Intervista con Chiara Bugatti | Contra el Viento, C+N Canepaneri, Milano

"Nel mio studio raccolgo tutto ciò che attrae il mio interesse; organizzo i miei ritrovamenti senza seguire una logica precisa fino a che non iniziano a parlare tra di loro. Cerco di scomporre sistemi esistenti in sequenze aperte nelle quali il concetto di efficacia o funzione rimane spesso ambiguo."
17 Dicembre 2017

La galleria C+N Canepaneri di Milano ospita fino al 18 gennaio 2018 la prima personale di Chiara Bugatti, “Contra el Viento”. La mostra accoglie una serie di nuove opere che riflettono sul rapporto tra uomo e ambiente facendo riferimento alle attuali condizioni climatiche. Per questa occasione abbiamo posto alcune domande all’artista in merito al suo interesse per le trasformazioni climatiche filtrate dai media che spesso ne trasformano le condizioni; le abbiamo chiesto come ha scoperto il periodico Whole Earth Catalog – antesignano di internet – e che relazioni ha con il lavoro che la sviluppato. Dalle sue risposte comprendiamo la logica che sottende molte opere, soprattutto quelle ottenute mediante il ‘dislocamento’, e dunque l’alterazione’ della funzione di alcuni oggetti.
— CS – Chiara Bugatti
— Testo critico di Domenico de Chirico

Intervista con Chiara Bugatti —

ATP: Partiamo dal titolo, Contra el Viento. Perché lo hai scelto e a cosa si riferisce?

Chiara Bugatti: Esiste una procedura che si chiama inseminazione delle nuvole. Si tratta di una tecnica che mira a modificare la quantità ed il tipo di precipitazioni attraverso la dispersione nelle nubi di sostanze chimiche. Ho riflettuto molto su come la posizione dell’essere umano nei confronti dello spazio- etere sia cambiata nel corso della storia, considerando che le civiltà antiche associavano l’imprevedibilità del cielo al destino, tentando di comprenderne i mutamenti per orientarsi nello spazio, per calcolare il trascorrere del tempo, per sincronizzare i propri ritmi vitali.
Il titolo Contra el Viento racchiude in forma proverbiale una collisione, un’assurdità di fondo; in un certo senso descrive un ribaltamento di posizione, di scala, di ruolo oltre a suggerire una trama a tutti gli oggetti in mostra.

ATP: Hai sviluppato i contenuti della mostra partendo dal rapporto tra uomo e ambiente, in particolare ponendo particolare attenzione alle attuali condizioni climatiche. Perché ti interessano le tematiche ecologiche e come trasformi questa tua ‘preoccupazione’ nelle tue opere?

CB: Il cambiamento climatico, le conseguenze dell’intervento dell’uomo sull’ambiente e le condizioni di vivibilità della Terra sono alla base della ricerca che ha portato alla produzione dei lavori in mostra. In particolare però mi interessa il rapporto delle persone con le informazioni diffuse dai media relative a questo argomento. Nel 2017 per esempio la parola “weather” ha battuto “sex” con una proporzione di 4 a 1 nelle ricerche online. La direzione del mio lavoro non è dunque quella di farsi veicolo di giudizio — chiuso — bensì di osservazione, ancora per così dire ingenua, aperta ed elastica. La mia pratica nasce da una curiosità nei confronti di tutto ciò che mi circonda, una necessità di conoscerne e comprenderne meccanismi, fenomeni, dinamiche, cause e conseguenze. Per me la parola ambiente rappresenta in maniera molto ampia il luogo in cui si intrecciano e si instaurano delle relazioni, in cui elementi diversi coesistono e dipendono l’uno dall’altro.
Il mio lavoro è spesso frutto di una combinazione tra studio, lettura, ricerca e l’inconsapevole imbattersi in una frase, in un’immagine, in una forma, in una reazione o in una superficie…

Chiara Bugatti, Habitat (Rhythm sample)Architectural and electrical compo-nents, sunshade textile, computer fans, spring water. Contra el Viento, C+N Canepaneri, Milano

Chiara Bugatti, Habitat (Rhythm sample)Architectural and electrical components, sunshade textile, computer fans, spring water. Contra el Viento, C+N Canepaneri, Milano

ATP: Come hai scoperto il periodico Whole Earth Catalog e che relazioni hai instaurato tra questa scoperta e le opere in mostra?

CB: Sono venuta a sapere dell’esistenza di Whole Earth Catalog qualche anno fa, durante uno dei miei randomici viaggi virtuali. Mi ricordo di aver letto di come questo oggetto fosse considerato predecessore di internet e questo bastò ad accendere la mia curiosità. Al suo interno sono catalogati una serie di oggetti, libri e strumenti considerati in qualche modo utili o necessari per la sopravvivenza nel mondo moderno. Finalmente, all’inizio di quest’anno ho avuto occasione di trascorrere alcuni mesi nel Massachusetts e negli archivi dell’Università di Harvard, dove ho potuto sfogliare tutti i numeri del periodico (pubblicati tra il ’69 e il ’71) e ricercare alcuni degli articoli pubblicizzati al suo interno. Riconosco e mi rispecchio nel modo in cui lo sguardo del “catalogo” si muove, zumando in continuazione tra l’immenso e l’estremamente specifico per poi dirigersi ancora verso il vasto… .

ATP: Esponi degli strumenti e degli oggetti la cui funzione è stata alterata. Mi racconti come hai sviluppato questa ricerca? Che alterazioni hai compiuto?

CB: Nel mio studio raccolgo tutto ciò che attrae il mio interesse; organizzo i miei ritrovamenti senza seguire una logica precisa fino a che non iniziano a parlare tra di loro. Cerco di scomporre sistemi esistenti in sequenze aperte nelle quali il concetto di efficacia o funzione rimane spesso ambiguo.
Nella tua domanda forse sostituirei il termine “alterazione” con “spostamento” o “dislocamento”. Le installazioni esposte si sviluppano in una sintassi di relazioni tra materiali ed oggetti provenienti da scene differenti. Ho sfruttato le caratteristiche e le proprietà specifiche di ogni materiale (porosità, impermeabilità, conduttività elettrica, capacità di produrre calore o luce…), semplicemente per finalità diverse rispetto a quelle che siamo abituati a vedere.
Per fare un esempio, della polvere di grafite si fa ponte indispensabile per l’accensione di un piccolo circuito Led nell’opera “A vast dark ocean washed upon the shores of nothingness and licked the edges of night. (Model)”. Questo esperimento deriva da una ricerca mirata a portare l’elettricità (e quindi la vita o per lo meno gli affari) su altri pianeti.
Nel lavoro “Habitat (Rhythm sample)” invece, ho gettato una serie di recipienti reimpastando marmi e polveri di pietre per ottenere un materiale poroso ed animato in grado di emulare la respirazione. Nel terzo ed ultimo lavoro in mostra “Surya Namaskar – Saluto al sole” la funzione della carta rimane quella di riportare delle informazioni trascritte senza l’utilizzo di inchiostro bensì dalla luce del sole.

ATP: Per gli spazi di Canepaneri hai ripreso un’antica usanza romana in cui cocci e tessuti bagnati venivo collocati vicino a porte e finestre per rendere l’aria degli ambienti più fresca e pulita. Come hai trasformato questa pratica in relazione agli ambienti espositivi?

CB: Gli ambienti della galleria sono mantenuti chiusi. A generare degli spifferi sono decine di piccole ventole per pc. Esse sono posizionate in prossimità di recipienti in pietra e cemento e di tende parasole che letteralmente trasudano acqua di sorgente. Il mio intervento ambizioso per non dire utopico di voler creare un habitat ottimale all’interno dello spazio si accontenta di sottolineare un gesto connaturato come quello del respirare.

Chiara Bugatti, Habitat (Rhythm sample)Architectural and electrical compo-nents, sunshade textile, computer fans, spring water. Contra el Viento, C+N Canepaneri, Milano

Chiara Bugatti, Habitat (Rhythm sample)Architectural and electrical components, sunshade textile, computer fans, spring water. Contra el Viento, C+N Canepaneri, Milano

Chiara Bugatti, Habitat (Rhythm sample)Architectural and electrical components, sunshade textile, computer fans, spring water. Contra el Viento, C+N Canepaneri, Milano

Chiara Bugatti, Habitat (Rhythm sample)Architectural and electrical components, sunshade textile, computer fans, spring water. Contra el Viento, C+N Canepaneri, Milano

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