Andrea Kvas, BLAC ILID | Fondazione SmART – polo per l’arte, Roma

Finalmente, una mostra di quadri ha aperto a Roma, presso lo spazio di Fondazione SmART – polo per l’arte ed è la prima personale in città di Andrea Kvas, dal titolo BLAC ILID, con la curatela di Davide Ferri.
24 Ottobre 2020
Andrea Kvas, BLAC ILID – Installation view – Fondazione SmART – polo per l’arte, Roma
Andrea Kvas, Senza Titolo, dettaglio, 2020, tecnica mista su cotone grezzo, 104x94x3 cm

Quando ci si appresta a parlare di pittura, accade talvolta che si assuma un atteggiamento di modesta indisposizione, probabilmente determinato da una consuetudine, ormai diventata prassi, a considerare il dipinto come il figlio di un’epoca lontana e legandolo a concetti perlopiù desueti. Finalmente, una mostra di quadri ha aperto invece a Roma, presso lo spazio di Fondazione SmART – polo per l’arte ed è la prima personale in città di Andrea Kvas, dal titolo BLAC ILID, con la curatela di Davide Ferri.
La mostra accoglie chi entra negli spazi di SmART con una punteggiatura armonica di lavori che spaziano dal grande formato [Senza titolo (BLAC ILID), 2020, cm 180 x 180) al medio [Senza titolo (BLAC ILID), 2015, cm 80 x 60] assumendo una cromia “leggera”, irreale, con interessanti forzature di colore che accentuano i toni decisi dei rossi e del blu; in alto, accanto alla porta di ingresso alle sale, quasi in posizione defilata, un piccolo dipinto reca impressa la scritta “BLAC ILID” presentandosi quasi alla stregua dell’insegna di un bar posta ad accogliere gli avventori. A partire dalla formalizzazione del font con cui è impressa sulla tela di cotone la scritta BLAC ILID – da cui proviene il titolo della mostra – Kvas sembra ricorrere a una forma di scrittura automatica con cui sceglie di dare il proprio imprimatur alle dueparole incomprensibili che risuoneranno lungo tutto il percorso espositivo, due fonemi che si riverberano nella composizione a ricordo del gesto compiuto nell’attimo esatto in cui sono state trascritte.
A cosa serve saperne il significato? Esse hanno la familiarità delle parole conosciute, ma sono precluse  al senso comune.

Tutte le opere presentate sono state realizzate tra il 2019 e il 2020, ad eccezione di una tela del 2015 [Senza Titolo (BLAC ILID), cm 80 x 60] collocata nella parete parallela alla porta d’ingresso della prima sala: increspature sovrapposte di bianco e color rame che lasciano intravedere qualche lettera, continuità assoluta dello sguardo, assenza di cornice e, dunque, di margine. A partire da questo lavoro, risulta ben presto evidente che la mostra sancisca un momento decisivo nel percorso di sperimentazione condotto da Kvas, arrivando a una sintesi delle sue precedenti esperienze, per rimescolare le carte in tavola e racchiudere in modo puntuale una ricerca che l’artista persegue ormai da diversi anni.
Ponendosi in continuità con la precedente personale intitolata Coppiette, inaugurata lo scorso gennaio presso lo spazio Gelateria Sogni di Ghiaccio a Bologna, BLAC ILID presenta un corpus di lavori, tutti pittorici, in cui Kvas arriva a una sintesi estrema della sua ricercata scomposizione dei linguaggi del pittorico e della pittura.

Andrea Kvas, BLAC ILID – Installation view – Fondazione SmART – polo per l’arte, Roma
Andrea Kvas, Senza Titolo (BLAC ILID),dettaglio, 2020, tecnica mista su cotone grezzo,180x180x2,5 cm
Andrea Kvas, BLAC ILID – Installation view – Fondazione SmART – polo per l’arte, Roma

Servendosi di materiali industriali e da decoratore tra i più disparati – colori acrilici, idropitture, smalti, resine, solfato di rame, gommalacca – l’artista sperimenta di volta in volta i materiali, rinnovando costantemente il proprio interesse verso la forzatura delle potenzialità di questi stessi e ricercando una qualità sintetica nell’evoluzione vibrabile dei materiali in trasformazione.

Approfondire e testare i limiti della pittura ha significato per Kvas indagare con attenzione maniacale e curiosità costante tutti gli elementi costitutivi che, in unità inscindibile, rendono riconoscibile ciò che per definizione riteniamo essere un quadro: il supporto, il telaio, il colore, le potenzialità del colore e la materia, sono non soltanto degli strumenti per ottenere una finalizzazione, ma vengono declinati da Kvas come elementi linguistici specifici, presi in esame singolarmente per poi essere ricomposti nella unità rappresentata dal quadro.
Il supporto sembra diventare un campo di forza al di sopra del quale i conglomerati di materia interagiscono tra di loro dando vita a un vero e proprio palinsesto. Il colore è più fluido e abbraccia una composizione rigorosa tanto quanto disarticolata; le opere sembrano vivere di questa doppia contraddizione: una composizione caotica – perchè in trasformazione, quasi data in potenza – e una ricercata riarticolazione del caos attraverso il controllo della materia e dei processi.
Molto si è detto sulla modalità di dipingere dell’artista, che parte da una formalizzazione del quadro lavorando la tela da terra, in orizzontale, per poi reintelaiare il tutto; lungi dall’assimilazione a qualsiasi estetica retroattiva di stampo espressionista gestuale, quella di Kvas è una pratica che appunto studia la pittura, e per farlo, elimina ogni elemento che possa rimandare a un intento mimetico: la famosa finestra albertiana. Dipingere la tela in orizzontale, guardarla da un’altra prospettiva, consente di attuare una gestualità che è legata all’interesse verso i materiali impiegati, è sì un corpo a corpo, ma non ha nulla di nostalgico nei confronti di ben note storie della pittura del Novecento. Dipingere in orizzontale è forse il modo più diretto per esprimere una prossimità con la materia, per controllare i processi che si verificano durante le diverse fasi di asciugatura degli impasti.
É così che ciascun lavoro viene considerato da Kvas come dotato di una sua propria autonomia, coesistente all’artista, o meglio, che dall’artista si affranca per coesistere nello spazio che tutti noi co-abitiamo. È da un’osservazione partecipata che è possibile soffermarsi e indugiare sulle superfici, cogliendone gli aspetti cangianti e riconoscendo a ciascun lavoro un carattere mai identico a sè stesso, sempre mutevole, così come mutevole è l’occhio di chi lo percepisce. Non vi sono nè un margine nè una cornice a circoscrivere lo sguardo,  c’è invece un continuum pittorico che si mostra in tutta la sua evidenza.

Andrea Kvas, Senza Titolo, 2020, tecnica mista su cotone grezzo, 107x98x3 cm
Andrea Kvas, BLAC ILID – Installation view – Fondazione SmART – polo per l’arte, Roma
Andrea Kvas, Senza Titolo (BLAC ILID), dettaglio, 2020, tecnica mista su cotone grezzo, 180x170x3 cm
Andrea Kvas, Senza Titolo, 2020, dettaglio, tecnica mista su cotone grezzo, 128x132x3 cm
Andrea Kvas, Senza Titolo, 2019, tecnica mista su cotone grezzo, 116x124x3 cm
Andrea Kvas, Senza Titolo, 2020, dettaglio, tecnica mista su cotone grezzo, 128x92x3 cm
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