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Intervista a Mattia Pajè in occasione della sua mostra Fuori Terra | Alchemilla, Palazzo Vizzani

In concomitanza con l’apertura di ART CITY Bologna 2022, la personale Fuori Terra dell’artista Mattia Pajè, inclusa nel Main Program della manifestazione, inaugurerà presso lo storico Palazzo Vizzani di Bologna, sede dell’associazione culturale Alchemilla. La mostra, curata da Giovanni Rendina,...

Installation view Mattia Paje, Fuori Terra | Alchemilla, Palazzo Vizzani, Bologna 2022
Mattia Paje, Fuori Terra, dettaglio , 2022. Cortesia dell’artista

In concomitanza con l’apertura di ART CITY Bologna 2022, la personale Fuori Terra dell’artista Mattia Pajè, inclusa nel Main Program della manifestazione, inaugurerà presso lo storico Palazzo Vizzani di Bologna, sede dell’associazione culturale Alchemilla. La mostra, curata da Giovanni Rendina, esplorerà il concetto di verità “a partire dai contenuti che popolano i social network, legati alla ripresa di tematiche ‘magiche’ e teorie del complotto”. Costituita dall’omonimo gruppo scultoreo, e da una serie di objet-trouvédisseminati nello spazio, Fuori Terra si concentrerà sulla “molteplicità di teorie e forme di sapere esoteriche [che] spesso [risultano essere] in antitesi rispetto al pensiero scientifico”: tale pluralità, precedentemente tradotta attraverso l’uso del disegno, prenderà forma con l’opera che conferisce il titolo alla mostra, concepita mediante “la pratica museale del diorama”. Per scoprire qualcosa di più sul progetto, abbiamo intercettato direttamente l’artista. 

Antongiulio Vergine: Da quali spunti riflessivi nasce Fuori Terra e come si sviluppa a livello strutturale/compositivo?

Mattia Pajè: Fuori Terra nasce da una domanda apparentemente semplice: che cos’è la verità? E diventa un tentativo di comprendere come si determina una verità, che cosa la compone, da dove arriva e come si sviluppa. Diventa, così, lunghi confronti telefonici con Giovanni Rendina, diventa un domandarsi da dove partire e una lenta comprensione della totale impossibilità di afferrare qualcosa di certo, se non questa certezza. Fuori Terra si manifesta come un riassunto visivo delle maggiori influenze che la realtà esercita sul mio lavoro, e quindi come un’ipotesi di coesistenza di più mondi apparentemente distanti fra loro.
Sono partito da due universi che sapevo essere determinanti per la mia vita, e ai quali, volente o nolente, ho dedicato molto tempo e diverse riflessioni: quello della televisione commerciale, con le sue asserzioni, le sue influenze e le sue estetiche squisitamente pop, e quello degli oggetti e delle pratiche magiche, curative e spirituali che si può riassumere nel movimento New Age. Negli ultimi due anni ho disegnato molto, e ho riscoperto nel disegno moltissimi riferimenti a questi mondi. Per questo, a livello compositivo, la mostra si sviluppa sull’architettura del disegno: sfondo, soggetti e oggetti di varia scala come elementi scenici.
Circa un anno fa, ho visitato il museo di storia naturale di San Marino, che ospita tre piccoli diorami del paesaggio autoctono. Mi sono ritrovato a vivere un fascino bambino di fronte alle vetrine del museo e ho capito che dovevo lavorare su quella fascinazione per il palesemente finto che sembra così vero.

A. V.: Lo spazio ricopre sempre un ruolo fondamentale nella costruzione del tuo lavoro, che inizia proprio dell’esplorazione del luogo in cui vai a intervenire. Quali sensazioni hai provato nell’attraversare le sale di Palazzo Vizzani?

M. P.: Il mio rapporto con il palazzo è iniziato lo scorso settembre, quando sono stato invitato a partecipare ad una residenza di due mesi organizzata da Alchemilla, l’associazione che lo gestisce. Palazzo Vizzani è un gioiello architettonico della seconda metà del 1500: ho avuto la fortuna di esplorarlo a partire dai suoi sotterranei labirintici, passando per le grandi sale e i passaggi segreti, fino ai controsoffitti a volta, pedonabili grazie a strette passerelle di legno, per arrivare alla sommità della torre centrale che domina tutta la città. È uno spazio polimorfo, simpatico, placido, ricco di vie traverse, scorciatoie, passaggi nascosti.

Mattia Pajè, Criptide, Super Pirat e acquerello su carta lilla, 21×29,7cm, 2021. Cortesia dell’artista
Installation view Mattia Paje, Fuori Terra | Alchemilla, Palazzo Vizzani, Bologna 2022

A. V.: Come tu stesso hai affermato, la mostracerca di indagare il concetto di verità a partire da nuovi media quali la televisione e i social network. Qual è il tuo rapporto con essi? Credi ci si possa fidare delle loro (supposte) verità?

M. P.: Quando mi capita di accendere la televisione, o di accedere a un social network, non mi sento di essere alla ricerca di una verità, mi sembra più come un curioso scorrere di possibilità, tutte inafferrabili.

A. V.: Facendo un passo indietro, quanto il lockdown ha inciso sulla tua prassi? Hai modificato il tuo approccio o elaborato nuove forme di pensiero nel corso di quel periodo?

M. P.: Ho ritrovato un ritmo dove il disegno è possibile. Sono partito dalle linee, inizialmente nere a pennarello e campiture a matita, poi mi sono avvicinato alla campitura granulosa e secca, e ho lasciato i pennarelli, ho sciolto il polso: la matita è meno perentoria dell’inchiostro alcolico dei marker, mi dava più velocità, meno controllo e più gusto. Avevo una sola Luminance color vinaccia, l’ho amata e trattata da regina in mezzo alle altre, anche se l’azzurro Prismalo continuava a darmi soddisfazioni. Poi ho letto un libro di Henry Miller in cui descrive il suo disegnare, e non ho potuto fare a meno di accantonare le matite per passare agli acquerelli. Avevo tutto: una scrivania, dodici colori idrosolubili, il pennello con il serbatoio e una risma di cartoncini lilla da 200g. Mi sono allineato e adattato ai godet e alla loro natura: intensità massima all’inizio, che si scioglie in toni chiari fino alla trasparenza. Le campiture si sono frazionate, cercavo di non toccare mai le linee principali, lasciando intercapedini di foglio tra i singoli movimenti. Ho provato un tale piacere che è stato naturale e necessario cercare soggetti tra il mio vissuto, la mia quotidianità e la mia interiorità.

A. V.: Per concludere, raccontaci qualcosa sul libro d’artista che verrà presentato in occasione della mostra.

M. P.: Il libro si intitola 1. Si struttura come un manuale enigmatico di 96 pagine. Sono presenti al suo interno cinque contributi testuali che ragionano sull’idea di verità, intervallati da pagine di appunti, aforismi, schemi, istruzioni, tavole e disegni provenienti da una dozzina di miei taccuini scritti tra il 2010 e il 2021, e da un archivio digitale molto vasto raccolto negli stessi anni. Il libro è un lavoro di riscoperta di riferimenti visivi, concettuali e simbolici di un interesse verso le varie possibilità del reale. È stato realizzato grazie al contributo della Fondazione del Monte di Bologna e Ravenna e della casa editrice Viaindustriae di Foligno. Raccoglie i testi di Flavia Monceri, Stella Succi, Giovanni Rendina, Bruno Paura e Mariagrazia Ciaccia, Simone Romagnoli, Settimo Catalano, ed è strutturato con un progetto grafico di Marco Casella e un progetto editoriale curato da Giovanni Rendina.

Installation view Mattia Paje, Fuori Terra | Alchemilla, Palazzo Vizzani, Bologna 2022
Mattia Pajè, Morte di Eschilo, Luminance su carta lilla, 21×29,7cm, 2021. Cortesia dell’artista
Installation view Mattia Paje, Fuori Terra | Alchemilla, Palazzo Vizzani, Bologna 2022
Mattia Paje, 1, estratto dal li bro, ed. Viaidustriae, 2022