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Giorgio Griffa: Works on Paper — Intervista con Andrea Bellini

[nemus_slider id=”52618″] English text below Inaugura oggi giovedì 4 febbraio alla Fondazione Giuliani di Roma e sarà visibile fino al 9 aprile, una mostra di Giorgio Griffa a cura di Andrea Bellini. La mostra rivela già dal titolo il suo...

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Inaugura oggi giovedì 4 febbraio alla Fondazione Giuliani di Roma e sarà visibile fino al 9 aprile, una mostra di Giorgio Griffa a cura di Andrea Bellini. La mostra rivela già dal titolo il suo taglio concettuale: “Giorgio Griffa: Works on Paper”. Il progetto si sviluppa cronologicamente dalla produzione di opere su carta dell’artista torinese dagli anni sessanta fino ad oggi. Ed è proprio nell’arco di quasi cinquant’anni che Griffa enuclea tre coordinate basilari del suo lavoro: il ritmo, la sequenza e il segno. Come racconta in curatore nell’intervista che segue, “Una volta scelte le componenti elementari del suo intervento (la misura della tela o della carta, il tipo di pennello oppure il tipo matita) l’artista predetermina la lunghezza dei segni, il loro ritmo e la loro direzione. Il momento successivo è rappresentato dall’individuazione del “luogo” di inizio di questi segni.”

Seguono alcune domande al curatore

ATP: La mostra che curi alla Fondazione Giuliani di Giorgio Griffa è incentrata sulle opere su carta. Perché hai ritenuto importante porre in evidenza questo aspetto della ricerca dell’artista torinese?

Andrea Bellini: A differenza delle tele, le opere su carta, soprattutto quelle realizzate tra la fine degli anni Sessanta e la fine degli anni Ottanta, non nascono per essere esposte. Per Griffa il disegno sembra rappresentare un luogo nel quale sperimentare liberamente le diverse possibilità di un linguaggio in corso di costruzione. Questa volontà esplorativa delle possibilità del segno, questo laboratorio intimo, fanno dei lavori su carta un qualcosa di molto speciale nel contesto della sua opera.

ATP: Sono presentati cinquantacinque lavori che spaziano in un arco di tempo che va dal 1967 all’oggi. Che percorso avete dato alla mostra? Come avete suddiviso le varie opere?

AB: La mostra segue fondamentalmente uno sviluppo cronologico. L’idea di base è quella di rendere conto della complessità e della straordinaria inventività dell’artista torinese. Nonostante Griffa utilizzi un protocollo molto preciso nella realizzazione delle opere, ogni disegno esposto a Roma è il frutto di una nuova invenzione. In effetti uno degli aspetti più affascinanti dell’opera di Griffa è proprio questa varietà nella ripetizione, questa capacità di trovare qualcosa di nuovo nella coazione a ripetere.

ATP: Ritmo, sequenza e segno: queste sono le coordinate fondamentali della ricerca di Griffa. Come si evincono questi aspetti nell’esposizione?

AB: Per i suoi disegni Griffa applica lo stesso identico protocollo che utilizza per la pittura. Le coordinate di cui parli, il ritmo, la sequenza e il segno, caratterizzano tutte le opere esposte in mostra.

Giorgio Griffa,   Canone aureo 989,   2015 acquarello su carta / watercolor on paper; 30,  5 x 45,  5 cm Courtesy l'artista e Casey Kaplan Gallery,   New York
Giorgio Griffa, Canone aureo 989, 2015 acquarello su carta / watercolor on paper; 30, 5 x 45, 5 cm Courtesy l’artista e Casey Kaplan Gallery, New York

ATP: Nelle pitture così come nelle opere su carta è evidente che l’artista utilizza un registro o una grammatica molto precisa per la stesura dei segni? Me la racconti brevemente?

AB: Una volta scelte le componenti elementari del suo intervento (la misura della tela o della carta, il tipo di pennello oppure il tipo matita) l’artista predetermina la lunghezza dei segni, il loro ritmo e la loro direzione. Il momento successivo è rappresentato dall’individuazione del “luogo” di inizio di questi segni. Molto spesso egli comincia a tracciare le sue linee partendo in alto a sinistra, come avviene quando si scrive, ma il lavoro può cominciare indifferentemente anche da destra verso sinistra, oppure anche dal basso verso l’alto. Il segno non invade la superficie secondo un progetto globale ma è destinato a riempire lo spazio poco a poco seguendo la direzione, il ritmo, la frequenza scelta.

ATP: Memoria gestuale e memoria segnica: che relazione hai individuato nella ricerca dell’artista?

AB: Credo che nell’opera di Griffa memoria gestuale e memoria segnica coincidano. In una sorta di trance meditativa l’artista pratica un segno fondamentalmente anonimo: l’intento è quello di recuperare una memoria antica, antropologica, di questo tipo di gesto, una memoria che secondo l’artista è molto remota e risale al paleolotico superiore.

ATP: Cosa intende l’artista con “concentrazione passiva”? A cosa si riferisce nello specifico?

AB: La memoria del segno si costituisce sopra il proprio specifico, che è appunto la storia del gesto praticato in una dimensione di concentrazione passiva. Il luogo dell’epifania allora non può essere semplicemente il luogo della pittura, ma il luogo dell’avvenimento, dell’avvento del segno. Attraverso la concentrazione passiva Griffa si mette al servizio dei materiali che impiega, ed in questo modo riesce ad osservarne l’intelligenza e l’autonomia, come avviene con il colore che – molto liquido – si espande seguendo la trama delle tele grezze. Come lui stesso ha più volte dichiarato se l’Arte Povera cercava di dar voce all’intelligenza della materia, Griffa ha cercato analogamente di dare voce all’intelligenza della pittura.

ATP: Visto il vasto arco cronologico che le opere in mostra coprono, è evidente un’evoluzione o uno sviluppo nella ricerca dell’artista? In breve me lo potresti sintetizzare nelle sue tappe più salienti?

AB: Griffa da quasi cinquant’anni ripete lo stesso gesto, e in questa ripetizione egli ha trovato, come dicevo prima, una forma di libertà assoluta. Le chine, gli acquarelli e le matite, indipendentemente dalle dimensioni della carta su cui sono eseguiti, dalla quantità e dalla forma dei segni, si presentano come discorsi frammentari ed inediti di una lingua che li precede nel tempo. Non ci sarebbe varietà e invenzione senza ripetizione; non ci sarebbe questa di idea frammento senza un’idea del tutto. Quindi potremmo affermare –con un paradosso- che Griffa da cinquant’anni dipinge la stessa opera, una grande opera aperta.

La mostra nasce in collaborazione con il Centre d’Art Contemporain, Ginevra, Bergen Kunsthall, Bergen, e il Museo de Arte Contempora?nea de Serralves, Porto. Per l’occasione sono stati pubblicati due cataloghi con Mousse Publishing, Giorgio Griffa: 1965 – 2015 e in vista della mostra alla Fondazione Giuliani, Giorgio Griffa: Works on Paper.

 

Giorgio Griffa,   Canone aureo 848,   2015 acquarello su carta / watercolor on paper; 52 x 73 cm Courtesy l'artista e Casey Kaplan Gallery,   New York
Giorgio Griffa, Canone aureo 848, 2015 acquarello su carta / watercolor on paper; 52 x 73 cm Courtesy l’artista e Casey Kaplan Gallery, New York
Giorgio Griffa,   Paper,   1989  acquarello e pastello su carta / watercolor and pastel on paper; 51 x 68 cm Courtesy l'artista e Casey Kaplan Gallery,   New York
Giorgio Griffa, Paper, 1989 acquarello e pastello su carta / watercolor and pastel on paper; 51 x 68 cm Courtesy l’artista e Casey Kaplan Gallery, New York

Giorgio Griffa: Works on Paper

curated by Andrea Bellini – from 5th February to 9th April 2016

The compulsion to repeat may manifest a lack of hope, but it seems to me that to continue to make the same thing over and over in order to arrive at different results is more than an exercise, it is the unique freedom to discover.

Aldo Rossi, A Scientific Autobiography

On February 4th 2016, Fondazione Giuliani will present the first exhibition of Giorgio Griffa dedicated entirely to works on paper, curated by Andrea Bellini. The curator intends to highlight the significance of this aspect of the Turin-based artist’s practice, presenting around fifty-five works whose chronological arch spans from the end of the 1960s until today. Beginning in 1967 and continuing through to his most recent works, Griffa’s artistic research – one of the most important figures of Italian abstract painting and the neo-avant-garde – is based on three fundamental coordinates: rhythm, sequence and sign. A working methodology that the artist also consistently practices with drawing. As the artist himself maintains in an interview with Hans Ulrich Obrist (published in the exhibition’s catalogue), each drawing does not represent a “plan for a painting”, even if in many cases it provides ideas for later paintings, but instead constitutes an independent aspect of his work, a sort of parallel activity to painting. His delicate drawings and watercolours, often in different formats, express the power of his large canvases. Like those, they represent the constant verification of his visual language and its narrative and lyrical possibilities, expanding his repertoire without wanting to be definitive or closed exercises.

What is universal about Griffa’s works on paper, and his paintings, is the idea of the “memory” of the sign, the desire to want to individuate and practice a simple gesture that man has known and repeated for at least thirty thousand years, ever since the Palaeolithic period. Paper ceases to be a receptacle of the finished image, a definitive place, and instead becomes a physical fragment of a discontinuous, expanding space. His working methodology is simple but rigorous: the artist chooses each time the elementary components of his intervention, a sort of protocol of the making of the work. Depending on the size of the paper and the material (graphite, Indian ink, watercolour) he needs to choose the length of his signs, and thus their rhythm and direction. The next thing to do is to decide on the “place” where these signs should start. Very often the artist begins to trace the signs starting from the top left, as one does with writing, but the work could also begin from right to left, or from bottom to top. The drawing does not invade the surface according to an overall plan, but is rather destined to fill the space slowly, following a direction, rhythm and chosen frequency. The drawing up of the traits takes place in a state that the artist himself refers to as “passive concentration”: his hand and mind follow the chosen protocol in a state of meditative concentration, almost like in a Zen exercise. In the exhibition at the Foundation, one can follow the entire development of Griffa’s work, from the most minimal period from the end of the 1960s to the 1970s, through the more decorative and free period of the 1980s, until the last twenty years, when he has begun works with numbers (dedicated to the golden ratio) and more complex gestures.

The exhibition is in collaboration with the Centre d’Art Contemporain, Geneva, Bergen Kunsthall, Norway, and the Museu de Arte Contempora?nea de Serralves, Porto. Two books have been published for the occasion by Mousse Publishing, Giorgio Griffa: 1965 – 2015 and Giorgio Griffa: Works on Paper.