Kontrollierte Kraft ♦ Simone Berti

2 Marzo 2011

Il Carrellino
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Il Mobile
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Simone Berti
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4 men in black e Simone Berti i protagonisti delle performance Kontrollierte Kraft ospitate nello spazio O’ di via Patrengo 12. La prima volta che ho visto Simone mettersi alla prova con il linguaggio della performance risale a 10 anni: al Link di Bologna e nel progetto curato da Luca Cerizza a Scandicci (Firenze). Ricordo che anche allora questa azione, carica di tensione e imprevedibilità, mi era piaciuta. Anche in via Pastrengo, Simone non delude le miei aspettative. Vediamo quattro uomini serissimi, vestiti in giacca e cravatta, impegnati nella distruzione di altrettanti oggetti: un tavolo, un carrellino, un mobile e un mobiletto. Ogni azione era seguita da una ragazza che leggeva la descrizione dei vari atti. La ‘forza controllata’ a cui fa riferimento il titolo, induce a pensare che ogni atto fosse controllato, studiato alla perfezione. Invece, cadute, scivolamenti, tensioni, rotture, alzavano il tasso di incontrollabilità di ogni azione.
Com’è nata questa perfomance?
Nasce moltissimo tempo fa. Avevo scritto una breve sceneggiatura per un corto (che per varie questioni non è mai stato realizzato), in cui 4 persone, appartenenti ad una piccola setta, discutevano di distruggere dei mobili. Le loro conversazione pseudo scientifiche e filosofiche vertevano sulla necessità di distruggere. Lettore dilettante, mi infarcivo di compendi di filosofia… cercavo. Non so esattamente cosa cercavo, ma mi interessava mettere in scena questi atti di annichilimento.
Filosofia?
Hume… bignami, riassunti, compendi. Letture spassionate…
E dunque?
Alla fine tutto si è tradotto in questa performance: metto in atto delle azione in cui una ‘setta’ compie atti distruttivi.
Perchè distruggere dei mobili? Un gioco o un puro atto autolesionista?
Penso che ogni bambino abbia distrutto uno dei suoi giocattoli preferiti. A volte godiamo nel distruggere qualcosa a cui teniamo. A volte siamo tutti un po’ masochisti: godiamo nel distruggere per il puro piacere di farlo. C’è un base psicologica in questi atti che ho messo in scena. Anche nei rapporti umani è altissima la probabilità di cercare persone che ci fanno soffrire.
Ricordo che mi raccontavi di una poltrona in cui, per anni, non ti sei seduto.
In una mostra collettiva del ’94 in viafarini, We are moving, ho portato una poltrona (forse Luigi XV). Sopra a questa poltrona avevo messo una fotocopia, a grandezza naturale, di un crocifisso di Giunta Pisano. Dopo la mostra, mi sono portato a casa la poltrona e, non essendomici mai seduto, ho continuato a non sedermi. Era come una specie di … una piccola violenza che mi infliggevo. Per 5 anni non mi sono seduto…
Sei strano…
Considero questa scelta come quella che muove un bambino a distruggere il proprio giocatto preferito. Il meccanismo psicologico è lo stesso. E’ come ricevere un regalo e non aprirlo. C’entra il mistero, penso. Apri un pacco, sveli cosa c’è dentro… e il piacere finisce, non c’è magia.
Stiamo divagando. Torniamo ai tuoi esperimenti ‘di forza’.
Ricordo che 10 anni fa, la mia intenzione era di sintetizzare il progetto per il corto con una performance che avesse un tono da ‘documentario’. Una persona leggeva la descrizione dei vari atti e poi questi venivano tradotti in azioni. Come risultato abbiamo 4 esperimenti, spesso fallimentari, in cui si tenta di distruggere gli oggetti. Ho scelto di vestire i performers in giacca e cravatta, perchè volevo dare l’impressione che fossero in ‘divisa’.

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