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Francesco Vezzoli, tra antico e moderno: Palcoscenici Archeologici a Brescia

E’ la prima volta che si cimenta in un luogo archeologico, anche se con l’arte antica, ha da tempo uno stretto legame. Francesco Vezzoli, nei panni di artista e curatore, si è confrontato con un luogo solenne e impegnativo come...

Francesco Vezzoli, Portrait of Sophia Loren as the Muse of Antiquity (After Giorgio de Chirico), 2011, foto © Alessandra Chemollo, Fondazione Brescia Musei
Francesco Vezzoli, God is a Woman (after Constantin Brâncuşi), 2019, foto © Alessandra Chemollo, Fondazione Brescia Musei

E’ la prima volta che si cimenta in un luogo archeologico, anche se con l’arte antica, ha da tempo uno stretto legame. Francesco Vezzoli, nei panni di artista e curatore, si è confrontato con un luogo solenne e impegnativo come il Parco Archeologico della Fondazione Musei di Brescia
Fino al 9 gennaio 2022, grazie al progetto Palcoscenici Archeologici, è possibile attraversare il sito archeologico imbattendosi in ‘pastiche’, come li chiama l’artista, disseminati in otto luoghi: Brixia Parco archeologico di Brescia Romana, dove si trova la Vittoria Alata, e proseguono nel Santuario Repubblicano, nella terrazza del Capitolium, nella prima e seconda cella, ma anche nel Teatro Romano, per poi passare nel complesso museale di Santa Giulia, più precisamente nella cappella di Sant’Obizio della Basilica di San Salvatore, nelle Domus dell’Ortaglia e lungo la sezione romana del museo. 
Grazie all’allestimento curato da Filippo Bisagni, le opere dell’artista entrano in dialogo con le vestigia romane e longobarde della città.

Come ha vissuto l’artista questo confronto?
“E’ stato un grande onore potermi confrontare con questo luogo. E’ da più di 10 anni che ho intrapreso questo interesse per l’arte antica, confrontandomi con testi di autori del secolo scorso, penso all’archeologo e storico dell’arte Ranuccio Bianchi Bandinelli… su tutte le problematiche della scultura antica anche legate alle problematiche in merito al pastiche, di come venivano rielaborate le sculture durante il Rinascimento… Di come gli uomini, nel passato remoto, già si rapportassero alle problematiche del passato passato e viceversa.  
Per me, che sono un uomo del contemporaneo, potermi confrontare sul suolo dell’ ”antico-antico” e posizionare i miei giochi “antico-presente” è stata una gioia e un piacere. Sarà divertente vedere come la Nike (Nike Metafisica, 2019) e altri lavori, che per certi versi sono tornati a casa, si relazioneranno con l’antico. Se andranno d’accordo con le altre statue o se litigheranno.” 

Francesco Vezzoli, Nike Metafisica, 2019, foto © Alessandra Chemollo, Fondazione Brescia Musei
Francesco Vezzoli, Lo sguardo di Adriano, 2018, foto © Alessandra Chemollo, Fondazione Brescia Musei

Mischiando antico e moderno, alto e basso, cultura classica e quella pop, personaggi come Kim Kardashian, Sofia Loren e Twiggy con De Chirico e Brancusi, Vezzoli mette in dialogo l’immaginario di oggi con importanti rimandi storico artistici.
In merito a De Chirico, Vezzoli racconta: “L’omaggio a De Chirico è un fil rouge del mio lavoro e in particolare, doveva essere citato in maniera predominante in questa mostra. De Chirico è l’artista italiano che, assieme al fratello Savinio, ha coraggiosamente citato la classicità, spesso in modo provocatorio. Pensiamo all’utilizzo del ‘colorato’ (elemento da non sottovalutare); quando De Chirico inizia a citare la classicità, il suo è stato un gesto radicale. Con i cambiamenti storici la citazioni della classicità è stata ritenuta un tabù. Forse questa cosa De Chirico non la poteva prevedere.. è bellissimo e al tempo stesso problematico pensare come le nostre radici siano sempre motivo di conflitto e dibattito intellettuale e culturale.
Questo progetto mi ha dato l’opportunità di compiere non solo queste riflessioni, ma anche di approfondire un interesse che avevo da molto tempo.”

Tra le otto sculture in mostra, c’è anche un inedito, “Achille 2021”, che raffigura l’eroe della mitologia greca truccato come Twiggy in una famosissima foto di Avedon. Installata nella sala principale del Capitolium, sopra un basamento che richiama le dimensioni titaniche delle are del I secolo che sono collocate li attorno, la scultura è attorniata da fregi e bassorilievi; gli occhi bistrati di Achille, il pesante trucco nelle palpebre stride con la solennità del luogo e con la serietà dello stesso eroe che da coraggioso condottiero diviene melanconico ragazzo che guarda sconsolato lo spazio vuoto lasciato all’antico Giove che era collocato al suo posto nell’antichità.
Poco lontano, in un’altra sala l’opera “Lo sguardo di Adriano” del 2018: una testa di pietra collocata sopra una colonna azzurra che, a parte gli occhi dipinti con tratti e colori forti, mantiene il resto del volto non solo dello stesso colore della pietra, ma conserva i segni ineluttabili del tempo. Operazione dissacrante? Azioni per rendere moderna la statuaria antica? Cosa spinge l’artista a ‘toccare’ reperti antichi con interventi dalle forti connotazioni ‘pop’?
“Trovo che la parola dissacrante così come ‘moderno’ siano parole abusate, visto che nella storia dell’arte, la parola moderno delimita dei confini storiografici ben precisi. Penso che sia Achille che Adriano , siano un po’ ribelli, glam rock, delle presenze un po’ giuste e un po’ sbagliate. In inglese si direbbe che sono dei ‘misfits’ – che è anche il titolo del primo film in cui comprare Marilyn Monroe – che significa, gli spostati; non sono nel posto giusto. Del resto tutta la mia ricerca è un’ arte di slittamento, quindi aver creato uno slittamento dalla classicità al glamour – che ci insegna, alla fine, che la fluidità, il gioco, il colore, appartenevano alla classicità (anche se poi la storia li ha cancellati) – è un’altra opportunità incredibile che questa mostra mi ha dato.”

Francesco Vezzoli, Achille!, 2021, foto © Alessandra Chemollo, Fondazione Brescia Musei
Francesco Vezzoli, Portrait of Kim Kardashian (Ante Litteram), 2018, foto © Alessandra Chemollo, Fondazione Brescia Musei
Francesco Vezzoli, La colonne avec fin, 2021, foto © Alessandra Chemollo, Fondazione Brescia Musei