Due giorni, una notte | Supercondominio

...un’assemblea di quaranta spazi indipendenti al Castello di Rivoli
31 Luglio 2018
Castello di Rivoli - Mario Merz, Igloo Tenda di Gheddafi 1968-1981

Castello di Rivoli – Mario Merz, Igloo Tenda di Gheddafi 1968-1981

È sabato sette luglio, sono le 14:00, la macchina segna trenta gradi e l’azzurro saturo del cielo mette voglia di mare. Corso Francia in direzione di Rivoli è incredibilmente sgombro, i semafori tutti rossi. Al Castello un venticello scaccia l’immagine di Torino avvolta dall’afa violazzurra e l’atmosfera rilassata da rimpatriata fa rimpiangere un po’ meno il mare. Sono circa sessanta le persone arrivate da tutta Italia per raccontare le esperienze delle quaranta realtà indipendenti invitate a Supercondominio, la “due giorni” coordinata da Laura Lecce e Caterina Molteni, ospitata dal Castello di Rivoli, con la partnership strategica di Combo, progetto di ospitalità innovativa, che ha fornito le elegantissime tende da campeggio allestite nel giardino della Manica Lunga, dove gli ospiti passeranno la notte. Alla regista Irene Dionisio e alla scrittrice Clara Mazzoleni è stato chiesto di produrre un film e uno scritto che raccontino in maniera originale Supercondominio.

La prima giornata è stata pensata nella forma di assemblea a porte chiuse en plein air nel terrazzo del Castello, dove le sedie sono state disposte in maniera circolare a fianco all’installazione Incontro tra la Dora e il Po (Maria Nordman 1985) il cui spazio, circoscritto da quattro sedili angolari in pietra, diventa archetipo dell’abitabilità, della condivisione, dello scambio e, in questa giornata, metafora della dimensione partecipativa che Supercondominio vuole attivare.
Nell’immagine del condominio è impressa la volontà di mettere insieme una straordinaria varietà di identità per fare una ricognizione dello scenario indipendente italiano, nel tentativo di rintracciare delle strategie per una crescita comune.
I lavori del pomeriggio vengono avviati con il suggerimento da parte delle due curatrici di alcuni tasselli con cui costruire il dibattito, con l’intento di trovare una direzione all’interno di una selva di pratiche dai contorni sfumati che spesso sfuggono alla dicotomia profit-noprofit. Questi i punti:

Che ruolo ha una realtà indipendente all’interno del sistema dell’arte contemporanea? E cosa vuol dire essere indipendenti? O meglio, da cosa e da chi si è indipendenti? E le gallerie che si definiscono tali come riescono a ritagliarsi una nicchia all’interno del mercato? E infine, in una prospettiva futura, è possibile rintracciare degli strumenti da condividere per garantire la propria sopravvivenza nella realtà quotidiana?

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Il silenzio che segue dura qualche secondo prima che i rappresentanti di CRIPTA747 (Torino), a partire dalla questione del ruolo, rintraccino nella mancanza di spazi di lavoro per gli artisti la genesi della propria pratica; hanno quindi sviluppato un focus su programmi di residenza che negli anni si sono poi progressivamente strutturati alla luce delle esperienze acquisite e di una maggiore sostenibilità economica. E non è l’unica realtà ad avere trovato la spinta a creare spazi di lavoro nei vuoti del contesto artistico, del panorama istituzionale e del sistema educativo italiano, considerato scadente nella fattispecie da FLIP Projectspace (Napoli), nato proprio dalla necessità di creare uno spazio di formazione spontanea e nuovi modelli di ricerca a partire da momenti di confronto su più livelli e discipline. Le esigenze alla base non sono però etiche, sottolinea CURRENT project (Milano), ma esistono necessità reali di formare delle professionalità a partire da un’attitudine collaborativa o, aggiunge Dimora Artica (Milano), necessità di sperimentare approcci e pratiche curatoriali.

Ci si chiede quindi quale sia il rapporto con il pubblico. Esempio ne sia una realtà come Treti Galaxie (Torino) che, frutto di un reale compromesso (nota dell’editore), propone dei progetti che attirano pubblici generici che incontrano l’arte contemporanea per la prima volta. Che il ruolo possa essere quello di darsi come porte di accesso all’arte contemporanea? Di essere generatori di trappole per pubblici nuovi?

Si allontana da questa prospettiva TILE project space (Milano) che preferisce al pubblico generalista, quello degli operatori del mondo dell’arte, avendo scelto di incentrare la propria pratica curatoriale sul rafforzo di giovani artisti italiani alla loro prima personale, per riconoscergli valore e visibilità all’interno del sistema. “Siamo uno strumento, siamo un motore, a prescindere dalle sorti che certi lavori, e certi artisti avranno” aggiunge INCURVA (Favignana) che dal 2016 ha avviato un programma di residenze con la volontà di trasformare il profondo ovest siciliano in uno spazio di ricerca e produzione artistica.

A queso punto c’è da chiedersi indipendenti da cosa? Dal mercato? Sono le gallerie Giorgio Galotti (Torino) e Clima (Milano) in maniera abbastanza provocatoria, e ADA Project (Roma), a rispondere con la propria esperienza nel lavoro con gli artisti, rendendo di fatto labili le differenze tra profit e noprofit sul piano pratico della dinamica con cui si lavora alle produzioni artistiche.

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Che sia la possibilità, da parte di una realtà di natura commerciale, di instaurare delle collaborazioni con gli artisti nel lungo termine a fare la differenza? Avanza come ipotesi Fanta Spazio (Milano) project space i cui curatori hanno un background all’interno di gallerie, vantando quindi una visione consapevole dei differenti modi in cui si può lavorare con gli artisti.
Che sia una maggiore libertà d’azione a caratterizzare lo spazio indipendente, svincolato dalle esigenze del mercato? Si chiede MEGA (Milano) che ha fatto di questa libertà la propria specificità invitando gli artisti a forzare le proprie attitudini, uscire dalla propria comfort-zone per sperimentare nuovi media e nuovi linguaggi.

Forse è una maggiore visione curatoriale a fare la differenza negli spazi indipendenti? Ipotizza Pelagica (Milano) che porta avanti un progetto curatoriale intorno allo scenario del Mediterraneo, che diventa cornice tematica per l’investigazione e la pratica degli artisti coinvolti. Le gallerie presenti non ne sono convinte, avanzando a loro volta una visione curatoriale, e probabilmente la prospettiva suggerita restituisce un’immagine un po’ naïve delle gallerie, o comunque limitata. A rendere il tutto più complesso è la natura ibrida di tanti dei presenti che portano avanti parallelamente attività commerciali e non, è il caso della galleria Studiolo project da cui s’è sviluppato iI progetto curatoriale Cabinet (Milano) e di Operativa Arte Contemporanea, galleria a cui s’è affiancato il progetto Una Vetrina (Roma).

Ci si avvia alla conclusione e le questioni, tutt’altro che risolte, frullano ancora a mezz’aria, segno che per molti dei presenti, che hanno avviato le proprie attività già da qualche anno, Supercondominio arriva in tempi maturi per riflettere sulle direzioni possibili da intraprendere e sviluppare, alla luce di un carico di esperienze che dà consapevolezza a pratiche che, come è emerso, hanno avuto origini spesso istintive e spontanee, con visioni acerbe rispetto al futuro, perché costrette ad adattarsi alle risorse e alle possibilità del presente.

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La seconda giornata ha inizio dal mattino con una supermaratona di presentazione degli spazi invitati, con l’idea di crearne un documento d’archivio che verrà custodito dal Centro di Ricerca del Castello di Rivoli (CRRI).

Sono diversi gli spazi fondati da artisti come espansione della propria pratica, Gelateria Sogni Di Ghiaccio (Bologna) Spaziobuonasera (Torino) e Tripla (Bologna) il cui spazio è fruibile soltanto dall’esterno attraverso le tre vetrine che danno sulla strada. Ad aver scelto questa forma di fruizione 24/7 è anche Edicola Radetzky (Milano) – ospitata in una vera e propria edicola dall’architettura di primi ‘900 – e la galleria Veda (Firenze) che chiede agli artisti di intervenire ad hoc in uno spazio fruibile soltanto dalla vetrina. Il site specific torna in chiave storico-identitaria nel neonato programma di residenze Residency 80121 (Napoli) che si propone di rileggere attraverso l’arte luoghi fortemente connotati. È un site specific estremo quello di 63rd-77th STEPS (Bari) che invita gli artisti a intervenire nello spazio di una scala interna tra il sessantatreesimo e il settantasettesimo gradino, portando avanti un’investigazione sui limiti e le possibilità degli spazi periferici, sui margini geografici e politici. Focus che torna nei progetti di RAMDOM (Gagliano del Capo, Lecce) che promuove studi e produzioni artistiche in terre estreme, e nella progettualità di Like a Little Disaster (Polignano a mare) che senza una fissa dimora declina se stesso a partire dalle sempre nuove collaborazioni. L’elemento periferico e insulare è propulsivo anche per Cherimus (Perdaxius, CI) che dal Sulcis Iglesiente sviluppa una progettualità cooperativa indirizzata a paesi lontani.

Più incentrata sulla produzione artistica la progettualità di Siliqoon (Milano) che senza uno spazio proprio sostiene gli artisti in produzioni che possano avere senso rispetto a un territorio, attraverso il coinvolgimento di professionalità artigiane del luogo. Indirizzate al sostegno di giovani artisti la galleria Ermes Ermes (Roma-Vienna), lo spazio no profit Almanac (Torino/Londra) e l’artist run space Ultrastudio (Pescara-Los Angeles) che grazie alla loro doppia sede riescono a creare ponti tra l’Italia e l’estero.

Un approccio sempre diverso e aderente alle esigenze dei progetti quello di Armada (Milano), e di LOCALEDUE (Bologna) che si offre come spazio di sperimentazione e studio, con una grande apertura a forme di collaborazione.

Non mancano l’ironia nel progetto Temporary Office for Curatorial Consulting (Il Colorificio, Milano) una finzione che porta avanti molto seriamente la critica al narcisismo curatoriale, né la follia nei progetti di Montecristo Project che allestisce le sue mostre in una isola misteriosa e irraggiungibile, nè l’ecletticità nel progetto Faust (Torino) libreria notturna che mette insieme edizioni rare e insetti foglia.
E a questi si aggiungono i già citati sopra.
Questo incredibile carosello può confondere ma può fare ancora più male a chi tenterà di districarlo e catturarlo in formule cogenti. È più saggio usare l’immagine del limine- suggerita da Carolyn Christov Bakargiev, che in qualità di direttrice del Castello di Rivoli ha presenziato all’assemblea. Il limine come luogo di passaggio, ammette una certa dose di ambiguità nella fase di cristallizzazione di una nuova identità, rispetto al limite che tende a chiudere e a definire un dentro rispetto a un fuori. In questo senso si può dire che Supercondominio ha disegnato una geografia liminale, uno spazio compreso tra bisogni e pratiche condivise che possono essere attraversati liberamente, proprio come lo spazio compreso tra le sedute di pietra dove tutto ha avuto inizio.

63rd – 77th STEPS (Bari) | 80121 Residency (Napoli) | ADA (Roma) |Almanac Inn (Torino / Londra) |Armada (Milano) | Associazione Random (Gagliano del Capo, Lecce) | Cabinet (Milano) |Cherimus (Perdaxius, CI) |Clima (Milano)| CRIPTA747 (Torino) | Current (Milano) |Dimora Artica (Milano)| Edicola Radetzky (Milano) |Ermes Ermes (Roma / Vienna) |Fanta Spazio (Milano) |flip project space (Napoli) | Faust | Gelateria Sogni di Ghiaccio (Bologna) |Giorgio Galotti (Torino) |Il Colorificio (Milano) |Incurva (Favignana) |Like a little disaster (Polignano a mare) |Localedue (Bologna) | Marsèlleria (Milano) |Mega (Milano) |Montecristo Project (Cagliari)| Museo Apparente / Acappella (Napoli) | Operativa Arte Contemporanea (Roma)|Pelagica (Milano) | Siliqoon (Milano) |Spaziobuonasera (Torino) |Standards (Milano) | Tile Project Space (Milano) | Treti Galaxie (Torino)|TRIPLA (Bologna) |Ultrastudio (Pescara/Los Angeles) |Una Vetrina (Roma) |Veda (Firenze)

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