Rappresentare un paesaggio è una questione di sensibilità emotiva prima che una tecnica dell’osservare. L’abilità degli artisti di tradurre, prima che rappresentare, un paesaggio è da ricercare nella loro capacità di rovistare nelle proprie esperienze per comprendere, appunto, lo spazio che ci sta di fronte.
La mostra Paesaggi industriali, rovine e orti operai, tenta di raccogliere proprio queste esperienze grazie il lavoro di otto artisti che hanno attraversato un particolare territorio: i luoghi dell’industria che appartengono a Prato e Provincia.
Presentata in occasione della quarta edizione di TAI – Tuscan Art Industry 2018 – progetto dell’artista Chiara Betazzi – la mostra è a cura di SC17, “un’ associazione culturale alla ricerca di formati ibridi di condivisione, che genera continuamente nuove collaborazioni con le quali sviluppa progetti connessi all’arte contemporanea e all’archeologia industriale.”
Opere differenti, sguardi più o meno profondi, medium diversi raccontano i paesaggi industriali nella loro trasformazione e quei luoghi che, in continuità con gli orti operai di fine Ottocento, hanno reso i margini delle nostre zone industriali spazi ‘umani’ prima che poetici. Affascinati dalle rovine di quelli ch erano luoghi dell’efficienza e della produttività, alcuni artisti hanno rappresentato
Seguono le descrizioni, nel dettaglio dei vari interventi di Loris Cecchini, Luca Pancrazzi, Alessio de Girolamo, Andrea Fiesoli, Ronaldo Fiesoli, Gianni Melotti, Robert Pettena e Emanuele Becheri.
La mostra si sviluppa all’interno e all’esterno nel piazzale comune su cui si affacciano tutti gli studi che sono nati nella Corte di Via Genova in questi ultimi anni.
Gianni Melotti (1953) presenta, nell’spazio esterno, la prima opera di una nuova serie dal titolo Inguardabile, 2018. Un’installazione ambientale permanente di ampio respiro, dedicata ad un’immagine legata all’immaginazione e alla sua possibilità di essere fotografata. Un lavoro di arte visiva destinato per la sua fruizione a fare uso di strumenti differenti dallo sguardo, nonostante l’apparente contraddizione, dovendo ricorrere a percezioni e sensibilità alternative ed elevate.
All’interno dello spazio Tribeca Factory una serie di lavori fotografici scattati tra gli anni Ottanta e gli anni Duemila da Ronaldo Fiesoli (1949) documentano il paesaggio extraurbano pratese, i margini della città, le baracche, gli orti addossati a stanzoni e fabbriche, cogliendo attraverso l’uso della fotografia le periferie pratesi con lo sguardo trasognato che poteva avere un fotografo di inizio secolo, oppure con scatti dove una luce impietosa evidenzia le brutture che abitano il territorio. Mentre alcuni scatti fotografici fatti negli stessi anni da Andrea Fiesoli (1974) focalizzano l’attenzione sulla spontaneità con cui oggetti e materiali di scarto vengono usati per la coltivazione dei terreni lungo il fiume Bisenzio oppure in spazi attigui alle fabbriche mostrando come l’accumulo, la massa di elementi impropri, depositati, accatastati all’interno degli orti faccia sorgere inaspettati aspetti pittoreschi.
La mostra continua nello spazio Sedici con le opere di Robert Pettena (1970), un’indagine sul valore compositivo dell’architettura industriale intorno al volgere del XX secolo in Toscana. In particolare sono esposte alcune foto del ciclo Nobel Explosion dove è presente un’ampia ricognizione fotografica sui siti SIPE Nobel presenti sul territorio toscano, non solo in relazione ad un paesaggio in trasformazione, ma per evidenziare un rapporto stretto che Alfred Nobel aveva con gli spazi industriali, da lui creati, in cui la piantumazione era studiata in relazione ad un camouflage sulle strutture architettoniche a protezione dei bombardamenti. Nella serie La conquista dell’Inutile lo scenario che fa da sfondo al gesto dell’artista, ci rivela un preciso momento in cui il lago artificiale della centrale termoelettrica di Santa Barbara è stato svuotato. L’edificio della centrale è considerato uno dei più interessanti esempi di architettura industriale in Toscana. Oggi è stato avviato un progetto di bonifica e di recupero ambientale dell’area, in cui sono previsti interventi sulla vegetazione per favorire l’incremento e lo sviluppo della biodiversità.
All’interno dello spazio Artforms/Interno8 coabitano gli artisti Loris Cecchini, Luca Pancrazzi e Alessio de Girolamo.
Luca Pancrazzi (1961) ci rivela una serie di chine industriali su carta, realizzate dal 2014 al 2016. I disegni rappresentano costruzioni di orizzonti in cui l’artista si proietta attraverso il pensiero, restituendo costantemente nuove visioni di paesaggi visti o immaginati.
Loris Cecchini (1969) espone un disegno preparatorio di un’opera permanente realizzata recentemente presso il Polo Campolmi di Prato. All’interno del bozzetto Cecchini ha unito i suoi moduli d’acciaio che come nell’istallazione danno l’idea di piante rampicanti, coralli o strutture di cristalli che si organizzano organicamente sul disegno. L’istallazione, derivata da questo studio preparatorio, assume il valore simbolico della rigenerazione e trasformazione nella memoria dell’antica fabbrica tessile, recuperata a nuova vita culturale.
Nello stesso spazio troviamo un walldrawing e un’immagine acquisita tramite scatola con foro stenopeico di Alessio de Girolamo (1980) che si collega all’installazione sonora che l’artista ha realizzato direttamente in loco nel mese di settembre, nel campo momentaneamente assente, confinante con gli spazi della corte. L’opera sonora di Alessio de Girolamo, è una partitura basata sul metodo Nn da lui concepito: l’accostamento del modello atomico di Bohr alla struttura del pianoforte austriaco Bosendorfer 290 lega, in un’ipotesi per assurdo, le note agli elementi, creando composizioni concettualmente modellate intorno a formule chimiche o a presupposti solitamente scientifici. Nel lavoro presentato dall’artista per il progetto TAI, la melodia suonata dal pianoforte è scritta sulla struttura delle formule della fotosintesi clorofilliana e filtrata da un ambiente di programmazione che genera sistemi L (ossia algoritmi che regolano la crescita delle piante); mentre in sottofondo il suono dell’attigua fabbrica, inserito come tappeto sonoro crea un dialogo perfetto tra natura e industria.
Grazie ad un Atelier condotto dall’artista Emanuele Becheri (1973) nel proprio studio di Vaiano, in collaborazione con gli utenti della Cooperativa Humanitas, sono state installate delle opere permanenti in terracotta sul muro esterno della Corte, completando così il percorso della mostra e mostrando attraverso una video documentazione il laboratorio svolto.
(da CS)
Le foto pubblicate sono di Paola Ressa, Martina Melchionno e Claudia Gori.
PAESAGGI INDUSTRIALI, ROVINE E ORTI OPERAI
a cura di SC17 Mostra visitabile fino al 20 novembre
Corte Via Genova 17 Prato

Opera permanente di Marco e Bruno per Corte Genova – Atelier condotto da Emanuele Becheri, in collaborazione con gli utenti della Cooperativa Humanitas,