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PALERMO MICROONDE

Ha da poco inaugurato in Villa Vertua Masolo  PALERMO MICROONDE l’ultima mostra organizzata dall’associazione Casa Gialla, prima della chiusura dello stabile per il nuovo restauro. La mostra – visitabile fino al 9 febbraio 2020 – prende avvio da un’idea di...

Roberto Timperi, installation view, Palermo Microonde, Villa Vertua Masolo, 2020. Credit Martina de Rosa

Ha da poco inaugurato in Villa Vertua Masolo  PALERMO MICROONDE l’ultima mostra organizzata dall’associazione Casa Gialla, prima della chiusura dello stabile per il nuovo restauro.
La mostra – visitabile fino al 9 febbraio 2020 – prende avvio da un’idea di Giorgio Mega e di Gianluca Concialdi e prende forma grazie al fondamentale supporto di Adriano La Licata, artista e fondatore di DOM uno spazio no-profit per l’arte contemporanea situato a Palermo. Attraverso una selezione di opere degli artisti: Giuseppe Adamo, Adriano La Licata, Tothi Folisi, Natalia Karczewska, Tiziana La Melia, Giorgio Mega, Lorenzo Testa, Gianluca Concialdi, Roberto Timperi e Elias Vitrano la mostra indaga e lascia emergere, l’atmosfera radioattiva, catastrofica, di una città difficile e ambigua come Palermo. Si tratta quindi delle tracce semi invisibili delle sue molteplici microonde, delle sue assenze e le sue presenze. Il progetto si espande e continua oltre lo spazio, proseguendo sul profilo instagram della air noise band @palermomicroonde, una piattaforma di immagini da leggere come tarocchi o da percorrere come un atlante.
Di seguito Aspra Palermo un testo inedito di Giorgio Mega che accompagna i visitatori durante la visita alla mostra.


ASPRA PALERMO

Nei 14 km che separano la cittadina costiera di Aspra (nota per le sue alici) e il centro di Palermo, percorsi a piedi con Gianluca in una caldissima giornata di scirocco di marzo, abbiamo fatto raccolta di segni che pur illuminando altri angoli o scene palermitane con un gusto per l’assurdo e il grottesco sono in definitiva gassosamente intangibili. Sono nano-epifanie, piccolissimi tic della città che ci hanno fatto intuire e voler indagare qualcosa di, diciamo, inguardabile. Quello che ci piace fare è far brillare queste idee un po’ come vogliono loro, accondiscendendo a una natura delle cose che si direbbe patafisica, e allora abbiamo pensato di essere una band noise che non suona neanche per finta, ma ha un profilo Instagram con delle foto che creano un atlante di questo immaginario inspiegabile ma che vorremmo fruibile, come fossero dei tarocchi.

Si fa presto a dire assenza. La questione del degrado o dell’abbandono non riguardano direttamente questa prospettiva, non si vuol prendere né una postura di denuncia né tantomeno bearsi anarchicamente della condizione, dello stato di assenza dello Stato e delle risultanti possibilità creative. Lo stato senza stato che qui ci interessa è la condizione definita da una pluralità di forze ed agenti disordinata e caotica, altamente instabile e però con un equilibrio risultante: immobile (almeno in apparenza). C’è del non-esserci o non esserci del tutto, una demartiniana crisi della presenza o del sonnambulismo forse…essere un po’ suonati – fritti, cotti, lessi, visto che la metafora non può che essere alimentare. Suos devorat, come piace ricordare ai palermitani, trasformati in pezzi di rosticceria (è una antropofagia ancora più orgiastica e delirante questa del nostro genio rispetto a quella di Oswald De Andrade, che ci posiziona esattamente al confine tra mondo sfruttatore e mondo sfruttato, gringos e indios di sé stessi[1]). 

Gianluca Concialdi, installation view, Palermo Microonde, Villa Vertua Masolo, 2020. Credit Martina de Rosa
Lorenzo Testa, Natalia Karczewska, installation view, Palermo Microonde, Villa Vertua Masolo, 2020. Credit Martina de Rosa

La disintegrazione totale tuttavia non avviene mai (o è già da sempre avvenuta) non soltanto grazie alle cose e persone “normali” che in qualche modo mitigano le forze del caos, ma anche a causa di un intrinseca solidarietà simbiotica[2] tra azioni, momenti e situazioni non facilmente inquadrabili in schemi  – non sono i grandi eventi o incidenti, né i soliti clichés della sicilianità e di quella “tipica” quotidianità – ma una miriade di microonde illogiche e anche anti-logiche che tutto attraversano, vibrazioni che innervano Palermo di qualcosa di post-vitale, comodamente catastrofico, tranquillamente apocalittico, fresco e radioattivo.

Ci mettiamo a camminare in mezzo alla strada, e subito ci sorpassano due ragazzini su un esile carretto trainato da un altrettanto magro cavallino. Il premoderno non è affatto appannaggio esclusivo degli anziani. Ci sono giovani inconsci pieni di serpi e coltelli, di peste e corna, anche in caso di natività digitale. Macchine poche, poi zero, visto che la strada è interrotta, il ponte mezzo crollato, l’asfalto divelto, i cartelli bruciati da sole e sale, tracce di terra e gesso per terra, oggetti di plastica e metallo in costellazioni imperscrutabili. Ma a piedi si può procedere, basta passare sotto da una parte, scavalcare dall’altra.
Dall’altro lato del ponte quello che si direbbe essere stato un piccolo parcheggio si trova adesso qualche metro più sotto, al livello del mare.
Tra canne e foglie di palme secche, sabbiosamente monocrome, la sua superficie si frantuma delicatamente proprio come a volte quella della sabbia quando fa una sottile crosta solidificata. Ma è un pezzo unico crollato, di cui si percepisce il peso totale, un enorme Manhattan di Hélio Oiticica subito abbandonato sulla spiaggia di Leblon/Ficarazzi.
Non posso credere che pensare la catastrofe sia lo stesso qua come altrove: in qualche modo è un privilegio.
Siamo dal lato di mondo dominante e dominato dall’immaginario della catastrofe che segue la catastrofe dell’immaginario, eppure i cavalieri di questa apocalisse disinvolta sono obesi e vanno in quattro su un motorino. E’ tutto esposto, e tutto invisibile.

Natalia Karczewska, I am there and also not there. (HOWLing wind in the background), Palermo Microonde, Villa Vertua Masolo, 2020. Credit Martina de Rosa
Elias Vitrano, installation view, Palermo Microonde, Villa Vertua Masolo, 2020. Credit Martina de Rosa

Cosa stiamo guardando davanti a una palazzina anonima ma marchiata da una targa dorata che recita “Villino degli uomini”? E davvero vogliamo sapere perché un locale (chiuso ovviamente) che si chiama La grotta azzurra è verde e rosso e le rosse lamiere che un tempo facevano da corrimano per i pochi gradini che scendono verso l’ingresso sono talmente deformate da sembrare esplose, da mettere agitazione? I rami secchi per terra al confronto danno un senso di stabilità e fermezza. Sarà la morte?Eppure il cane davanti a San Francesco, in un gruppo scultoreo di finto bronzo, dipinto di vernice metallizzata, non sembra morto…nonostante tutto.
Le zampe sembrano messe al contrario e sono troppo corte, il collo troppo lungo, la testa enorme. Al contrario, dona una specie di vitalità se non allegria a questa frazione monodimensionale, periferia di una periferia. Siamo a metà strada.

Da lì fino alla città propriamente urbana il cammino è accompagnato da architetture per cui i danneggiamenti sono elementi stilisticamente e quasi strutturalmente fondamentali vista la caparbietà con cui insistono sui capitelli e sui balconi di alberghi abbandonati e poi su torrette in laterizio di ogni tipo e incomprensibile funzione. E’ uno spazio però anche incoerente che suggerisce un tempo ambiguo, abitato da fornaci e mattoni, anfore, piante grasse (e palme, banani, arundo donax), insegne a led in arabo e l’uomo proiettile degli Orfei su campo arancione fosforescente.
La rigogliosa vegetazione del terzo paesaggio sul ciglio della strada spinge noi come gli altri passanti (anziani con i baffi, donne gitane) a camminare quasi in mezzo alla strada, e qua di macchine ce ne sono troppe.
La luce al tramonto è commovente e di un arancione quasi Orfei e l’aria sembra ricca di magici esseri di luce come gli xapiri degli Yanomami[3].
Me le immagino così le microonde ma fatte di suono;
nelle fissioni cacofoniche producono energia.
O come i vagabondi che gettano occhiate e gesti alle macchine e che si ignorano a vicenda con la Storia.


[1] OSWALD DE ANDRADE, Manifesto antopofago, São Paulo, Revista de Antropofagia no.1, 1928

[2] MICHEL SERRES, Le Parasite, Paris, Grasset, 1980 e TIMOTHY MORTON, Humankind, Brooklyn, Verso books, 2017

[3] DAVI KOPENAWA e BRUCE ALBERT, La caduta del cielo : parole di uno sciamano Yanomami, Milano, Nottetempo, 2018

Giorgio Mega, Giuseppe Adamo, installation view, Palermo Microonde, Villa Vertua Masolo, 2020. Credit Martina de Rosa
Palermo Microonde, installation view, Villa Vertua Masolo, 2020. Credit Martina de Rosa
Adriano La Licata, Blue Thangka, Palermo Microonde, Villa Vertua Masolo, 2020.