Ancora per pochi giorni è possibile visitare – negli spazi Cardelli e Fontana – Opificio Vaccari – l’opera sonora Quiet Before the Storm di Matteo Marangoni. L’artista ha potuto realizzare l’opera grazie alla residenza d’artista offerta dalla Cardelli e Fontana all’interno del concorso internazionale Sonic Arts Award. Marangoni ha realizzato una nuova versione dell’opera sonora appositamente progettata per gli spazi industriali delle Ex Ceramiche Vaccari. In Quiet Before the Storm un’orchestra di elastici tesi su croci di legno rotanti e’ impiegata per creare un’esperienza rituale nel quale vibrazioni udibili e infrasuoni si diffondono nello spazio attorno all’osservatore. L’installazione rimarrà visibile, su appuntamento, fino al 6 settembre 2015.
CS Matteo Marangoni — Quiet Before the Storm
Segue l’intervista con l’artista.
ATP: Inizierei dal titolo della coinvolgente installazione che presenti negli spazi Cardelli e Fontana – Opificio Vaccari, “Quiet Before the Storm”. Il titolo cita il componimento poetico di Giacomo Leopardi – La quiete dopo la tempesta – ma non solo, anche il concetto ben descritto da Dostoyevsky ne ‘L’Idiota” in merito al sentimenti di rivelazione spirituale annunciante una crisi epilettica. In definitiva, perché hai scelto questo titolo?
Matteo Marangoni: Il riferimento a Leopardi é del tutto casuale. Il titolo si riferisce piuttosto ad uno studio dell’antropologo statunitense Donald Tuzin che partendo dall’osservazione sul campo del Culto del Rombo in Papua Nuova Guinea cerca di inquadrare il ruolo del suono all’interno di esperienze rituali nelle quali si rivela la presenza del divino. Uno degli aspetti su cui si concentra lo studio di Tuzin é il fenomeno percettivo che lui stesso definisce “quiete prima della tempesta”, ovvero quel presentimento istintivo di pericolo che allerta il nostro sistema nervoso quando viene stimolato da frequenze gravi che cognitivamente non siamo facilmente in grado di localizzare. Notevole é il fatto che prima che questi fenomeni fossero studiati scientificamente, Dostoyevsky ne “L’Idiota” descriveva l’aura che preannuncia una crisi epilettica come ‘un presagio di un temporale in lontananza’ e allo stesso tempo come un momento di eccezionale chiarezza spirituale per cui “varrebbe la pena dare la propria vita intera”.
ATP: Lo spazio ex Ceramiche Vaccari, dove hai installato “Quiet Before the Storm”, è molto suggestivo. Quanto e come ti ha influenzato questo luogo nella gestazione del lavoro?
MM: Lo spazio in cui mi trovo ad intervenire ha sempre un’influenza determinante sul mio lavoro. Durante il sopralluogo all’Opificio Vaccari uno degli spazzi che mi aveva maggiormente interessato era lo spazio così detto “Agorà”. Si tratta di un’ambiente di circa 2000 m2 diviso in 4 campate coperte a capanna. Da una parte mi attraeva il potenziale di questo grande volume vuoto come cassa di risonanza. Immaginavo la fabbrica che torna ad animarsi di macchinari, questa volta inutili. Il ritmo dei pilastri di cemento che reggono il tetto ha funzionato come punto di partenza. Ho tracciato il disegno del progetto con l’intenzione di abbracciare lo spazio nella sua interezza. (allego immagine del progetto originale). Nella realizzazione finale il numero delle pale per ragioni pratiche é stato leggermente ridotto, ma l’effetto in sostanza é rimasto inalterato.

Matteo Marangoni, Quiet Before the Storm, Cardelli e Fontana – Opificio Vaccari, Sarzana 2015 – Installation view
ATP: Nella descrizione dell’opera si fa riferimento alla creazione di un’ “esperienza rituale”. Quale aspetto dell’opera è definibile o accostabile all’esperienza di un rito?
MM: Le pale rotanti che adopero sono una semplice variazione del rombo impiegato nel culto studiato da Tuzin a cui mi riferivo prima. Il movimento circolare e ripetitivo ha un’effetto certamente ipnotico. Quello che mi interessa però é soprattutto il modo in cui un fenomeno, di per se relativamente semplice quando inserito all’interno di una sfera rituale ed estetica, diventa vettore di trascendenza. Tuzin racconta che gli iniziati al culto del rombo, anche dopo che il mistero del rombo gli é stato rivelato, continuino ad attribuire ad una divinità l’origine del suono che sono loro stessi a produrre adoperando lo strumento.
ATP: Mi racconta qual’è l’esperienza preistorica per la produzione di suoni, da cui l’opera discende?
MM: Il rombo é uno degli artefatti più antichi creati dall’uomo specificamente per la produzione di suoni. Si tratta di solito di un piccolo oggetto, spesso a forma ovale o appunto di rombo, che viene attaccato ad una corda e fatto roteare nell’aria. Si trova documentato in culture diverse in tutto il modo sin da tempi preistorici. Uno dei motivi per cui mi sono interessato a questo oggetto è il fatto che a differenza della maggior parte degli strumenti musicali, il rombo non possiede una cassa di risonanza propria, per cui lo spazio in cui viene suonato diventa in effetti la cassa di risonanza primaria dello strumento. Questo significa che nel momento in cui il rombo é suonato in uno spazio al chiuso in pratica noi ci veniamo a trovare all’interno dello strumento stesso. Questa idea di includere l’ascoltatore dentro lo strumento é centrale nella mia ricerca.
ATP: In merito all’impossibilitò di registrare o misurare la materia sonora, cosa ti attrae di questo aspetto sfuggente?
MM: Mi concentro su esperienze necessariamente limitate nel tempo e nello spazio che coinvolgono i partecipanti in maniera diretta e fisica attraverso la totalità dei sensi. In questo lavoro il suono che le pale producono é percepito tanto dal corpo, in maniera tattile, quanto attraverso l’udito. Questo aspetto non può essere catturato dalle nostre tecnologie per la registrazione e riproduzione del suono. Inoltre i visitatori del lavoro sono costretti a rimanere all’erta mentre si muovono nello spazio dell’installazione, per evitare di essere fisicamente colpiti dalle pale rotanti. Questo stato di allerta indotto istintivamente in una situazione di pericolo acuisce i sensi, rendendoci sensibili a fenomeni che facilmente ignoriamo in altre situazioni.
ATP: Per la produzione dell’opera ti sei servito di elastici e croci in legno. La forma della croce ha un valore simbolico o si giustifica per ragioni strettamente tecniche?
MM: Per affrontare il soggetto del “suono di origine divina” espresso da Tuzin, invece che appropriarmi puramente di un oggetto di una cultura diversa dalla mia, ho preferito riferirmi ad un simbolo che appartiene all’esperienza mistica della mia cultura di provenienza, il riferimento comunque e’ sufficientemente ambiguo.

Matteo Marangoni, Quiet Before the Storm, Cardelli e Fontana – Opificio Vaccari, Sarzana 2015 – Installation view

Matteo Marangoni, Quiet Before the Storm, Cardelli e Fontana – Opificio Vaccari, Sarzana 2015 – Installation view
Cardelli e Fontana – Opificio Vaccari
Ex Ceramica Vaccari, via Carlo Vaccari 47
Santo Stefano Magra