ATP DIARY

In Search of… Matthew Day Jackson

Me, Dead at 36, 2010. Courtesy l’artista e Peter Blum Gallery –Foto: Adam Reich, Image Courtesy l’artista e Peter Blum Gallery, New York Chariot II (I like America and America likes me), 2008/2010. VanhaerentsArtCollection Brussels. Foto: Adam Reich, Image Courtesy...

Me, Dead at 36, 2010. Courtesy l’artista e Peter Blum Gallery –
Foto: Adam Reich, Image Courtesy l’artista e Peter Blum Gallery, New York

Chariot II (I like America and America likes me), 2008/2010. VanhaerentsArtCollection Brussels. Foto: Adam Reich, Image Courtesy l’artista e Peter Blum Gallery, New York ***
In Search of, 2010. Courtesy l’artista e Peter Blum Gallery, New York
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Se avevi 20 minuti per vedere la mostra di Matthew Day Jackson al Mambo (altrimenti perdevi il treno), forse non ti sarebbe piaciuta. Avresti camminato veloce lungo lo spazio espositivo per vedere la grande macchina alimentata da pannelli solari Chariot II (I like America and America likes me); un monumentale tempietto sostenuto da cariatidi meccanizzate con dentro una bara di vetro; il pendolo di Foucault Pendulum, in cui sono riconoscibili le forme Futuriste di Renato Bertelli, che scende dall’alto 16 metri di altezza dell’ex Forno del pane. Avresti guardato senza ispirazione le due foto che, come una metaforica parentesi, aprono e chiudono questa mostra delirante: il figlio dell’artista e il ritratto di Day Jackson ‘da morto’.
Chissà se avresti colto il viaggio (folle) di Day Jackson nelle galassie interstellare. E’ più probabile che, uscendo dal Mambo, ti rimanessero in testa teschi (quanto non se ne può più!), bacheche con oggetti strani, una scultura minimale (di cui non avresti capito che è un’interpretazione dell’artista dei 12 metri delle Nifee di Manet, riviste in una prospettiva lunare’) e forse, se il viaggio in treno te lo permetteva, avresti in mano il poster che ritrae decine di profili di montagne, colline, rocce ecc. che ‘nascondono’ delle strane facce (clicca l’immagine pubblicata).
Se hai 20 minuti, o anche meno, questa mostra non andarla a vedere. Il ‘pezzo’ più interessante è il video che dovresti vedere tutto, dall’inizio alla fine. Solo attraverso la sua visione capiresti che alla fine, questa mostra tanto delirante non è.
L’opera video In Serch of è strutturato come un vero e proprio documentario che, grazie ad un speaker professionista, ci introduce nei meandri mentali dell’artista. Day Jackson ha messo in scena una grande bufala scientifica (con tanto di ricercatori, scienziati e medici), dove racconta come il nostro mondo nasconde forme di vita che ci sfuggono.
Il filmato, diviso in tre, unisce pezzi di girato tratti da banche immagini o dall’archivio Getty, messinscene di interviste con intellettuali come David Mindell (storico e ingegnere del MIT) o Alexander Dumbadze (scrittore e storico dell’arte) e la conduzione narrativa interpretata da David Tompkins. Nella prima parte l’artista, grazie alla (finta) scoperta di forme antropomorfe riconoscibili nelle nuvole che si muovono intorno alla Terra, solleva interrogativi sulle mitologie tracciate nei paesaggi terrestri. Nella seconda parte si racconta (con tanto di veri genitori afflitti che mostrano foto), la misteriosa scomparsa di Matthew Day Jackson. La sua sparizione (e dunque anche la nostra) fa da spunto per evidenziare la complessa natura degli oggetti che ci lasciamo alle spalle, come testimonianze della nostra esistenza. Nella terza ed ultima parte si vedono alcuni manufatti ritrovati attraverso scavi archeologici che rivelano l’esistenza di Eidolon, una antica civiltà estinta.
Insomma, se avete poco tempo, la mostra non andatela a vedere!
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