Black Hole. Arte e matericità tra Informe e Invisibile

Black Hole è una mostra fatta di stratificazioni che offrono molteplici livelli di lettura della realtà a e del nostro rapporto con essa, attraverso le opere di artisti che hanno indagato la materia e le sue possibilità.
17 Ottobre 2018
Black Hole. Arte e matericità tra Informe e Invisibile GAMeC, Bergamo, 4 ottobre 2018 - 6 gennaio 2019 Vedute dell'installazione Foto: Antonio Maniscalco Courtesy GAMeC - Galleria d'Arte Moderna e Contemporanea di Bergamo

Black Hole. Arte e matericità tra Informe e Invisibile GAMeC, Bergamo, 4 ottobre 2018 – 6 gennaio 2019 Vedute dell’installazione Foto: Antonio Maniscalco Courtesy GAMeC – Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea di Bergamo

Artisti e scienziati hanno da sempre cercato di proporre visioni e modelli con cui descrivere e studiare la realtà in ogni suo aspetto, visibile e invisibile. Alla GAMeC di Bergamo tali ricerche trovano un percorso comune nella mostra Black Hole. Arte e matericità tra Informe e Invisibile, un omaggio alla materia che unisce artisti che ne hanno indagato il potenziale espressivo e che hanno cercato di tradurre, attraverso diversi linguaggi artistici, le più importanti teorie scientifiche che hanno come oggetto il suo studio.

Come racconta il direttore Lorenzo Giusti, che ha sviluppato il progetto insieme alla curatrice Sara Fumagalli, “Black Hole indaga l’essenza della materia attraverso il desiderio di artisti di penetrare la materia per coglierne l’elemento essenziale, proponendo un percorso che va dall’Informale Materico fino al tema dell’invisibile, quello della materia subatomica e dei buchi neri”. Il percorso espositivo si articola in tre sezioni, dedicate ognuna ad un aspetto della ricerca: la prima si concentra sull’Informe presentando artisti che si sono concentrati esclusivamente sulla matericità; la seconda è dedicata invece al binomio uomo-materia attraverso le opere di “coloro che hanno circoscritto figure antropomorfe dentro agglomerati di materia”, come descrive Lorenzo Giusti; ed infine, ci si concentra sull’aspetto invisibile, quello infinitesimale che guarda all’atomo fino ad arrivare allo spazio.
Elemento comune a tutte le sale è una particolare vernice nera opaca che ricopre le pareti a simulare il vuoto, inteso sia come infinito che come materia che collassa su se stessa. Il capitolo dedicato all’Informe si apre con una sezione storica che raggruppa alcuni maestri dell’arte italiana. Cretto (1973) di Alberto Burri mostra le piaghe e le ferite di una materia che sembra collassare su se stessa grazie ad una lacerazione centrale, completamente nera, che rimanda ai buchi neri e si pone in stretto dialogo con due Nature (1959-1960) di Lucio Fontana. La sua ricerca, come racconta Sara Fumagalli, “diventa una epistemologia della materia che qui viene offesa e scavata con bastoni che si inseriscono come se si volesse guardare dentro a queste cavità, la cui forma sferica richiama sia i pianeti e l’universo ma anche all’utero, attraverso gesti di attivazione della materia”.

Black Hole. Arte e matericità tra Informe e Invisibile GAMeC, Bergamo, 4 ottobre 2018 - 6 gennaio 2019 Vedute dell'installazione Foto: Antonio Maniscalco Courtesy GAMeC - Galleria d'Arte Moderna e Contemporanea di Bergamo

Black Hole. Arte e matericità tra Informe e Invisibile GAMeC, Bergamo, 4 ottobre 2018 – 6 gennaio 2019 Vedute dell’installazione Foto: Antonio Maniscalco Courtesy GAMeC – Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea di Bergamo

La sezione prosegue con altri artisti, tra cui Antoni Tàpies e Anselm Kiefer, le cui rispettive opere, Hearth and page (1970) e Geheimnis der Farne (2007), inseriscono oggetti sulla tela interpretandoli come materia stessa, ed integra anche ricerche di artisti contemporanei che utilizzano invece i media digitali come Ryan Sullivan con January 10 (2011). “L’opera, come descrive la curatrice, sembra quasi una stampa, invece l’illusione fa proprio parte del suo lavoro poiché avvicinandosi si capisce che la componente materica è preponderante, perché si mette l’accento sul desiderio e tentativo dell’immagine digitale di essere percepita come tridimensionale, quindi tangibile anche se in realtà non lo è, e Sullivan ricorre ad alcuni elementi come le lumeggiature in Photoshop e l’utilizzo dello spray per confondere ed illudere”. La riflessione sull’uomo e la materia si apre con le opere Yvette Guilbert (1895) e Ecce Per (1906) di Medardo Rosso, che per il direttore è stato “un elemento imprescindibile per lo sviluppo del progetto, un gigante della modernità e anticipatore di visioni e concetti perché, nonostante la mostra non si sarebbe dovuta spingere fino all’800, è stato fondamentale aprire uno spazio di riflessione sull’uomo tra i due estremi, Informe e Invisibile, e non si è potuto fare a meno di inserire il suo lavoro come anello di congiunzione”.
Lo stesso vale per Auguste Rodin con L’Eternelle idole (1893), “poichè, continua, questi due grandi autori hanno dato il via ad una ricerca ed ad una complessità di visioni che non può essere tralasciata, sono due precedenti storici che conducono all’ambito informale esistenzialista sartiano”. In questo filone si inserisce anche Giacometti e la sua analisi della condizione umana attraverso sculture che ritraggono uomini uscire a fatica da agglomerati materici che ne intrappolano il corpo rendendolo pesante, come l’opera Lotar II (1964-1965) esposta in questo capitolo.
La ricerca sulla natura materiale dell’uomo continua con i monoliti di Hans Josephsohn, masse da cui sembra scaturire una figura umana non ben definita e si chiude, infine, con Montagna (1957) di Enrico Baj. L’opera è stata inserita come collegamento con l’ultima sezione poichè, come descrive Sara Fumagalli “realizzata con la tecnica dell’acqua pesante ci introduce alla dimensione della scienza qui evocata ma anche esplorata in maniera più diretta, perché questo ciclo si ispira al De Rerum Natura di Lucrezio che racchiude frammenti della teoria filosofica di Democrito che aveva teorizzato l’atomismo, ovvero una natura, una realtà fatta di atomi che corrono liberi nello spazio. Qui vediamo infatti una sezione di una montagna, siamo di fronte ad un avvicinamento che ci impedisce di percepirne i contorni. L’ultima sezione guarda infatti alla materia non nella sua dimensione tangibile, ma quella energetica, astratta”.

Black Hole. Arte e matericità tra Informe e Invisibile GAMeC, Bergamo, Vedute dell'installazione Foto: Antonio Maniscalco Courtesy GAMeC - Galleria d'Arte Moderna e Contemporanea di Bergamo

Black Hole. Arte e matericità tra Informe e Invisibile GAMeC, Bergamo, Vedute dell’installazione Foto: Antonio Maniscalco Courtesy GAMeC – Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea di Bergamo

In questo capitolo conclusivo la ricerca sulla materia inizia con il Movimento Arte Nucleare formato dallo stesso Baj, Sergio Dangelo e Joe Colombo, che dell’atomo ne indaga la disintegrazione, le possibilità, ma anche la distruzione che la bomba atomica ha portato, e prosegue con tre Texturologie (1958) di Jean Dubuffet, che è stato definito il cantore del suolo per il suo interesse ad esplorare la grana, la texture della materia per osservare e registrare i fenomeni sulla superficie. Black Hole si conclude con una visione sullo spazio e l’infinito con ER=EPR (2017-2018), installazione ambientale del duo artistico Evelina Dominitch e Dimitry Gelfand, realizzato in collaborazione con il centro di ricerca LIGO. L’opera è una interpretazione artistica delle teorie sui buchi neri binari grazie ad una sorta di acquario che ne riproduce il comportamento attraverso simulazioni idrodinamiche proiettate sul soffitto. Qui, cloni di buchi neri galleggiano sospesi accompagnati dai suoni registrati al loro interno frutto della collaborazione con il compositore William Basinski.

Black Hole è una mostra fatta di stratificazioni che offrono molteplici livelli di lettura della realtà a e del nostro rapporto con essa, attraverso le opere di artisti che hanno indagato la materia e le sue possibilità. Il titolo, che prende il nome dall’opera Senza titolo (Autoritratto) di Gino De Dominicis del 1995 rappresentante un vortice, quasi un buco nero in foglia d’oro, secondo Lorenzo Giusti “fa riferimento allo stesso tempo alle due dimensioni qui narrate, quella dello squarcio nella materia che viene aperta nelle forme più diverse, e dall’altro invece ai buchi neri nell’universo, che indicano insieme la massima concentrazione della materia e la massima estensione verso l’infinito. Questa mostra infatti ha un duplice soggetto, la materia e poi l’infinito, che dal suo studio infinitesimale guarda alla teoria della relatività e alla meccanica quantistica, fino alla visione dell’universo in continua espansione”.

Gino De Dominicis, Senza titolo (Autoritratto), 1995 tecnica mista su masonite 37x28,5 cm Museo d’arte della Svizzera italiana, Lugano. Deposito da collezione privata Courtesy Archivio Gino De Dominicis, Foligno e Paola De Dominicis Foto: Alexandre Zveiger  © Gino De Dominicis by SIAE 2018

Gino De Dominicis, Senza titolo (Autoritratto), 1995 tecnica mista su masonite 37×28,5 cm Museo d’arte della Svizzera italiana, Lugano. Deposito da collezione privata Courtesy Archivio Gino De Dominicis, Foligno e Paola De Dominicis Foto: Alexandre Zveiger © Gino De Dominicis by SIAE 2018

Jean Dubuffet, Brunetta dal volto carnoso (Châtaine aux hautes chairs), 1951 Materiali vari a base di olio su masonite Cm 64,9x54 Collezione Peggy Guggenheim, Venezia / Fondazione Solomon R. Guggenheim, New York Foto: David Heald © Solomon R. Guggenheim Foundation, New York   Jean Dubuffet © Adagp, Paris / SIAE, Roma 2018

Jean Dubuffet, Brunetta dal volto carnoso (Châtaine aux hautes chairs), 1951 Materiali vari a base di olio su masonite Cm 64,9×54 Collezione Peggy Guggenheim, Venezia / Fondazione Solomon R. Guggenheim, New York Foto: David Heald © Solomon R. Guggenheim Foundation, New York Jean Dubuffet © Adagp, Paris / SIAE, Roma 2018

Leoncillo Leonardi Luce perduta II, 1961 Terracotta smaltata Collezione Fabio Sargentini, Roma

Leoncillo Leonardi Luce perduta II, 1961 Terracotta smaltata Collezione Fabio Sargentini, Roma

Alberto Giacometti Lotar II, 1964-65 Bronzo Collezione privata, Svizzera Hans Josephsohn Untitled, 1991 Untitled, 2004 Untitled, 2003 Ottone Courtesy Josephsohn Estate, Hauser & Wirth e Kesselhaus Josephsohn, San Gallo -  Foto: Antonio Maniscalco Courtesy GAMeC - Galleria d'Arte Moderna e Contemporanea di Bergamo

Alberto Giacometti Lotar II, 1964-65 Bronzo Collezione privata, Svizzera Hans Josephsohn Untitled, 1991 Untitled, 2004 Untitled, 2003 Ottone Courtesy Josephsohn Estate, Hauser & Wirth e Kesselhaus Josephsohn, San Gallo – Foto: Antonio Maniscalco Courtesy GAMeC – Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea di Bergamo

Black Hole. Arte e matericità tra Informe e Invisibile GAMeC, Bergamo, Vedute dell'installazione Foto: Antonio Maniscalco Courtesy GAMeC - Galleria d'Arte Moderna e Contemporanea di Bergamo

Black Hole. Arte e matericità tra Informe e Invisibile GAMeC, Bergamo, Vedute dell’installazione Foto: Antonio Maniscalco Courtesy GAMeC – Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea di Bergamo

Thomas Ruff R.phg.11_I, 2014 C-print Cm 239x7x184 Courtesy Galleria Lia Rumma, Milano/Napoli Foto: Danilo Donzelli  © Thomas Ruff by SIAE 2018

Thomas Ruff R.phg.11_I, 2014 C-print Cm 239x7x184 Courtesy Galleria Lia Rumma, Milano/Napoli Foto: Danilo Donzelli © Thomas Ruff by SIAE 2018

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