Intervista con Stefano Raimondi sul “corpo insensato” e altre questioni…

"Similmente a quella che è la terza legge della dinamica, il corpo è continuamente modellato da forze sociali e contemporaneamente è capace di restituire questa energia incidendo sulla società stessa. Il corpo è, ancora, il principale agente d’azione che abbiamo."
8 Novembre 2019
Andres Serrano AIDS Related Death, 1992 Cibachrome photography 125,7 x 152, 4 cm Courtesy Private Collection, Bergamo. Photo Credit Roberto Marossi

La sontuosa cornice della Sala delle Capriate di Palazzo della Ragione a Bergamo, ospita la mostra Il  Corpo Insensato dal 15 novembre al 6 gennaio 2020. La collettiva, a cura di Stefano Raimondi, fa parte dell’ampio programma di ArtDate 2019, il festival dell’arte contemporanea organizzato da The Blank.
Il tema è tra i più difficili: il corpo in relazione alla società, alle sue idiosincrasie e velleità. Fotografa, strapazzato, potenziato: è dagli anno ’80 che il corpo, smessa la ripresa post bellica (gli ci sono voluti i decenni della liberazione sessuale, i tempi nefasti dell’AIDS e gli imbelletta menti degli anni ’80) per tornare come cartina di tornasole per i decenni del XIX secolo. Già dagli anni ’90, se non erro, ai tempi della bellissima rivista VIRUS (antesignana di molto letteratura sul corpo-sesso odierna), il corpo era un campo di battaglia per capire, gestire, affermare cosa  vibra sotto pelle. Con questa mostra concepisce il corpo, e la sua rappresentazione e sublimazione attraverso l’arte, come il “principale agente d’azione che abbiamo”. Il curatore, nell’intervista che segue, entra nel merito di alcune questioni legate alla mostra, e, sotto nostro stimolo, ci racconta alcuni aspetti delle tematiche che percorrono il festival ArtDate, che si svolge  a Bergamo nelle giornate dal 14 al 17 Novembre 2019.
Artisti in mostra: Vanessa Beecroft, Mariella Bettineschi, Joseph Beuys, Maurizio Cattelan, Elmgreen & Dragset, Hans-Peter Feldmann, Regina José Galindo, Oscar Giaconia, Gilbert & George, Mimmo Jodice, Anish Kapoor, William Kentridge, Barbara Kruger, Eva Marisaldi, Jonathan Monk, Hermann Nitsch, Paul McCarthy, Takashi Murakami, Andres Serrano, Cindy Sherman, Thomas Schütte, Bill Viola, Sislej Xhafa.

Segue l’intervista con Stefano Raimondi —

Elena Bordignon: Dal testo che hai scritto in occasione della mostra, emerge la difficoltà di far luce sul labirintico tema legato al corpo, filtrato attraverso delle opere che lo restituiscono come “oggettivizzato, devitalizzato, dislocato, politicizzato, osteggiato, inutilizzato, sottratto, riconfigurato, mascherato e riprodotto.”
Nelle tue riflessioni, come racconteresti la messa in discussione, attraverso il corpo, della società stessa, nelle sue infinite sfumature e diramazioni? Quali opere in mostra citeresti per esemplificare questa revisione?

Stefano Raimondi: SPOILER: Pur contenendo queste tematiche, non è una mostra sul corpo digitale, sul super corpo, sull’identità o sul genere. Alla fine muore e si moltiplica. Penso che un approccio interessante, applicabile al corpo, alla società, ma anche alle opere della mostra e all’arte stessa sia il principio di azione e reazione. Similmente a quella che è la terza legge della dinamica, il corpo è continuamente modellato da forze sociali e contemporaneamente è capace di restituire questa energia incidendo sulla società stessa. Il corpo è, ancora, il principale agente d’azione che abbiamo. La relazione tra corpo e società quindi è bilaterale ma in realtà è potenzialmente infinita, perché corpo e società sono solo due elementi di una moltitudine complessa che seppur intricata non definirei labirintica in quanto non ha centro e ha una vastità di punti di contatto e di forza.  Per restituire questa dinamica di relazioni e azioni che generano pensieri, forme e controforme, a livello espositivo mi è sembrato necessario cercare opere e ricerche molto diverse tra loro – è evidente che Murakami, Galindo, gli affreschi del Bramante o i dipinti di Allori rappresentino traiettorie diverse – ma capaci, come le sfere di un pendolo di Newton, di far passare da un capo all’altro l’energia. Per questo, sebbene i singoli lavori siano espressione di un’identità precisa, penso che sia più interessante muoversi nello spazio espositivo come vettore piuttosto che come osservatore.

Eva Marisaldi Welcome, 2018 Poles, gymnastic tapes, three motors 230 x 550 x 150 cm Courtesy the artist and Galleria Massimo Minini. Photo Credit Nico Covre, Vulcano.
Anish Kapoor Heavenly Body, 2016 Silicone, fibreglass and gauze 90 x 245 x 65 cm Courtesy the artist and Galleria Massimo Minini. Photo Credit Andrea Gilberti & Alberto Petrò.

EB: Nella mostra Il Corpo Insensato, hai raggruppato tanti artisti, eterogenei e molto lontani come rispettive ricerche. Quale filo rosso possiamo tracciare tra le diverse opere? Su quali tematiche si sono concentrati gli artisti per la messa in discussione di una visione univoca del corpo?

SR: All’interno della dimensione sconfinata che abbiamo descritto risultava per me dannoso oltre che impossibile pensare a una mostra coerente, scientifica, sensata. I miei interessi in questo progetto sono di tutt’altra natura: spostamento, accelerazione, forza, intensità, direzione e verso. Mi interessano i binari e i deragliamenti. Il Corpo Insensato, privo di senso e di sensi, vive in questa dimensione, reagendo già dal titolo all’edificio che lo ospita, ossia Palazzo della Ragione. Le opere hanno in sé tematiche molto diverse tra loro, dall’uso politico a quello propagandistico e sacro del corpo, corpo come maschera, meccanico e invisibile, corpo statuario e sfregiato, corpo non più singolare ma plurale.

EB: La mostra si inserisce nell’ampio programma di ArtDate, il festival di arte contemporanea. Giunto alla sua nona edizione, ArtDate presenta ogni anno delle particolarità, sia nel programma delle iniziative, che come tematiche affrontate. Quali sono le particolarità di questa edizione?

SR: Per la prima volta il Festival si tiene a novembre e non più a maggio. Questa scelta permette di strutturare nella città di Bergamo una programmazione di eventi culturali che per la loro rilevanza costituiscono delle tappe rilevanti di un palinsesto dispiegato lungo tutto l’anno. Tra le particolarità voglio sottolineare che ArtDate è stato riconosciuto come Festival Green all’interno di un più ampio progetto della Comunità Europea per gli standard di sostenibilità degli eventi culturali. A livello di attività vere e proprie voglio sottolineare il progetto LISten voluto da The Blank per permettere l’accessibilità del patrimonio artistico alle persone sorde a cui partecipano realtà come la TATE, il MAMbo, il Castello di Rivoli.
In ottica di accoglienza, condivisione e conoscenza del territorio abbiamo pensato a delle visite rivolte esclusivamente agli studenti ERASMUS, oltre che laboratori gratuiti per bambini. Una navetta gratuita, come tutti i progetti e i servizi del festival, porterà i visitatori in sei importanti studi d’artista. Tutto questo si inserisce all’interno della struttura portante del festival: mostre, performance e talk.

Vanessa Beecroft vb62.018.nt, Chiesa dello Spasimo, Palermo, 2008 Digital C print 178 x 226 x 5 cm Courtesy Galleria Massimo Minini. Photo Credit Andrea Gilberti & Alberto Petrò
Maurizio Cattelan Charlie don’t surf, 1997 Hand in latex, pencil 28 x 9 x 12 cm Courtesy Private Collection, Bergamo. Photo Credit Roberto Marossi.

EB: “Il tema attorno cui si sviluppa il Festival è legato all’importanza dell’attività e dell’autonomia del singolo operante all’interno di un sistema che lo sostiene e ne valorizza l’unicità, un’analisi sulla cooperazione nel rispetto della contestuale indipendenza.” Mi sembrano belle parole che, senza dubbio, per essere fondate devono avere un riscontro concreto. In una visione pragmatica, cosa emerge dalle varie iniziative del festival? Quale messaggio, al sistema-arte, vorreste diffondere?

SR: La frase a cui fai riferimento riassume esattamente quello che è ArtDate; una realtà che in nove anni ha saputo superare le perplessità e crescere, armonizzando, rispettando e valorizzando le caratteristiche uniche di persone, spazi e istituzioni molto diverse tra loro come possono esserlo musei, gallerie, dimore storiche, project space, aziende, direttori, curatori, galleristi, artisti e collezionisti. Il fatto che il Festival non solo coinvolga ma sia ideato insieme a tutte queste realtà ben rappresenta l’Essere Parte, così si chiama questa edizione, che concorre alla formazione di un corpo vitale e completo. Locale, nazionale e internazionale, sia a livello di proposta artistica che di identità e posizionamento del Festival stesso.

EB: C’è un appuntamento che ha destato, dalla sua resa pubblica, un po’ di perplessità: Fight Club, un talk sulla critica d’arte contemporanea e sulle nuove forme di comunicazione. Quanto ritieni utile e importante parlare di critica d’arte? Al di là che “il medium è il messaggio”, non trovi che l’uso e abuso delle nuove forme di comunicazioni danneggi, per molti versi l’arte?

SR: Sinceramente non sapevo avesse destato perplessità! Spero non sia perché è fatto sul ring di una palestra, a me sembra molto pittoresco e non vedo l’ora, lo preferisco di gran lunga a una discussione frontale in una sala convegni o in un’aula magna universitaria. Credo comunque che essendo un talk andrebbe prima ascoltato e poi discusso, altrimenti si entra nel campo del pregiudizio e questa sì che è pratica comune e dannosa. Di arte si parla troppo spesso in modo preoccupatamene standardizzato, per questo alcune forme di comunicazione, in particolar modo quelle legate a internet e ai social network hanno portato nuove possibilità linguistiche e comunicative che hanno sicuramente un loro potenziale, esattamente come altri medium che l’arte sta esplorando come quello dei videogiochi o della realtà virtuale.

Paul McCarthy Peter’s Patrick Pecker Leg, 1993 Tecnica mista Mixed media 106,7 x 45, 7 x 45,7 cm Courtesy Collezione La Gaia, Busca – Italy. Photo Credit © the artist. Credits: Maurizio Elia & Matteo Borzone.
Cindy Sherman Untitled #128, 1983 Color photography 91,5 x 58,5 cm Courtesy Private Collection, Bergamo. Photo Credit Roberto Marossi.
Thomas Schütte Untitled (figure), 1995 Plastic (PVC) 40 x 30 x 18 cm Courtesy Private collection – Bergamo.
Elmgreen & Dragset Birthday, 2002 Wheelchair, helium balloon, nylon thread 80 x 90 x 120 cm Courtesy Private Collection, Bergamo. Photo Credit Roberto Marossi.
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