Back and forward | REPLICA — Il libro come dispositivo del mostrare

Per il quinto approfondimento di Back and forward , la rubrica a cadenza trimestrale di REPLICA dedicata all’ analisi storico critica del libro d’artista, Luigi Bagaglia ci propone un estratto da Costellazioni autoriali: L’editoria nella Paracuratela.
10 Agosto 2021
Ulises Carrión, Other Books and So, 1975-1979
Ulises Carrión, The New Art of Making Books, 1975

Testo di Luigi Bagaglia —

«The double spread is ground zero for the…bookspace. One image speaks for itself, another criticises it. One image can be powerful, another can disarmi it, stoke it up, change its meaning entirely, begin a new sequence, say more. And in the book the sequences continue…offering unlimited possibility to say something complex and provocative»

Riflessioni interessanti sul libro e sulla sua irrimediabile materialità come possibile luogo per la costruzione di narrazioni per immagini e parole, sono state portate avanti negli anni dall’artista, scrittore e poeta Ulises Carrión. Attivo ad Amsterdam dalla seconda metà degli anni Settanta, contribuì allo sviluppo della scena artistica indipendente partecipando attivamente ai programmi degli spazi In-Out Center (1972-1974), Stempelplaats (1976-1981) e Time Based Art Institute (1983-1989), nonché fondando la galleria-bookshop Other Books and So (1975-1979). 

Se Maike Aden sottolinea come il lavoro di Carrión esplori molteplici campi di ricerca che vanno dall’utilizzo dell’immagine in movimento all’installazione sonora², è doveroso rimarcare come i suoi studi più noti, diffusi mediante la forma del manifesto, si concentrino sulle potenzialità dell’oggetto libro in tutte le sue forme. Nel manifesto The New Art of Making Books, pubblicato per la prima volta sulla rivista «Kontexts» nel 1975, egli si interroga su cosa definisca un libro riflettendo sulle nozioni di prosa, poesia, spazio, lingua, struttura e lettura che lo coabitano. Il testo del manifesto, dedicato a una nuova concezione del libro d’artista, da Carrión chiamato bookwork, esordisce rimarcando come l’oggetto editoriale sia «una sequenza di spazi, ognuno dei quali è percepito in un diverso momento»³, articolato in una serie di testi e immagini che ne rivelano la natura sequenziale e quindi esperienziale. Proseguendo nella lettura emergono frequentemente una serie di relazioni oppositive quali libro, testo e immagine, che l’autore, facendo riferimento alla poesia visiva, ricongiunge allo statuto del libro nuovo, dove il vuoto tra questa serie di elementi non è attore passivo ma assume un ruolo determinante nella percezione di questi e dei loro rapporti interni, similmente alla percezione che si può ottenere durante una conversazione, o nell’esperienza di percorrenza di una mostra: «Lo spazio esiste al di là della soggettività. Se due soggetti comunicano nello spazio, dunque questo diviene un elemento della comunicazione. Lo spazio modifica la comunicazione. Lo spazio impone le proprie leggi all’interno di questa. Le parole stampate sono imprigionate nella materia del libro»⁴.

Anna-Sophie Springer, Symposium On Nature, Race and Gender_The Politics of the Contemporary Debates around Art, Culture and Research, Institut Kunst HGK FHNW, Basilea, 2017.
Anna-Sophie Springer, Exhibition EX LIBRIS; Books are for Use, Library of the Academy of Visual Arts, Lipsia, 2013

L’attenzione alla materialità del supporto, alle sue caratteristiche fisiche e di conseguenza alle sue limitazioni, rivela come parola e immagine non siano relegate in una sorta di spazio ideale, e come il libro «esista come oggetto in una realtà esterna, soggetto a concrete condizioni di percezione, esistenza, scambio, consumo, utilizzo. L’oggettiva manifestazione della lingua può essere esperita in un determinato momento e spazio – la pagina; o in una sequenza di spazi e momenti – il libro»⁵.

Interessata alla performatività dell’esperienza soggettiva del toccare un libro e l’azione dello sfogliare le sue pagine, la curatrice, ricercatrice ed editrice Anna-Sophie Springer si colloca in diretta continuazione con la pratica dell’artista messicano. Springer, definendo la pubblicazione, una «macchina per i più radicali esperimenti nella produzione, presentazione e distribuzione di significato, mentre consente cambi di direzione e un mescolarsi in un gioco di ruolo tra “autoriale” e “curatoriale”»⁶, fa confluire nella propria produzione editoriale temi che comprendono studi post coloniali ed etnografia, storia contemporanea, problematiche ambientali, femminismo e studi di genere, letteratura e cultura visuale. Nel 2011 fonda insieme all’artista Charles Stankievech la casa editrice berlinese K. Verlag, che oltre ad affiancare la ricerca professionale dei suoi fondatori mediante pubblicazioni, collabora con artisti e istituzioni con l’intento di non esaurirsi nella documentazione espositiva ma di estendere i confini del libro e del catalogo, aprendosi a nuove estetiche e spazi discorsivi. Tra i progetti che concepiscono la forma libro come uno spazio per mostrare e mettere in dialogo arti visive e discorso critico, va menzionata la serie Intercalations – in collaborazione con Etienne Turpin – collana suddivisa in pubblicazioni tematiche sviluppate attraverso articoli, saggi, interviste e opere, che leggono sotto prospettive diverse l’argomento al centro del loro percorso di ricerca. Iniziato da Springer nel 2015 con il volume Fantasies of the Library, al quale hanno fatto seguito Land & Animal & Nonanimal (2015), Reverse Hallucinations in the Archipelago (2017), The Word for World is Still Forest (2017), è tuttora in svolgimento con la pubblicazione di Decapitated Economies e These Birds of Temptation. È particolarmente interessante attingere al pensiero di Springer per l’interrogativo che sta alla base della sua ricerca, ovvero cosa significhi produrre un libro dove emergano pratiche artistiche, editoriali e curatoriali, e la sua attenzione verso l’architettura e le metodologie concettuali per «leggere il libro come una quasi – galleria: una struttura tridimensionale che fornisce esperienze spazio-temporali o “incontri con lo spazio fisico in tempo reale”».⁷
Nella superficie della pagina, l’immagine si manifesta nella materialità del proprio supporto, assumendo concretezza. Lo spazio cartaceo diviene territorio d’indagine dove i suoi elementi costringono lo spettatore a contemplare l’immagine stessa invece di essere inserito nella narrazione. Questo alternarsi di visioni, di connessioni mentali e risonanze, questo progressivo avvicinamento all’immagine, il suo immediato allontanamento nella pagina seguente e la sua conseguente messa a fuoco, rendono il libro un dispositivo del mostrare.

¹ Lucy Lippard, “Double Spread”, in Put About: A Critical Anthology of Independent Publishing, Maria Fusco e Ian Hunt (a cura di), Book Works, Londra 2004.
²  Maike Aden, “Carrión Carries On”, in Journal of Artists’ Books, no. 40, Brad Freeman, Columbia College, Chicago, 2016, pp. 6-13.
³ Ulises Carrión, “The New Art of Making Books”, in Second Thoughts, Void Distributors, Amsterdam, 1980.
⁴  Ivi, p. 13.
⁵  Ibidem.
⁶  Anna-Sophie Springer, “Volumes: The Book as Exhibition”, in «CMagazine», no. 116, C The Visual Arts Foundation, Toronto, 2012, p. 44.
⁷  Ivi, p.37.

Luigi Bagaglia, Costellazioni autoriali: L’editoria nella Paracuratela, 2021, Progetto grafico: Roberto Lenza
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