Intervista a Martin Romeo ☛ THE METHOD

5 Febbraio 2014
Martin Romeo,   The method,   Interactive dance. Priority of the moment 02,   Teatro Fondamenta Nuove,   Venezia,   2014 - Photo: © Tamara Romeo

Martin Romeo, The method, Interactive dance. Priority of the moment 02, Teatro Fondamenta Nuove, Venezia, 2014 – Photo: © Tamara Romeo

Testo di Valentina Gervasoni

Proiezioni ritmiche modulari e astrazioni luminose scivolano sui corpi di Cristine Sonia Baraga e Andrea Zardi, i due ballerini coinvolti dall’artista Martin Romeo nella realizzazione di The Method, lo spettacolo di danza interattiva che sabato 25 gennaio ha riempito il Teatro Fondamenta Nuove di Venezia. La ricerca artistica di Martin Romeo, muovendo tra videoinstallazioni e performance, è rivolta all’arte interattiva.

L’esibizione racconta una storia di supremazia e sottomissione del corpo attraverso giochi di luce e forme astratte. Un futurismo optical, cinetico e tecnologico, in cui i diversi effetti visivi conferiscono un’identità ben delineata ai soggetti, seppur altra rispetto la realtà propria dello spettatore.

L’evento in collaborazione con Fondazione Bevilacqua La Masa, Toolkit Festival e Università IUAV di Venezia, è stato realizzato sulle coreografie di Nicoletta Cabassi e con la musica di Stefano D’Alessio.

Alcune domande a Martin per scoprire The Method.

Valentina Gervasoni: The Method cos’è, come nasce, come si svilupperà? Ci racconti del tuo progetto?

Martin Romeo: The Method è uno spettacolo composto in tre atti. Un progetto che coinvolge diversi campi artistici come danza, musica e arti visive per creare un’esperienza di arte contemporanea. Il concetto su cui si fonda lo spettacolo è l’idea di “scarto”. É inserito all’interno della drammaturgia che spiega e mostra prima la sua visione dall’eccesso per poi mettere in luce il ruolo di protagonista che assume.

Il primo atto dello spettacolo si presenta al pubblico come un evento già in corso: rappresentato da una carrellata di scene che illustrano ciò che simbolicamente è avvenuto prima. Gli atti successivi sviluppano il tema dello “scarto” attraverso i danzatori, la musica, la scenografia digitale connessi dalla tecnologia che permette di unire questi elementi creando un’interazione live tra di essi.

V.G.: Sei portato a esplorare linguaggi e contenuti diversi, ma sembra che la componente “teatrale” sia essenziale… L’interdisciplinarità che caratterizza il tuo lavoro, quel continuo attraversare l’arte con sperimentazioni teatrali, sonore, si avvicina all’idea di smaterializzazione: la dematerializzazione delle immagini è una tua costante.

M.R.: La componente teatrale è essenziale per la collaborazione delle varie figure e per arrivare a determinare un progetto. Il fatto che venga rappresentato all’interno di un teatro è contingente all’agevolazione che offre, ma la mia preferenza rimane per uno spazio che non abbia nessun riferimento con la struttura a cui appartiene. Credo che la dematerializzazione avvenga per coinvolgere e inserire altri contenuti, per darne nuovamente forma e avere un’opera d’arte come unico risultato finale. Uno spettacolo multimediale come questo, lo immagino concepito come un’installazione, ma anziché elaborare la scultura nel suo singolo, tendo a prendere elementi reali come fossero materia e li assemblo per ottenere un’istallazione dinamica composta da una “macchina produttiva” che si manifesta lungo il suo corso, per poi materializzarsi in quella che era la mia idea di opera artistica. È come se mettessi mano a ogni singolo campo artistico, in dettaglio, per prendere quello che mi interessa e se c’è necessità per poi riprenderlo nuovamente.

V.G.: Nelle tue installazioni interattive intervieni proprio sulla forma della materia: la luce, il colore, le proiezioni sono la texture che anima i corpi; corpi che così si definiscono e insieme si perdono. Che funzione assegni alla luce-colore?

M.R.: Utilizzo la luce per animare le strutture così come in un corpo sono i muscoli a farlo. Mi interessa il legame luce e supporto, quindi video e scultura, il tutto stretto dall’esecuzione del mapping che rende uniforme la resa. La forma viene compiuta dalla luce – nel mio caso dalla proiezione digitale – che si appoggia al supporto/materia perché possa rendersi visibile. Si ha un rapporto tra elementi differenti che portano a una nuova fusione/visione. L’intento è di raggiungere la sottrazione degli elementi che portano alla tridimensionalità come per esempio luce, materia, etc.. per ricavarne l’“olograficità”.

In questo ultimo progetto,   The Method, il ruolo della luce e del colore viene esasperato al massimo attraverso giochi di posizione nello spazio, con il controluce ci sono forme che si rendono visibili e altre che diventano sagome bidimensionali  confrontate alla profondità dello spazio che è al centro di questo equilibrio.

V.G.: A proposito di scenografie e teatri… Da anni ormai Venezia è il tuo palcoscenico. Cosa ci racconti della tua esperienza veneziana e del tuo anno negli studi della Fondazione Bevilacqua La Masa?

M.R.: Ho vissuto Venezia da studente, residente e artista. Ho creato il Toolkit Festival, kermesse annuale sulla sperimentazione delle nuove forme artistiche connesse alla tecnologia interattiva, anzitutto per dare la possibilità, a me in primis, e poi alla stessa Venezia di avere un nuovo approccio di confronto verso il contemporaneo delle nuove tecnologie. Mi sono formato e disorientato allo stesso tempo e infine ho caratterizzato il mio lavoro. In quest’ultimo anno ho avuto la possibilità di avere uno studio di artista, privilegio che ho avuto modo di ricambiare con progetti che ho realizzato lungo la sua durata e con il compimento dello spettacolo a Teatro Fondamenta Nuove che ha raggiunto ben oltre che il tutto esaurito. Quindi posso ritenermi molto soddisfatto del risultato raggiunto, sopratutto per un progetto di danza multimediale, che non è molto presente nel panorama culturale italiano.

Ora sono pronto per continuare la mia ricerca in una nuova residenza artistica, in Cina, presso l’Inside-Out Art Museum, dove svilupperò la relazione tra spettacolo e installazione in modo tale da raggiungere la fruibilità dello spettatore anche in un secondo momento.

Martin Romeo,   The method,   Interactive dance. Priority of the moment 02,   Teatro Fondamenta Nuove,   Venezia,   2014 - Photo: © Alvise Nicoletti

Martin Romeo, The method, Interactive dance. Priority of the moment 02, Teatro Fondamenta Nuove, Venezia, 2014 – Photo: © Alvise Nicoletti

Martin Romeo,   The method,   Interactive dance. Priority of the moment 02,   Teatro Fondamenta Nuove,   Venezia,   2014 - Photo: © Tamara Romeo

Martin Romeo, The method, Interactive dance. Priority of the moment 02, Teatro Fondamenta Nuove, Venezia, 2014 – Photo: © Tamara Romeo

Martin Romeo,   The method,   Interactive dance. Priority of the moment 02,   Teatro Fondamenta Nuove,   Venezia,   2014 - Photo: © Tamara Romeo

Martin Romeo, The method, Interactive dance. Priority of the moment 02, Teatro Fondamenta Nuove, Venezia, 2014 – Photo: © Tamara Romeo

Martin Romeo,   The method,   Interactive dance. Priority of the moment 02,   Teatro Fondamenta Nuove,   Venezia,   2014 - Photo: © Alvise Nicoletti

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