LING // Mario Airò

10 Dicembre 2011
 
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Per la sua personale alla galleria S.a.l.e.s di Roma, LING, Mario Airò ha deciso di esporre una serie di opere che hanno come base la carta e come referente il disegno. Nel lungo testo scritto dallo stesso artistia in mostra, si evincono i temi dentro ai quali Airò ha spaziato: da un ideogramma cinese trovato in un Canto di Ezra Pound al concetto di sensibilità, dall’idea di Cosmo al Buddismo Zen, dal un verso di Friedrich Hölderlin all’ambiguità della traduzione tra lingue diverse, dall’ ‘essere’ al ‘vuoto’. Tanti, troppi forse i concetti che caricano una mostra che, di per sè lascia già intuire dei temi profondissimi come, appunto la sensibilità. 
Protagonista la carta, ma non come supporto o veicolo, ma come fine per rivelare la sua natura duttile e flessibile. Airò la fora –  come nel caso del libro di David Foster Wallace (Infinite Jest) dove un grosso e perfetto buco mostra una pillola al centro – o la usa per un frottage/grattage (di ernstiana memoria) appogginado un foglio di carta su una roccia e tracciandone le asperità con della graffite. Due sorta di paraventi aprono e chiudono la mostra. Due grandi parentesi su cui l’artista nasconde un ideogramma (il cui significato, da quanto ho capito, sfiora un concetto come ‘sensibilità’) e una frase: L’aperto giorno riluce per l’uomo di immagini… Riluce il giorno aperto agli uomini d’immagini… L’aperto giorno agli uomini riluce con immagini. Traduzione (indecidibile e scivolosa) del verso di Hölderlin. 
Altro concetto affrontato, Vuoto Cavo espresso con un grande foglio di carta spessa piegato a metà come fosse un libro di sole due pagine, su cui l’artista ha impresso appunto Vuoto e Cavo. Airò rivela che in questi due concetti, tanti anni prima, aveva trovato una possibile trascrizione dell’idea di Cosmos…. 
Difficile dare una sintesi di questa mostra così carica e, ripeto, densa di concetti e speculazioni così profonde.  La semplicità, bestia nera e mito di ogni artista, in questo caso lascia troppo spazio all’ambizione di voler dire troppe cose tutte assieme. 

Resta l’indubbia la bravura di un artista come Mario Airò che tanto ha insegnato e insegna.  

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