ATP DIARY

Alfredo Aceto

In occasione della sua mostra  Everyone Stands Alone at the Heart of the World, Pierced by a Ray of Sunlight, and Suddenly It’s Evening –  visibile fino al 9 aprile 2016 alla galleria Bugada & Cargnel di Parigi – abbiamo chiesto...

In occasione della sua mostra  Everyone Stands Alone at the Heart of the World, Pierced by a Ray of Sunlight, and Suddenly It’s Evening –  visibile fino al 9 aprile 2016 alla galleria Bugada & Cargnel di Parigi – abbiamo chiesto un diary all’artista Alfredo Aceto. Oltre al suo intervento, l’artista ci ha mandato un testo di Eleonora Castagna.

Le mostre mi sembrano dei mondi che si definiscono sempre più tramite sparizioni e apparizioni fantasmagoriche talvolta quasi sciamaniche. Ma non penso si tratti di fantasmi legati unicamente al racconto bensì alla diversa temporalità che si è creata tra realtà e finzione, tramite il virtuale. Questo fosso che separa il mondo dalla sua immagine mutevole e arbitraria è probabilmente la molla che mi spinge ad andare avanti. Se dovessi pensare ad un obbiettivo che la mia generazione potrebbe porsi credo che questo sarebbe la testimonianza delle informazioni che andranno perdute in questa fase di transizione. Il ricordo della perdita piuttosto che il tentativo di ricordare.

E un po’ come se si trattasse di un intervallo tra due ere diverse in cui il passato viene letto (o sorvolato) con nuovi strumenti mentre il futuro è troppo lontano per accoglierci. Ma la cosa che probabilmente mi affascina di più in questo periodo storico è la straordinaria capacità dei due opposti a coabitare nello stesso spazio. Questi determinano una serie di reazioni anch’esse opposte anche se scaturite dallo stesso input. L’avvento degli algoritmi che determinano la digitalizzazione di tutto ciò che ci circonda ci ha preparati ormai da anni all’idea di cambiamento e ci ha anche illuso di essere già intenti a sperimentare quest’evoluzione. In realtà lo spazio che stiamo visitando mi pare più quello di una transizione il cui volto è ancora tutto da definire.

Alfredo Aceto - Bugada & Cargnel Pripyat

Ma la cosa che mi affascina di più è che in questa corsa sfrenata verso un futuro tutto sommato ancora poco previsibile, si determina una ricerca del passato che avviene proprio grazie alla tecnologia stessa. Si tratta secondo me di un ritorno all’arcaismo e a una visione antica e mitologica dei mondi. In questo senso archeologia e sciamanismo si ritrovano in questo limbo dalle tendenze animiste.

Gli oggetti che osserviamo oggi, da qualunque epoca provengano, instaurano delle relazioni incontrollabili tra di loro e ci lasciano sperimentare nuovi metodi di associazione. In questo senso credo che ci si possa permettere una maggior libertà e flessibilità confidando nel fatto che il nostro compito non sia posare a tutti i costi il nostro linguaggio su ciò che ci circonda ma bensì osservare la sua evoluzione senza sentirci necessariamente protagonisti. In questo senso credo che le mostre degli ultimi tempi siano testimoni di questo paesaggio magico che si determina dall’alchimia del nostro intervento con qualcosa che non dominiamo del tutto.

Alfredo Aceto

“Everyone stands alone at the heart of the world, pierced by a ray of sunlight, dans suddenly it’s evening” è un’esposizione che nasce dalla necessità di creare un luogo in grado, tramite delle strutture e dei materiali, di mescolare le tappe di una temporalità lineare. Da torre di controllo dell’artista a palcoscenico aperto per il visitatore, lo spazio espositivo diventa una piattaforma sulla quale emergono segni di epoche diverse. Si palesa quindi una cronologia esplosa.

C’è la città di Pripyat che da luogo geograficamente esistente diventa la rappresentazione del paesaggio mentale di Alfredo Aceto. Scoperta sui libri di scuola, Pripyat è il soggetto principale del lavoro pittorico del giovane artista tra il 2005 e il 2007. In mostra è presente la facciata della galleria di Torino in cui Alfredo Aceto tenne la sua prima esposizione nella quale erano presenti cinquanta lavori scelti che avevano come soggetto proprio la città ucraina.

Installation view at Galerie Bugada & Cargnel Paris Photo: Martin Argyroglo
Installation view at Galerie Bugada & Cargnel Paris Photo: Martin Argyroglo

Il muro viene rappresentato tecnicamente e materialmente come una quinta teatrale rimettendo così in discussione la veridicità dell’avvenimento storico vissuto e concretizzando così il mescolamento di realtà e finzione. La Pripyat immaginata e la sede della galleria torinese contribuiscono entrambi alla determinazione di uno dei paesaggi mentali dell’artista. La grande tela ha le stesse dimensioni della porta della galleria Bugada & Cargnel testimoniando, dunque, anche una sovrapposizione spaziale. Il visitatore viene invitato ad entrare non solo in un ambiente fisico quanto piuttosto in un quello mentale delle ossessioni e della malinconia di Alfredo Aceto.

Installation view at Galerie Bugada & Cargnel Paris Photo: Martin Argyroglo
Installation view at Galerie Bugada & Cargnel Paris Photo: Martin Argyroglo

Lo straniamento spazio-temporale è accentuato dalla presenza del pavimento arancione che diviene una base sulla quale galleggiano i diversi elementi esposti.

Alfredo Aceto,   The Thinker (detail) 2016 120 x 70 x 70 cm Polyurethane,   glue,   ash,   pigments,   carboniferous granit powder,   mica rock powder Courtesy the artist and Galerie Bugada & Cargnel  Photo: Martin Argyroglo
Alfredo Aceto, The Thinker (detail) 2016 120 x 70 x 70 cm Polyurethane, glue, ash, pigments, carboniferous granit powder, mica rock powder Courtesy the artist and Galerie Bugada & Cargnel Photo: Martin Argyroglo

Pripyat è ancora presente ed è il punto di partenza. I dipinti adolescenziali sono riproposti ma questa volta rappresentati su lastre di zinco.

Alfredo Aceto - Bugada & Cargneldetail 2

Il materiale è scelto non a caso poiché richiede un metodo d’incisione particolare che deriva dalla tecnica di sviluppo fotografico.

Alfredo Aceto - Re-Mental Landscapes I 2016  29,  5 x 40,  3 x 3 cm Courtesy the artist and Galerie Bugada & Cargnel  Photo: Martin Argyroglo
Alfredo Aceto – Re-Mental Landscapes I 2016 29, 5 x 40, 3 x 3 cm Courtesy the artist and Galerie Bugada & Cargnel Photo: Martin Argyroglo

Se la fotografia è stata nel tempo considerata prova di verità, in questo caso rappresenta piuttosto la volontà di voler fissare meglio un’immagine in movimento che, per manifestarsi, richiede l’interazione con il visitatore.

Alfredo Aceto,   Re-Mental Landscapes II 2016 29,  5 x 40,  3 x 3 cm Courtesy the artist and Galerie Bugada & Cargnel  Photo: Martin Argyroglo
Alfredo Aceto, Re-Mental Landscapes II 2016 29, 5 x 40, 3 x 3 cm Courtesy the artist and Galerie Bugada & Cargnel Photo: Martin Argyroglo

Le lastre disvelano il proprio contenuto solo secondo una prospettiva particolare e con condizioni di luce che devono essere ricercate costantemente da chi le osserva. Le lastre evidenziano anche una certa immobilità che la città sembra aver assunto con il suo abbandono nel 1986. Alfredo Aceto ritorna dunque in questo statico landscape mentale per ricercarne una motilità precedente. Scava nel suo passato per andare a rintracciarne le basi storico-antropologiche e s’imbatte nella civiltà dei Cucuteni-Trypilian. Inizia una ricerca archeologica a partire da Pripyat che lo porterà poi verso la Romania, luogo in cui i Cucuteni successivamente si spostano. L’artista s’interessa dei manufatti che studia al museo di Piatra Neamt. Lo colpisce una statuetta, in particolare, rappresentante un essere umano maschile ripreso nell’atto del pensare.

Alfredo Aceto,   The Thinker (detail) 2016 120 x 70 x 70 cm Polyurethane,   glue,   ash,   pigments,   carboniferous granit powder,   mica rock powder Courtesy the artist and Galerie Bugada & Cargnel  Photo: Martin Argyroglo
Alfredo Aceto, The Thinker (detail) 2016 120 x 70 x 70 cm Polyurethane, glue, ash, pigments, carboniferous granit powder, mica rock powder Courtesy the artist and Galerie Bugada & Cargnel Photo: Martin Argyroglo

Durante un dialogo con uno dei ricercatori del museo Alfredo Aceto scopre che, uno dei progetti culturali della città, sarebbe quello di riprodurre delle statue del museo, ingrandendole, come monumenti all’interno delle rotonde. In mostra si propone, dunque, una scultura che sta in bilico tra reperto archeologico originale e tentativo di scultura da abbellimento urbano. Le rotonde sulle quali troneggia Il Pensatore si trovano però, ancora una volta, in quella Pripyat mentale, e ne immaginano una possibile ripresa di motilità contemporanea.

Work in progress at Vectorin Misura 3d Reverse Engineering
Work in progress at Vectorin Misura 3d Reverse Engineering

La statua sembra sia emersa dal terreno rivelando le sue radici storiche mentre in realtà la modalità di ricostruzione si è avvalsa delle tecnologie più attuali: tramite una scansione in 3d dell’originale, la riproduzione è stata fatta da un robot dell’azienda UCIF Reverse Engineering, specializzata nella produzione di prototipi di automobili.

Work in progress at U.C.I.F Automotive and industrial creations

Ciò che sta dietro al Pensatore ci riporta nuovamente al linguaggio teatrale e scenografico: una tenda in pvc dal colore bronzeo che, ancora una volta, funge da elemento di ricongiunzione spazio-temporale.

Installation view at Galerie Bugada & Cargnel Paris Photo: Martin Argyroglo
Installation view at Galerie Bugada & Cargnel Paris Photo: Martin Argyroglo

Nulla è casuale eppure tutto ci parla di un ordine lineare costantemente messo in discussione: il bronzo ci racconta dell’epoca futura della civiltà cucutena, il sipario ci parla della presentazione del palcoscenico mentale dell’artista e il materiale ci parla della sua necessità di ricongiunzione all’epoca attuale.

Alfredo Aceto - Bugada & Cargneldetail

Attraversando questo sipario ci si trova di fronte ad una scultura la cui realizzazione non è legata ad alcuna esperienza personale. Prettamente didascalica questa finestra orizzontale è simbolo di un presente continuo: la stratificazione e accumulazione come amuleti salvifici e procrastinatori della fine di un’esperienza.

Installation view at Galerie Bugada & Cargnel Paris Photo: Martin Argyroglo
Installation view at Galerie Bugada & Cargnel Paris Photo: Martin Argyroglo

Il riferimento è dunque puntuale perché si tratta della riproduzione fedele di una finestra della Winchester House di San Jose: la proprietaria ne ha continuato la costruzione ininterrottamente per trentotto anni, fidandosi della predizione di una medium, la quale le ha consigliato di trasformare l’abitazione in una sorta di monumento in crescita costante in memoria delle vittime uccise dalle armi prodotte dal marito. Al muro un orologio che ci presenta un tempo intenzionalmente interrotto e che, in un certo senso, ci riporta alla “normalità” delle cose. Il tempo si manifesta secondo il suo più fedele riproduttore. Tuttavia la sua voluta rottura ci dimostra come comunque esso sia un prodotto necessario e voluto solo da noi stessi medesimi. Aceto ci dimostra che, così come siamo stati noi a volerlo, così noi possiamo trovare il modo di sovvertirlo e ripensarlo. Il piano spaziale della galleria è ulteriormente definito dalla presenza di treppiedi su cui sono montati degli spot luminosi: essi assumono la loro effettiva funzione dispositiva al calare del sole.

Installation view at Galerie Bugada & Cargnel Paris Photo: Martin Argyroglo
Installation view at Galerie Bugada & Cargnel Paris
Photo: Martin Argyroglo

Mediante la luce artificiale tutte le opere in mostra sono riportate su uno stesso livello come elementi appartenenti a una struttura museale canonica. Lo spazio si propone come somigliante a un classico museo di storia-naturale: l’apparato espositivo sovverte l’ordine spazio-temporale a favore di un accumulo quantitativo. In questo caso particolare l’artista ragiona in modo più ampio e ci dimostra come effettivamente l’impianto espositivo stesso sia un naturale sovvertitore di ordini spazio-temporali.

All’interno della mostra è presente una sola data precisa riportata nella brochure originale della prima mostra di Alfredo Aceto. Di fatto è l’unico elemento che è un documento di un avvenimento realmente accaduto: rappresentante una giustificazione, la prova tangibile della necessità di compimento di questa esposizione. Non ci sono motivi perversi, tutto segue una narrazione, tutto ha una sua logica e un suo equilibrio. E’ l’inizio effettivo di un percorso che tuttavia non presenta qui, con quest’avvenimento, la sua conclusione.

Graphic design Pierre Girardin
Graphic design Pierre Girardin

Il titolo non è che una suggestione emotiva che aiuta il visitatore a entrare nella dimensione di Alfredo Aceto. L’utilizzo di un profumo avrebbe potuto essere similmente efficace. Sotto al titolo c’è poi l’iscrizione “loyal sauce B.C. – noisy whitish A.D.” che si rifà ad una tecnica mnemonica di conversione fonetica inventata dal matematico tedesco Stanislaus Mink von Wennshein che Alfredo Aceto studia in giovane età. La tecnica consiste nell’associazione di un suono particolare ad ogni cifra numerica per ricavarne poi delle parole facilmente memorizzabili. Lo spazio temporale della mostra è quindi compreso tra il loyal sauce B.C. e noisy whitish A.D.

Eleonora Castagna