Report di Valentina Bartalesi —
Abbiamo incontrato in conferenza stampa l’ideatore del progetto, il critico d’arte e autore teatrale Carlo Vanoni, insieme al team curatoriale formato da Matteo Bergamini – direttore della rivista Exibart e critico d’arte – e da Rossana Ciocca e Gianni Romano (curatore), fondatori della onlus milanese ArtCityLab. In sala stampa si respira un clima di sincera euforia: il progetto di BienNolo sta per prendere avvio e le aspettative sono alte.
Inevitabile che, a catturare l’attenzione sia l’efficace neologismo BienNoLo, giocoso sincretismo che unisce la parola Biennale (e il rimando immediato è alla manifestazione veneziana) e l’acronimo NoLo, termine recentemente ufficializzato dal comune di Milano per indicare l’area.
E’ Matteo Bergamini a introdurre la storia di quell’area sorta a Nord di piazzale Loreto (di qui la denominazione di NoLo), una realtà culturalmente connotata e complessa, oggi nel pieno di un processo di rivalutazione artistica e territoriale.
“Da abitante di Nolo ritengo sia importante ospitare in questo quartiere una manifestazione d’arte contemporanea che, pur collocandosi in un quartiere, si rivolgerà a un territorio molto più ampio, con un orizzonte nazionale e internazionale”. Tra i differenti punti affrontati nel corso della conferenza il tema identitario-geografico ricopre indubbiamente una posizione centrale. I curatori sottolineano infatti a più riprese come, da un lato la manifestazione nasca nel quartiere e rappresenti un’opportunità di rilancio e di interazioni con gli artisti e gli abitanti dello stesso, dall’altro non possa limitarsi ad un’esperienza circoscritta o ad una sorta di “Biennale locale”.
“Il sogno per il futuro prossimo e per successive edizioni del progetto” – ammettono gli organizzatori – sarebbe quello di creare un possibile asse Milano-Venezia, in modo da favorire il passaggio dei visitatori dall’esposizione veneziana al capoluogo meneghino. In altri termini, insieme a un senso profondo di appartenenza al quartiere, in cui peraltro sia Bergamini sia Vanoni risiedono stabilmente, vi è il forte desiderio di collocare NoLo in uno scenario contemporaneo e aperto.
Ma perché nasce BienNoLo? Bergamini descrive tale realtà come “interessante in quanto oggetto di un cambiamento significativo e nel contempo gentile: è un luogo che sta subendo una gentrificazione per certi versi diversa dal “normale”. Qui è difficile che sorgano grattacieli o che si avvii una vera e propria speculazione territoriale come avvenuto in altre zone di Milano. Penso che qui ci siano delle esperienze da tutelare che rappresentano in qualche maniera momenti d’avanguardia per l’area: ad esempio, l’istituto comprensivo Casa del Sole a Parco Trotter rappresenta uno dei migliori esempi di educazione e integrazione, tema che a Nolo è molto evidente e che costituisce la ricchezza di questo quartiere.”
Ed evidentemente, come asserisce lo stesso Vanoni, i temi dell’accoglienza, dell’integrazione e del confronto culturale risultano congeniti all’eterogenea stratigrafia sociale di NoLo, motivo per cui il progetto prevederà una serie di eventi corollari dislocati in altri spazi del quartiere e aperti al pubblico.
Come incipit per la prima edizione si è scelta una parola rara e di difficile pronuncia – “una sorta di scioglilingua” – ovvero “#Eptacaidecafobia”, dal greco paura del numero diciassette. Nonostante l’apparente cripticità di tale strambo vocabolo, le ragioni che ne hanno favorito l’elezione sono molteplici ed estremamente “eloquenti”. In primis, esiste per esso un rimando puramente logistico e di “calendario”, in quanto la manifestazione milanese inaugurerà venerdì 17 maggio, giorno tradizionalmente ritenuto fausto o infausto a seconda delle letture, una settimana dopo la concomitante iniziativa lagunare. In secondo luogo, in nuce al timore per il giorno diciassette vi è il concetto ben più esteso e attuale di “fobia”, in cui convergeranno le eterogenee ricerche proposte dagli artisti invitati ad esporre a BienNoLo.
Anche rispetto alla questione “spaziale”, i curatori si sono espressi in maniera approfondita. Tra le possibili sedi – l’idea di estendere la manifestazione a varie realtà estranee all’arte è stata presa in considerazione e verrà forse attuata per le prossime edizioni del progetto – è stata scelta quella che Rossana Ciocca di ArtCityLab definisce una costruzione architettonica di carattere e che Gianni Romano inserisce nell’ambito dell’archeologia industriale.
Si tratta infatti degli spazi dell’ex Laboratorio Panettoni Giovanni Cova, una realtà industriale che versa oggi in uno stato compromesso per quanto affascinante – del soffitto rimane a vista l’intelaiatura in ferro, essendo perlopiù mancanti le coperture, le muffe si proliferano lungo le pareti ed è assente la corrente elettrica – che ha determinato delle strategie curatoriali precise e lungamente meditate. Gli artisti non potranno avvalersi della corrente elettrica, se non in caso di performance temporanee: ciò esclude a priori la presenza di neon, video, filmati o altri congegni che richiedano l’elettricità per funzionare. Allo stesso modo, si è deciso di usufruire unicamente della luce naturale, altro fattore che condiziona sia la realizzazione delle opere sia la fruizione delle stesse da parte del pubblico.
Ma arriviamo finalmente a parlare degli artisti che verranno ospitati: gli organizzatori hanno mostrano un’estrema riservatezza a riguardo, lasciando trapelare solo un nome, quello di Vittorio Corsini. I restanti partecipanti verranno rivelati il giorno dell’inaugurazione. Come sottolinea Rossana Ciocca, gli anzidetti vincoli logistici hanno permesso ai curatori di “far lavorare in modo maggiore gli artisti con lo spazio, a partire anche da un’analisi storica-filologica. Gli artisti arrivano negli ex Laboratori, visitano lo spazio, si innamorano di alcuni dettagli, pensano ad un primo progetto che poi si evolverà in itinere. Uno dei motivi per cui ci siamo presi tempo per la strutturazione del progetto è stato proprio quello di “centrare“ al meglio le proposte artistiche con lo spazio, mettendo in relazione tra di loro e con il contesto gli artisti che lavoreranno con le pratiche territoriali – con la cittadinanza e con le realtà associative presenti sul territorio”.
Saranno presentati artisti di età eterogenea e provenienti sia da NoLo (non trattandosi però appunto di una biennale di quartiere, il criterio dell’appartenenza non sarà dominante) sia di calibro internazionale, valutando con attenzione ed empatia i progetti proposti.