L’arte come messaggera di possibilità” | Emilio Vavarella in mostra presso Modern Art Base, Shanghai

Intervista a Davide Quadrio, il fondatore di Arthub, spazio espositivo che ha co-curato, con l'associazione Ramdom, la mostra “Errori, limiti e malfunzionamenti” di Emilio Vavarella
12 Gennaio 2021
Emilio Vavarella, The Driver and the Cameras, Stampa per sublimazione su alluminio, 11 elementi, diametro di ogni foto: 20cm, 2012, Courtesy l’Artista
Emilio Vavarella, Genesis, Full HD Video, 20:00, 2020, Courtesy Ramdom e l’Artista, Crediti fotografici Alessia Rollo

Dal 22 gennaio al 28 febbraio 2021, lo spazio espositivo indipendente a Shanghai, Arthub, ospita il secondo capitolo di un progetto di più ampio respiro concepito dall’artista Emilio Vavarella. Pensato come una trilogia il progetto – vincitore della 6. Edizione di Italian Council  – ha per titolo rs548049170_1_69869_TT (The Other Shapes of Me) e fa riferimento alla prima riga di testo risultante dalla genotipizzazione del DNA di Vavarella. Il lavoro consiste in una traduzione, effettuata dalla madre dell’artista attraverso processi analogici e digitali, del codice genetico in tessuto, usando una delle prime macchine computazionali moderne: il telaio Jacquard. 

Dopo il primo capito dal titolo “Idee, ipotesi, assunti e oggetti”, ospitato a Gagliano del Capo l’estate scorsa, e focalizzato sulla dimensione aperta, performativa e rizomatica del progetto, ill secondo capitolo, dal titolo “Errori, limiti e malfunzionamenti”, mettere in relazione il percorso artistico di Vavarella con The Other Shapes of Me insistendo sull’aspetto metodologico e nella fattispecie su uno dei temi più cari all’artista: l’errore e i limiti intrinsechi nella tecnologia. 

La  mostra presenta una serie di 44 foto di The Sicilian Family (2012), l’installazione fotografica THE GOOGLE TRILOGY – 3. The Driver and the Cameras (2013) e il film Animal cinema (2017). Partendo da questi primi lavori la mostra giunge al tessuto di oltre ottanta metri di lunghezza per sessanta centimetri di larghezza in scala di grigi di rs548049170_1_69869_TT The Other Shapes of Me accompagnato dal nuovo film Genesis (2021) che rappresenta la mamma dell’artista mentre lavora in un laboratorio tessile per ricreare il DNA di Vavarella in forma di tessuto. Sarà inoltre esposta una nuova serie di lavori tessili in piccolo formato dal titolo DNA Samples (2021), un video in loop della sequenza del genoma dell’artista e un’ampia selezione di materiali di documentazione storica relativi alla tradizione tessile Jacquard in Cina e in Italia.
Il terzo capitolo della trilogia – ospitato a Bologna la prossima primavera durante Art City – sarà rivelata la forma finale di rs548049170_1_69869_TT (The Other Shapes of Me): un’opera monumentale composta da un tessuto, un telaio Jacquard modificato di grandi dimensioni e un film che diventeranno parte della collezione permanente del MAMbo — Museo d’Arte Moderna di Bologna. 

In occasione della seconda tappa, abbiamo posto alcune domande al fondatore di Arthub, Davide Quadrio che, assieme a Ramdom, ha curato la mostra di Emilio Vavarella a Shanghai.

Elena Bordignon: Il secondo capitolo del progetto di Emilio Vavarella “rs548049170_1_69869_TT (The Other Shapes of Me)”, è ospitato presso Modern Art Base, Building (Huangpu, Shanghai) e co-curato con Ramdom.
Fondata nel 2007, Arthub negli anni ha ospitato tantissimi progetti e promosso iniziative volte a sostenere una visione dell’arte transculturale. Come si inserisce il progetto di Vavarella nel vostro programma? Come è nata la vostra collaborazione?

Davide Quadrio:  Il lavoro che Arthub ha fatto negli anni è sempre stato fondato sulla convinzione della necessità di creare costanti situazioni di dialogo tra luoghi e situazioni diverse. Arthub, e prima Bizart (fondata nel 1998 a Shanghai), è stata una nursery di progetti in divenire, residenze e produzioni profondamente legate al territorio di nascita e poi traslate e trasformate in altri contesti attraverso reinterpretazioni e riposizionamenti grazie a partners capaci di prendere i progetti proposti e di renderli locali.
Questa operazione di traslazione, e direi traduzione, è fondamentale per evitare i rischi di semplici azioni import-export culturali che si esauriscono in sola comunicazione, tralasciando il senso più genuino e importante della progettualità. 
È proprio in questa direzione che il progetto di Vavarella s’inserisce all’interno di una collaborazione avviata con Ramdom da circa dieci anni e che ha visto scambi di contenuti, artisti, mostre e idee tra Cina/Shanghai e i progetti di Ramdom a tutte le latitudini (locali, nazionali e internazionali). In questo caso l’operazione è stata coordinata assieme alla curatrice Chao Jiaxing che sta lavorando su un archivio storico del Jacquard in Cina e che arricchirà la mostra delle opere di Vavarella con materiali trovati tra Shanghai e Suzhou. Inoltre Chao Jiaxing lavora insieme a Modern Art Base per costruire un micro-programma educational e per introdurre il lavoro di Vavarella al pubblico locale. 

Emilio Vavarella, The Sicilian Family, Stampa per sublimazione su alluminio, 44 elements, X:310cm; Y:97cm overall, 2012-2013, Courtesy l’Artista
Emilio Vavarella, The Sicilian Family, Stampa per sublimazione su alluminio, 44 elements, X:310cm; Y:97cm overall, 2012-2013, Courtesy l’Artista
Emilio Vavarella, Animal Cinema, HD video, 00:12:12, formato 16:9, colori, suono, 2017, Courtesy l’Artista

EB: Il primo capito del progetto – ospitato a Gagliano del Capo la scorsa estate – aveva per titolo “Idee, ipotesi, assunti e oggetti” e si è concentrato sulla dimensione aperta, performativa e rizomatica del progetto. Quello ospitato a Shanghai, dal titolo “Errori, limiti e malfunzionamenti”, si concentra, invece, su un tema caro all’artista: l’errore e i limiti intrinsechi nella tecnologia. Qual’è il tuo punto di vista sul taglio dato da Vavarella per questa seconda tappa? 

DQ: Mi sembra la logica conseguenza di un progetto portato altrove e che, per sua natura e circostanza, si apre all’inaspettato e quindi a limiti di comprensione e di errore. In questo anno mirabilis, il fatto di portare una mostra così radicale e costituita da diversi livelli interpretativi a Shanghai senza la nostra mediazione locale “fisica” affidandosi a Chao Jiaxing come intermediaria/traslatrice è di per sé un gesto generoso che apre ad un ulteriore livello di errore: quello della miss-communication. È un ulteriore sfida che trovo/troviamo affascinante e che ci sembra una bella risposta a questa incertezza globale. L’arte messaggera di possibilità.

EB: Scriveva Lorenzo Madaro a proposito della mostra a Gagliano del Capo: “il progetto di Vavarella, allestito in un ex edificio commerciale di  periferia, sembra nato appositamente per ospitare un’installazione densa in cui la prima riga di testo generata dalla genotipizzazione del DNA dell’artista è il punto di partenza per una riflessione plurale, composita, profonda e concettuale sulla trasposizione del codice genetico in tessuto.” L’allestimento era pensato e adattato al contesto. Ci accenni a come avete pensato al display di questa seconda tappa? Qual sono i suoi aspetti peculiari in relazione al complesso tema dell’errore?

DQ: Le opere esposte allargano la mostra a una serie di lavori che illustrano le tematiche care all’artista attraverso opere precedenti e parallele a quella del progetto “rs548049170_1_69869_TT (The Other Shapes of Me)”. Ci sembrava importante mostrare più lavori di Vavarella al pubblico di Shanghai che non lo conosce. In questo senso, sempre per rispondere all’esigenza e necessità di essere “comprensibili” quando si presenta il lavoro di un artista in un contesto altro, mostrare opere seminali di Vavarella come Animal Cinema (2017), The Sicilian Family (2012-2013) o ancora The Google Trilogy (2012), fanno si che queste opere siano inquadrate in una ricerca artistica di grande respiro fornendo un’esperienza di “rs548049170_1_69869_TT (The Other Shapes of Me)” ancor più contestualizzata ed espansa nella storia creativa di Vavarella.

EB: Uno degli aspetti più rilevanti, a mio parere di “rs548049170_1_69869_TT (The Other Shapes of Me)”, è il suo essere in bilico tra un’approfondita ricerca tecnologica e un altrettanto ricercato aspetto umano, se non sentimentale. Mi riferisco al coinvolgimento della madre dell’artista che ha tradotto il codice genetico del figlio in tessuto, usando una delle prime macchine computazionali moderne, il telaio Jacquard. Relazioni familiari si intrecciano con relazioni temporali, ma non solo, la manualità del gesto artigianale si rapporta con la complessità dei processi di genotipizzazione. In questo intreccio di temi e relazioni, qual è a tuo pare l’aspetto peculiare di questo progetto? Come pensi venga visto e compreso dai visitatori di Shanghai?

DQ: Nel testo che ho scritto per l’edizione che accompagna questo progetto (Mousse Publishing), mi sono proprio soffermato su questo tema: quello del medium tecnologico (sia quello che permette la genotipizzazione che quello tecnico della tessitura Jacquard), rispetto alle caratteristiche che non definirei sentimentali, ma umane: le opere di Vavarella parlano della loro umana e meravigliosa fragilità.  Riporto qui quello che avevo scritto proprio sulla relazione madre-figlio e universalmente della madre/utero che costruisce e determina l’identità del figlio stesso. 

“L’intuizione di Vavarella è appunto questa: il ritorno al grembo materno, la madre che diventa l’attrice che rappresenta la vita dell’artista e, a livello metaforico, ne forma mente e corpo. Mi piace moltissimo l’idea che il vero soggetto dell’opera sia la donna: la donna che modella il corpo di Vavarella, e la donna artefice del tessuto che rappresenterà l’astrazione di tale dualità nell’ennesimo oggetto fisico del pensiero, composto da una sequenza di dati digitali. Assistiamo a uno splendido ritorno ai valori femministi relativi alla ridefinizione delle strutture e dei desideri di potere, che porta l’artista ad assumere il ruolo inconsapevole del figlio o della figlia, rinunciando alla propria identità e al proprio stesso potere per diventare la creta primigenia che verrà modellata e plasmata dalla “madre artigiana”.

Stiamo parlando di contenuti universali che parlano a qualsiasi essere umano. Credo che lo spettatore di Shanghai non avrà alcuna sensazione di straniamento culturale visitando la mostra, anzi credo sarà intrigato da una mostra che porta il medium tessile (storia) con quello digitale (presente/futuro) nel cuore identitario di Shanghai: città mitica di un Oriente immaginifico che è diventata negli ultimi anni il centro di una rivoluzione antropologica potente e che ha reso Shanghai luogo di sperimentazione di una futura, ma gia’ presente, urbanità possibile. Vavarella è centrato in questo contesto e le opere presentate tracciano con linea sicura un percorso di ricerca poetico in cui il medium digitale si trasforma in opere tangibili ed esperienziali in cui l’umano come essere vivente si trova decodificato, fragilizzato ed esposto nella sua dimensione di essere contemporaneo. 


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A cura di Emilio Vavarella, Paolo Mele and Claudio Zecchi
Un progetto prodotto e curato da Ramdom
Progetto grafico Anna Azzali, MOUSSE Publishing
Editing immagini MOUSSE Publishing
Prodotto da Ramdom
Pubblicato da MOUSSE Publishing

Testi di: Lorenzo Balbi, George M. Church, Francesco Giaquinto, Ellen Harlizius-Klück, Sabine Himmelsbach, Paolo Mele, Stephen Monteiro, Carla Petrocelli, Davide Quadrio, Ed Regis, Eugene Thacker, Emilio Vavarella, Devin Wangert, Ursula Wolz, Claudio Zecchi.

Dimensioni: 16 x 12 cm
Pagine: 194

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