ritratto del fantasma dell’attore, che riappare da un altrove per aprire il suo quaderno e leggerne gli scritti.
Il titolo deriva da una frase di Carmelo Bene contenuta nei quaderni, paradigmatica non solo per la sua musicalità ma anche perché incardinata nell’impianto teorico che ne caratterizza l’opera la cui dicotomia fondamentale è tra essere e rappresentare, immagine e suono. Il vampiro dunque come metafora della condizione dell’attore paragonabile all’inquietudine del non-morto.  È a partire dalla sua morte dal suo addio al mondo, quindi dell’Io, che il non-attore è, dimostrando il suo vuoto il suo nulla per diventare suono, phonè, in grado di dire il dentro.
La presenza di Carmelo Bene si manifesta grazie ad una ricostruzione in 3D della sua immagine e voce modellata su quella dell’attore Lino Musella e manipolata con effetti audio che la rendono elettronica e trasformano in note la melodia delle parole diventando musica. L’esito è una musicalità strettamente collegata al corpo del suono. Processo sintonizzato e in connessione con le ricerche condotte da Carmelo Bene sulla propria voce attraverso sofisticate strumentazioni di amplificazione e il playback. Adoperando tecniche legate al linguaggio e ai meccanismi illusori del cinema e della televisione, Rä di Martino attua un vero e proprio lavoro di scrittura e montaggio con l’intento di produrre un’immagine capace di evocare presenze e narrazioni che giocano con la realtà e la sua rappresentazione.
La virtualità del video è usata dall’artista quale modalità di dislocazione della rappresentazione, dimensione nella quale la figura del grande attore, a sua volta macchina attoriale e mediatica in grado di muoversi dentro e contro il basso televisivo, diventa astratta e pop allo stesso tempo. Di Martino attraverso una “minorazione” e profanazione dell’opera di Carmelo Bene, riattiva i resti di un immaginario che è stato fortissimo. La proiezione sincronizzata su sette monitor di immagini suono e voce compongono un insieme in cui Bene riappare a ritmi alterni, rimandando alla frammentarietà del testo. Mentre una figura dell’attore si anima e parla, l’altra resta in attesa mentre una musica prodotta dalla voce si trasforma in suono creando una speciale elettronica armonia. 
La figura dell’attore appare immersa nel buio di uno spazio indefinito avvolto da un’aurea nostalgica. Forse i segni di una vita passata. Forse il suo essere diventato altro, immagine smaterializzata. Il non-morto Carmelo Bene e l’infinito della mancanza di sè.

Archivio Carmelo Bene

Testo di Luigi De Luca

Nelle intenzioni di Carmelo Bene, l'”immemoriale” avrebbe dovuto essere a Otranto, a futura memoria. Le cose sono andate un po’ diversamente da come Carmelo aveva immaginato. Ora l’archivio è a Lecce e di Carmelo a Otranto non resta che l’assenza. La sua eredità spirituale ha preso la forma di un inascoltato desiderio: quello dell’impossibile ritorno ad Otranto dove tutto ebbe inizio e fine.   È per questo motivo che abbiamo chiesto a Ra Di Martino di immaginare la sua opera a Otranto. L’artista è abituata a lavorare sugli archivi, ma qui l’impresa è più ardua perché non si tratta di lavorare sulla memoria ma sul suo contrario, sull’inespresso, sul taciuto sul non ancora  accaduto. Gli appunti di Carmelo su quella che avrebbe dovuto essere un’opera lirica in due atti intitolata “Il Vampiro” offrono lo spunto alla video artista per una messa in scena virtuale sulla  poetica dell’assenza di Carmelo, metafora del teatro ma anche della sua vita.  Sette schermi in sincrono fanno emergere dal buio senza tempo della Torre Matta di Otranto le immagini di un baluginante fantasma di un Carmelo giovane che recita un testo mai rappresentato.  Si tratta di un video di 16 minuti che nella installazione negli spazi della Torre Matta assume il carattere di un’opera site specific. Una installazione capace di dare forma a quello che abbiamo chiamato l’inascoltato desiderio del ritorno ad Otranto.
Parafrasando Mahler potremmo dire che non si tratta di riportare ad Otranto le Ceneri di Carmelo ma il fuoco che ancora sotto le ceneri cova ed è capace di produrre nuova fiamma e nuovo senso.
L’opera di Ra Di Martino fa un passo decisivo in questa direzione. Diciamo che l’arte riesce laddove non era riuscita ne la volontà di Carmelo ne i suoi esecutori testamentari.
Nel contesto senta tempo e senza spazio della Torre Matta, “L’inquietudine dei non morti” è la nostra inquietudine di condannati  al consumismo e alle mode, al “contar soldi”, alle abitudini a una “pigra fedeltà”  pantofolaia. In definitiva di condannati al ridicolo; incapaci di raggiungere il tragico  non ci resta che partecipare alla messa in scena di una estetica della morte che fedelmente Ra Di Martino imbandisce davanti  alla “magica schiuma di un mare meraviglioso”(…) davanti “alla nostra finestra aperta di fronte a desolati mari. E la spuma perlata d’una terra fatata”. ( Carmelo Bene “Il Vampiro”). A Otranto, appunto. 

Archivio Carmelo Bene
Archivio Carmelo Bene
Archivio Carmelo Bene
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