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Mission Impossible – Biennale di Architettura di Venezia

Mission Impossible by Andrea Balestrero E’ il penultimo giorno di apertura della Biennale di Architettura di Venezia, l’obiettivo è visitarla in giornata, partendo da due città diverse (Genova e Milano) e con bimbo di due anni e mezzo al seguito…Partenza...









Mission Impossible by Andrea Balestrero

E’ il penultimo giorno di apertura della Biennale di Architettura di Venezia, l’obiettivo è visitarla in giornata, partendo da due città diverse (Genova e Milano) e con bimbo di due anni e mezzo al seguito…
Partenza ore 08.00, tra varie peripezie, maltempo, autostrade chiuse, torpedoni di europei dell’est, riusciamo a radunarci nel luogo di raccolta previsto (casello Brescia Est) verso mezzogiorno… sosta per panino veloce + caccapipì e via andare!
La visita vera e propria inizia alle ore 14.00 prima tappa: Arsenale.

Le corderie sono organizzate come una sequenza di installazioni piuttosto scenografiche ad opera di architetti ed artisti (ma non solo c’è anche la sala di H. U. Obrist con le sue video-interviste agli architetti). Tra queste le più interessanti e/o scenografiche: i travoni di cemento di Anton Garcia-Abril & Ensamble Studio; la passerella nella nebbia di Transsolar e Tensuo Kondo; le sculture di pioggia di Olafur Eliasson, il cinema prefabbricato di Berger&Berger. L’installazione di fili trasparenti di Junya Ishigami, vincitrice del Leone d’oro e già distrutta (leggenda vuole da un gatto, mmmmm….) la notte prima dell’inaugurazione, giace al suolo penosamente disfatta… va bene il superamento dell’architettura come permanenza e monumento, però insomma… qui forse stiamo esagerando!

Di parole su AILATI, il padiglione italiano curato da Luca Molinari, se ne sono spese già molte in altre sedi. Mi sento di condividere l’opinione di chi sostiene che ci fosse troppa carne al fuoco… il piccolo Francesco ha apprezzato molto l’allestimento (non male in effetti) di Salottobuono e Francesco Librizzi, non smettendo un attimo di correre all’impazzata su e giù per le rampe della sala “Italia 2050”.

Grazie all’apertura di un nuovo ingresso in corrispondenza del giardino delle vergini riusciamo a raggiungere rapidamente i Giardini per proseguire seppur sommariamente la visita.

I padiglioni nazionali sono un optional, giusto buttiamo l’occhio in alcuni (come impatto vince quello olandese) la decisione è ormai presa, la nostra gita sarà solo un omaggio a lady Sejima, che ci ripaga al Padiglione Internazionale (ex Italia) con una mostra elegante, godibile e misurata. Decisamente la parte migliore della Biennale. Le cose più interessanti: i modellini di Atelier Bow Wow, Aires Mateus, Andrea Branzi e un’altro di cui non ricordo il nome; Tom Sachs che rilegge Le Corbusier; l’installazione di Doho Suh + Suh architects... Nel complesso una mostra rarefatta e ben leggibile, mai noiosa o didascalica, impostata con coraggio intorno alle scelte di gusto della Direttrice. Incomprensibile la relazione con il titolo: “People meet in architecture”, ma una delle migliori biennali di architettura che ho visto!

Ormai si è fatto buio, Francesco non ne può più. Ci imbarchiamo sul vaporetto e rientriamo alla base.

Mission Accomplished?

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