Mario Merz — IGLOOS | HangarBicocca

«L’igloo è dato dai contrasti, chiaro-scuro, dentro-fuori, materiale leggero e pesante. Sono le contraddizioni che l’uomo ha sulla terra, nella vita», diceva Mario Merz.
17 Novembre 2018
Mario Merz, “Igloos”, veduta della mostra, Pirelli HangarBicocca, Milano, 2018. Courtesy Pirelli HangarBicocca, Milano Foto: Renato Ghiazza © Mario Merz, by SIAE 2018

Mario Merz, “Igloos”, veduta della mostra, Pirelli HangarBicocca, Milano, 2018. Courtesy Pirelli HangarBicocca, Milano Foto: Renato Ghiazza © Mario Merz, by SIAE 2018

Testo di Irene Sofia Comi

Igloos è la mostra dedicata a Mario Merz (Milano, 1925 – 2003) che raccoglie il corpus delle sue opere più iconiche, gli igloo, realizzati a partire dal 1968 fino all’anno della sua scomparsa. L’artista li chiamava in modi diversi, associandoli a una varietà di termini tra cui capanna, cupola, tenda, ventre, cranio, terra: “la parola ‘igloo’ è venuta col tempo”, rivela la figlia Beatrice Merz durante la conferenza stampa, tenutasi il 23 ottobre appena trascorso.

È proprio nel 1968 che Mario Merz conosce Harald Szeemann, una frequentazione che dura tutta la vita e che è anche il punto di partenza per la mostra in HangarBicocca. La mostra Igloos, infatti, ha come punto di partenza la storica antologica del 1985 alla Kunsthaus di Zurigo, curata proprio da Szeemann, che includeva diciassette igloo, ovvero tutte le tipologie realizzate fino a quel momento. La personale dedicata al Maestro italiano è stata pensata come una naturale prosecuzione temporale e spaziale di quest’esperienza che voleva mimare un “paesaggio di igloo”, “un’opera composta da tanti igloo”. Per gli spazi dell’HangarBicocca, gli igloo presentati sono più di trenta: “È stata la mostra dove abbiamo avuto il maggior numero di prestiti da musei”, rivela il Direttore Artistico Vicente Todolí, che ha curato la mostra, in collaborazione con Fondazione Merz di Torino.

Durante un’intervista del 1985 realizzata in occasione dell’antologica di Zurigo, Szeemann definisce l’idea dei primi igloo come un “rovesciamento completo dell’arte”, riferendosi in particolare all’opera Acqua scivola (1969), presentata nella celebre When Attitudes Become Form alla Kunsthalle di Berna e presente anche all’HangarBicocca. Nella stessa intervista, Merz spiega inoltre come mai abbia a un certo punto deciso di non separare più gli igloo: “Ho avuto la sensazione che l’igloo fosse un canone musicale, un canone pittorico ma anche un canone fiseologico”, “è un ventre da cui possono nascere delle cose”. La presentazione degli igloo uno vicino all’altro appare invece a Szeemann come una “città irreale”.

Mario Merz Noi giriamo intorno alle case o le case girano intorno a noi?, 1977 (reconstruction 1985) Installation view at Pirelli HangarBicocca, Milan, 2018. Tate Courtesy Pirelli HangarBicocca, Milan Photo: Renato Ghiazza © Mario Merz, by SIAE 2018

Mario Merz Noi giriamo intorno alle case o le case girano intorno a noi?, 1977 (reconstruction 1985) Installation view at Pirelli HangarBicocca, Milan, 2018. Tate Courtesy Pirelli HangarBicocca, Milan Photo: Renato Ghiazza © Mario Merz, by SIAE 2018

Effettivamente, percorrendo lo spazio dell’Hangar, l’idea è proprio quella di essere avvolti dagli igloo in un tacito dialogo, in un percorso dinamico. Possiamo pensare a Igloo come a un’abitazione, una semisfera geometrica composta di più elementi che, posti uno vicino all’altro, diventano luogo. Igloo è un concetto che raccoglie e accoglie, nelle parole di Beatrice Merz “è un luogo di condivisione”.

Che cosa sono gli Igloo? Sono forme elementari, quasi “organiche”, concrete e insieme concettuali, in mostra ma inaccessibili al tempo stesso, che si muovono al limite tra tridimensionale e bidimensionale, sono “luoghi senza strada”, paesaggi naturali e strutture contemporanee. «L’igloo è dato dai contrasti, chiaro-scuro, dentro-fuori, materiale leggero e pesante. Sono le contraddizioni che l’uomo ha sulla terra, nella vita», diceva Merz.

In mostra è presente il primo igloo creato dall’artista, realizzato nel 1968 alla galleria Arco d’Alibert di Roma, intitolato in un secondo momento Igloo di Giap. Si tratta di una struttura in acciaio semisferica su cui si agganciano pani di argilla, una scritta al neon percorre tutta la superficie esterna e obbliga lo spettatore a girare intorno all’opera, restituendo nello spazio il suo significato concettuale: “Se il nemico si concentra perde terreno se si disperde perde forza Giap”. Ma è il 1968 l’anno decisivo, che segnerà per sempre la carriera dell’artista. Infatti, in parallelo alla sua produzione pittorica, scultorea e installativa, Merz svilupperà una ricerca costante sulla forma-oggetto-igloo, sperimentando continuamente e inglobando al suo interno tutti gli elementi che ricorrono nella poetica di Merz: tavoli, spirali, giornali, segni scritti, lance e persino ombrelli. È questo che vuole rappresentare, metaforicamente, il percorso espositivo: una traversata cronologica che ripercorre fedelmente lo sviluppo nel tempo degli igloo, e li accorpa nello spazio in nuclei.

Mario Merz La goccia d’acqua, 1987 Veduta dell’installazione, Pirelli HangarBicocca, Milano, 2018. Staatliche Museen zu Berlin, Nationalgalerie Courtesy Pirelli HangarBicocca, Milano Foto: Renato Ghiazza © Mario Merz, by SIAE 2018

Mario Merz La goccia d’acqua, 1987 Veduta dell’installazione, Pirelli HangarBicocca, Milano, 2018. Staatliche Museen zu Berlin, Nationalgalerie Courtesy Pirelli HangarBicocca, Milano Foto: Renato Ghiazza © Mario Merz, by SIAE 2018

Attraversando la navata dell’ex architettura industriale, quel che si osserva è una costellazione di forme dal forte impatto visivo che sembrano emergere dagli abissi di una personale visione d’artista ma che, pur essendo ermetiche, parlano di noi e del nostro mondo. La disposizione delle opere si sviluppa partendo dalle prime, concepite negli anni Sessanta, come il già citato Igloo di Giap (1968) e Acqua Scivola (1969), passando poi per gli anni Settanta, periodo in cui Merz introduce nel suo vocabolario formale il tavolo, elemento domestico e architettonico al tempo stesso, come dichiara anche il titolo dell’opera del 1974 Auf del Tisch, der hineinstösst in das Herz des Iglu (Sul tavolo che penetra nel cuore dell’igloo). Proseguendo nel percorso si giunge poi agli anni Ottanta, periodo in cui gli igloo si evolvono, compenetrandosi con la pittura, come accade nell’igloo del Castello di Rivoli Architettura fondata dal tempo, architettura sfondata dal tempo (1981) dove le estremità dei vetri sono dipinte e una grande tela raffigura un animale preistorico. Si finisce ai giorni nostri, con opere come Senza titolo (Foglie d’oro) del 1997, in cui Merz mette in atto una maggiore sperimentazione, giocando con materiali mai usati prima (cera, frammenti di foglia d’oro e foglie secche).

Come in una narrazione articolata, la mostra ha un prologo e una conclusione che dimostrano quanto la ricerca dell’artista sull’“immaginario igloo” sia stata visionaria e coerente nel tempo.

Si apre con La Goccia d’Acqua (1987), il più grande igloo per uno spazio interno mai realizzato da Merz, pensato in occasione della sua mostra personale al CAPC, musee d’art contemporain de Bordeaux e di dodici metri di diametro, e si chiude con Senza titolo. Doppio igloo di Porto (1998), un’opera che sintetizza la maggior parte degli elementi usati da Merz. Si tratta di un doppio igloo dove il primo rende inaccessibile il secondo, composto da fascine e sormontato da cervo impagliato, sul cui fianco è attaccato un numero di Fibonacci di neon, 10946, il più alto presentato all’interno dell’esposizione, che ne esalta la potenza espressiva.

Mario Merz, “Igloos”, veduta della mostra, Pirelli HangarBicocca, Milano, 2018. Courtesy Pirelli HangarBicocca, Milano Foto: Renato Ghiazza © Mario Merz, by SIAE 2018

Mario Merz, “Igloos”, veduta della mostra, Pirelli HangarBicocca, Milano, 2018. Courtesy Pirelli HangarBicocca, Milano Foto: Renato Ghiazza © Mario Merz, by SIAE 2018

I numeri di Fibonacci ricorrono spesso negli igloo di Merz e dagli anni Settanta diventano una costante nella poetica dell’artista. La sequenza nasce nel 1202 dal monaco Leonardo da Pisa, detto Fibonacci per il cognome del padre, e rappresenta il tentativo di dare un ordine matematico alla natura, i numeri rappresentano infatti l’energia vitale e la circolarità nel tempo degli elementi naturali.

Per questi motivi, la sequenza di Fibonacci diventa un leitmotiv anche dell’esposizione: lungo il carroponte delle Navate, a 100 metri di altezza, è posizionata una serie di numeri in neon. La sequenza del matematico pisano segue tutto il perimetro in ordine crescente e conferisce ritmo e unità all’architettura e allo spazio espositivo.

Visibile fino al 24 febbraio prossimo, la mostra in Pirelli HangarBicocca permette di cogliere l’unicità dell’immaginario dell’igloo, mostrandone al tempo stesso le molteplici sfaccettature: “è una bellissima passeggiata da fare in solitaria dove si possono raccogliere dei messaggi. Ognuno può raccogliere il messaggio che desidera perché c’è tanto: c’è tanto da vedere ma anche tanto da pensare”, conclude in conferenza stampa Vicente Todolí.

Mario Merz Igloo del Palacio de las Alhajas, 1982 Installation view at Pirelli HangarBicocca, Milano, 2018. Museo Nacional Centro de Arte Reina Sofía, Madrid Courtesy Pirelli HangarBicocca, Milan Photo: Renato Ghiazza © Mario Merz, by SIAE 2018

Mario Merz Igloo del Palacio de las Alhajas, 1982 Installation view at Pirelli HangarBicocca, Milano, 2018. Museo Nacional Centro de Arte Reina Sofía, Madrid Courtesy Pirelli HangarBicocca, Milan Photo: Renato Ghiazza © Mario Merz, by SIAE 2018

Mario Merz, “Igloos”, veduta della mostra, Pirelli HangarBicocca, Milano, 2018. Courtesy Pirelli HangarBicocca, Milano Foto: Renato Ghiazza © Mario Merz, by SIAE 2018

Mario Merz, “Igloos”, veduta della mostra, Pirelli HangarBicocca, Milano, 2018. Courtesy Pirelli HangarBicocca, Milano Foto: Renato Ghiazza © Mario Merz, by SIAE 2018

Mario Merz Igloo del Palacio de las Alhajas, 1982 Installation view at Pirelli HangarBicocca, Milano, 2018. Museo Nacional Centro de Arte Reina Sofía, Madrid Courtesy Pirelli HangarBicocca, Milan Photo: Renato Ghiazza © Mario Merz, by SIAE 2018

Mario Merz Igloo del Palacio de las Alhajas, 1982 Installation view at Pirelli HangarBicocca, Milano, 2018. Museo Nacional Centro de Arte Reina Sofía, Madrid Courtesy Pirelli HangarBicocca, Milan Photo: Renato Ghiazza © Mario Merz, by SIAE 2018

Mario Merz Igloo del Palacio de las Alhajas, 1982 Installation view at Pirelli HangarBicocca, Milano, 2018. Museo Nacional Centro de Arte Reina Sofía, Madrid Courtesy Pirelli HangarBicocca, Milan Photo: Renato Ghiazza © Mario Merz, by SIAE 2018

Mario Merz Igloo del Palacio de las Alhajas, 1982 Installation view at Pirelli HangarBicocca, Milano, 2018. Museo Nacional Centro de Arte Reina Sofía, Madrid Courtesy Pirelli HangarBicocca, Milan Photo: Renato Ghiazza © Mario Merz, by SIAE 2018

Mario Merz Igloo del Palacio de las Alhajas, 1982 Installation view at Pirelli HangarBicocca, Milano, 2018. Museo Nacional Centro de Arte Reina Sofía, Madrid Courtesy Pirelli HangarBicocca, Milan Photo: Renato Ghiazza © Mario Merz, by SIAE 2018

Mario Merz Igloo del Palacio de las Alhajas, 1982 Installation view at Pirelli HangarBicocca, Milano, 2018. Museo Nacional Centro de Arte Reina Sofía, Madrid Courtesy Pirelli HangarBicocca, Milan Photo: Renato Ghiazza © Mario Merz, by SIAE 2018

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