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Bea Bonafini e la natura cosmica dei corpi | Galleria Renata Fabbri, Milano

Una delle capacità che più apprezzo di un artista è quella di essere imprevedibile nella sua riconoscibilità, quando muove passi impercettibili nel vasto territorio delle tecniche espressive, o grandi balzi verso una estrema sperimentazione.  Sia per le tecniche che impiega...

Bea Bonafini, I Carry You Inside Me, 2021, pastello su tappeto misto intarsiato, 200 x 400 cm. Courtesy l’artista e Renata Fabbri contemporanea. Foto di Alberto Fanelli

Una delle capacità che più apprezzo di un artista è quella di essere imprevedibile nella sua riconoscibilità, quando muove passi impercettibili nel vasto territorio delle tecniche espressive, o grandi balzi verso una estrema sperimentazione. 
Sia per le tecniche che impiega con sapienza sia per gli esiti inaspettati che questi hanno, Bea Bonafini utilizza la superficie dei materiali come spazi per delle verifiche. Per come dilata le potenzialità dei materiali – penso al sughero e agli arazzi – adattandole alla policroma delle figurazioni,  l’artista è come se appurasse  la resistenza tanto del contenuto, quanto dei materiale che lo veicolano.
Nella sua seconda personale in corso fino al 13 novembre alla galleria Renata Fabbri, Luna Piena (Stomaco Vuoto), Bea Bonafini presenta una serie di arazzi, dei dipinti e dei disegni. Più nel dettaglio l’artista sperimenta con tutti questi supporti, destabilizzando la prevedibilità che li connota: gli arazzi sono costituiti da diversi intarsi mentre i dipinti sono incisi su sughero. Affascinata dalla dilatazione dei mezzi espressivi che utilizza, è come se l’artista volesse sovvertire l’ordine delle cose, manomettere la continuità della lavorazione dell’arazzo che, come specifica Irene Sofia Comi nel testo che accompagna la mostra, sono realizzati con intarsi di campioni di fibre miste arricchite con pigmenti; così come i dipinti sono realizzati su un supporto di sughero, tecnica che, note le sue caratteristiche di materiale estremamente poroso, costringe una lunga e minuziosa lavorazione.
In entrambi i casi, alle originali scelte tecniche, nel suo caso, corrisponde un’altrettanto autentica scelta contenutistica.
Le opere in mostra raccontano una polifonia di storie, un vasto catalogo di personaggi e ambientazioni, non ultime l’incontro tra culture e sensibilità differenti.

Bea Bonafini, Luna Piena (Stomaco Vuoto), 2021. Veduta della mostra. Courtesy l’artista e Renata Fabbri contemporanea. Foto di Alberto Fanelli.
Bea Bonafini, Luna Piena (Stomaco Vuoto), 2021. Veduta della mostra presso Renata Fabbri arte contemporanea, Milano. Courtesy l’artista e Renata Fabbri contemporanea. Foto di Alberto Fanelli.
Bea Bonafini, Eclipsed, 2021, Gouache e Caran d’Ache su sughero inciso, 60 cm (Ø). Courtesy l’artista e Renata Fabbri contemporanea. Foto di Alberto Fanelli.

L’artista, mischia – con leggerezza – nozioni di astrologia, mitologie orientali, incisioni rupestri per dar vita a cosmogonie immaginifiche.
Nel grande tappeto intarsiato nella prima sala della galleria, I Carry You Inside Me (2021), Banafini immagina una battaglia tra lo scheletro di quello che potrebbe essere un grande drago e i resti di altri piccoli animali, mezzo digeriti e mezzo smembrati. Ma se nel raccontarla, la scena sembra aggressiva e  cruenta, in realtà, per l’utilizzo dello sfondo bianco e i vari intarsi dai colori – che vanno dal rosso, al blu, e non ultime le sfumature date dai pastelli – questa scena ampia due metri,  tra vortici e intagli, suscita un concentrato di vitalità e leggerezza.
Stessi toni, ma con un esito completamente opposto il tondo Eclipsed (2021), dove l’artista si cimenta con gouache e Caran d’Ache su sughero. In un tondo ampio 60 centrimetri, suddiviso in due parti, l’artista compone in modo speculare quella che sembra la germinazione di due corpi speculari: sembrano la fusione di più corpi con un firmamento stilizzato; l’intreccio di un macro-corpo dove le membra esterne si fondano con gli organi e le budella interne.   Anche in questo caso, l’artista sa dosare con equilibrio la vivacità dei colori, per dar vita ad un vorticoso movimento di energia viscerale. 
Fa da pendant a Eclipsed, Stripped to the Core, (2021): stessa struttura circolare divisa a metà, per rappresentare due corpi-labirinto che sembrano vorticare e  perdersi tra cromie primarie e tinte pastello.
Anche nei disegni a pastello su cartoncino, emerge un immaginario fatto di corpi ibridati, attorcigliati, quando non fusi, che ricordano lo sviluppo di embrioni nel ventre materno (Unravelling, 2021), ma anche scene sensuali in cui, in amplessi cosmici, i corpi iper-sessuati, si contorcono e confondono (Tumble-dry, 2021).

Bea Bonafini, Luna Piena (Stomaco Vuoto), 2021. Veduta della mostra. Courtesy l’artista e Renata Fabbri contemporanea. Foto di Alberto Fanelli.
Bea Bonafini, Prey, Pray, 2021, pastello su cartoncino Sennelier, 66 x 55 cm. Courtesy l’artista e Renata Fabbri contemporanea. Foto di Alberto Fanelli.
Bea Bonafini, Luna Piena (Stomaco Vuoto), 2021. Veduta della mostra. Courtesy l’artista e Renata Fabbri contemporanea. Foto di Alberto Fanelli