
Era il 1986 quando Laurie Anderson – artista d’avanguardia, musicista, performer – cantava Language is a virus, in una performance/videoclip omaggio allo scrittore William Burroughs. Oggi, LANGUAGE IS A VIRUS è il titolo della mostra en plein air curata da Adriana Rispoli e commissionata dall’Istituto Italiano di Cultura di Stoccolma.
Francesca Grilli, Loredana Longo, Marzia Migliora, Rosy Rox e Marinella Senatore sono le 5 artiste italiane invitate a partecipare: dal 25 maggio al 14 giugno 2020 i manifesti pubblicitari nelle strade della capitale svedese diventano il mezzo attraverso il quale le artiste veicolano messaggi, in relazione alla propria poetica e pratica artistica.
Alla fine degli anni Sessanta, i teorici di Palo Alto affermano che è impossibile non comunicare. Nello stesso periodo, l’arte concettuale adotta il linguaggio come strumento di sperimentazione, riflessione e libertà. Tuttavia, il linguaggio nasconde un lato oscuro che Laurie Anderson cercava di svelare e che oggi più che mai è diventato virale, grazie all’evoluzione tecnologica e alla nascita dei social network.
Durante il lockdown, confinati e chiusi in casa, bombardamento mediatico e fake news hanno rappresentato una sorta di pericolo, trasformandosi esse stesse in un virus. LANGUAGE IS A VIRUS, in controtendenza rispetto a molte iniziative culturali che si sono sviluppate nello spazio virtuale del web, si diffonde nello spazio reale della città. Il manifesto, a differenza dei social network in cui il fruitore è allo stesso tempo produttore, presuppone una relazione aperta con il pubblico – fruitore e consumatore – al di fuori del white cube. Pubblico e privato, ambiente domestico e spazio urbano si intrecciano nello spazio libero dell’arte.

“Can you transform the invisible into the visible?” è la domanda che una delle piccole protagoniste pone a Francesca Grilli in occasione della performance Sparks, che riflette il rapporto di potere tra infanzia ed età adulta attraverso la chiromanzia. Posta sui dispositivi pubblicitari di Stoccolma, la frase diviene un messaggio di speranza e di riflessione per il futuro. Specchio dei sentimenti d’incertezza è anche l’assioma Happy Days S.B. di Marzia Migliora, parte dell’installazione Lo spettro di Malthus, la gabbia. Citando Samuel Beckett, la frase viene incisa su di un blocco di sale usato come alimento per cavalli. Una volta che i cavalli hanno consumato il sale, anche la frase scompare.
Il manifesto pubblicitario, di cui i passanti diventano fruitori e spettatori (inizialmente) inconsapevoli, ha sempre parlato di donne e alle donne. Servendosi di seducenti corpi femminili, oggetto degli sguardi attenti degli uomini, o veicolando stereotipi sulla donna, rappresentata come una casalinga felice dopo l’acquisto dell’ultimo modello di aspirapolvere, come cuoca o madre. Riscoprendo oggi le nostre abitazioni, le artiste vanno alla ricerca della libertà e della possibilità di rivalsa da ambienti familiari e lavorativi conservatori e patriarcali.

La citazione The Hope still Lives and the Dream shall never die scelta da Loredana Longo viene incisa col fuoco su tappeti orientali: se il tappeto è il simbolo della dimensione domestica, privata e femminile, le frasi appartengono a una dimensione collettiva, di massa e maschile. Vengono infatti estrapolate da celebri discorsi populisti di politici occidentali, tracciando un legame tra Est ed Ovest. Stay Wake è l’invito di Marinella Senatore a resistere: inglobando parole e immagini, raccolte durante una serie di workshop partecipativi, la silhouette di una danzatrice combattente emerge per affermare sé stessa. FRAGILE è invece la parola scelta dalla performer Rosy Rox per testimoniare la condizione della donna e dell’artista, bloccata in casa e lontana dal rapporto diretto con il pubblico di cui la sua arte si nutre. AGILE è la sua protesta, che si serve di un linguaggio del corpo volutamente conturbante.
LANGUAGE IS A VIRUS mette in scena quelli che sono i paradossi e le ambivalenze del nostro tempo. A partire dalla riflessione sul linguaggio, come strumento di comunicazione e liberazione ma allo stesso tempo di disinformazione e incomprensione: le stesse frasi e parole che le artiste scelgono riflettono le gioie e le paure di un periodo nuovo, in continuo mutamento. La scelta del manifesto influenza la percezione del messaggio nel pubblico: riprendendo McLuhan, il manifesto è un medium freddo, ad alta partecipazione. Sparsi per le strade di Stoccolma, i manifesti e le parole scritte mutano nel loro significato a seconda dello sguardo del fruitore. Lo sguardo, anche ignaro del pubblico, cambia l’opera, diviene esso stesso opera. La voce delle artiste italiane diviene finalmente libertà, nonostante la limitazione negli spostamenti. La donna si libera, libera di essere ciò che vuole, ripartendo dall’ambiente domestico per diffondersi tra le strade della capitale.

