AMNISTIA. Colonialità italiana tra cinema, critica e arte contemporanea

La mostra esplora a livello metaforico quella che i curatori definiscono come amnistia - l’estinzione del reato da parte dello Stato - ovvero la rimozione e sospensione del giudizio esercitate dalla società italiana nei riguardi dei propri crimini e trascorsi coloniali.
22 Luglio 2018
Valerio Ciriaci - If Only I Were That Warrior (2015) - ph. Cesare Lopopolo

Valerio Ciriaci – If Only I Were That Warrior (2015) – ph. Cesare Lopopolo

Intervista di Costanza Sartoris

Anche quest’anno la Scuola di Visual Cultures e Pratiche Curatoriali dell’Accademia di Brera presenta un progetto espositivo per il Salone Napoleonico curato dagli studenti del biennio.
I giovani curatori hanno lavorato sul tema della colonialità italiana articolando il proprio percorso di ricerca svolto nel corso dell’anno con un programma di restituzione al pubblico diviso in tre parti, comprendenti uno Screening Program all’Anteo Palazzo del Cinema (21 maggio), un Public Program in Accademia (27-28 giugno) e una mostra conclusiva dal titolo AMNISTIA. Colonialità italiana tra cinema, critica e arte contemporanea, visitabile fino al 10 agosto presso la Sala Napoleonica in Accademia.

La mostra esplora a livello metaforico quella che i curatori definiscono come amnistia – l’estinzione del reato da parte dello Stato – ovvero la rimozione e sospensione del giudizio esercitate dalla società italiana nei riguardi dei propri crimini e trascorsi coloniali.
Concentrandosi sul medium cinematografico, i curatori, di cui ricordiamo i nomi Matteo Binci, Miriam Canzi, Mariavittoria Casali, Alessandra Fredianelli, Federica Girelli, Gloria Nossa, Noemi Stucchi, Sara Tortolato, Massimo Vaschetto, Claudia Volonterio, Guglielmo Zalukar e Milena Zanetti, presentano un progetto espositivo dirompente che spinge il visitatore a riflettere su una parte di storia del nostro paese spesso trascurata.

Nina Fischer _ Maroan el Sani - Freedom of Movement (2017) - ph. Cesare Lopopolo

Nina Fischer _ Maroan el Sani – Freedom of Movement (2017) – ph. Cesare Lopopolo

Ne abbiamo parlato con Sara Tortolato e Massimo Vaschetto, coordinatori del gruppo di curatori.

Costanza Sartoris: Il vostro lavoro di ricerca dell’ultimo anno si conclude con il progetto espositivo “AMNISTIA. Colonialità italiana tra cinema, critica e arte contemporanea”. Le parole scelte per il titolo sono dense di significato e avvicinano il pubblico a un approccio riflessivo su un tema poco esplorato del passato, ma anche del presente, italiano. Perché proporre oggi a Milano una tematica così impegnata, sia a livello intellettuale, sia a livello politico?

Sara Tortolato e Massimo Vaschetto: AMNISTIA è il risultato di mesi di studio e lavoro sul colonialismo italiano (in particolare in Africa) iniziati con il seminario “Colonialità e culture visive in Italia” proposto dai Professori Barbara Casavecchia, Lucrezia Cippitelli e Simone Frangi. Prima del percorso iniziato a ottobre 2017 alcuni di noi non avevano mai affrontato nello specifico la questione coloniale, perciò abbiamo tentato di colmare alcune delle numerose lacune che rimangono su questa parte di storia italiana, concentrandoci sulle culture visive contemporanee, che in tempi recenti si sono fatte carico della responsabilità storica – attraverso il lavoro di registi, critici e artisti – testimoniando l’urgenza di aprire un dibattito. Decidere di parlarne oggi è già un’operazione politica in sé, in un Paese che trascina certi meccanismi di esclusione, narrative razziali e idee di nazione italianità di matrice tipicamente coloniale e fascista. In questo senso, nel titolo, il riferimento è alla colonialità, cioè la persistenza di tracce del colonialismo nella cultura, nella società e nella politica contemporanee.

CS: Com’è avvenuto il processo di selezione degli artisti? Tra tutti solo due, Sammy Baloji e Bekele Mekonnen, sono di origine africana: secondo voi, questo è un sintomo di poca rielaborazione del passato coloniale da parte dei colonizzati o la scelta di spostare lo sguardo verso un’autocritica da parte dei colonizzatori?

ST / MV: La nostra ricerca si è concentrata soprattutto sulle pratiche di artisti e artiste italiani, ed è quindi prevalso lo sguardo autocritico, che crediamo fondamentale e imprescindibile. Il processo di selezione degli artisti in mostra è proseguito parallelamente all’organizzazione delle prime due fasi del progetto, lo Screening Program all’Anteo Palazzo del Cinema (21 maggio) e il Public Program in Accademia (27-28 giugno) e ne è stato in qualche modo influenzato. Il progetto curatoriale iniziale prevedeva la presenza del cineasta etiope Haile Gerima (Gondar, 1946, vive e lavora a Los Angeles) con un estratto del film The Children of Adwa – un documentario sulla resistenza etiope all’esercito italiano – incompleto da più di vent’anni per la difficoltà di ottenere i diritti sui materiali d’archivio dell’Istituto LUCE. La relazione con Gerima si è rivelata particolarmente problematica e il fallito tentativo di coinvolgerlo è per noi emblematico della difficoltà ancora viva nell’affrontare insieme il passato in comune.

Bekele Mekonnen - The Kiss and the Bite (2018) - ph. Cesare Lopopolo

Bekele Mekonnen – The Kiss and the Bite (2018) – ph. Cesare Lopopolo

CS: Il cinema è uno dei fil rouges di tutto il percorso. L’opera di Rossella Biscotti che dall’alto abbraccia il Salone Napoleonico citando le parole di Mussolini pronunciate all’inaugurazione di Cinecittà nel 1937, “La cinematografia è l’arma più forte”, sembra un monito che ci porta a riflettere sull’attualità. In che modo le opere in mostra scardinano questo paradigma?

ST / MV: Le opere che abbiamo selezionato agiscono in modi diversi e producono senso all’interno del discorso generale sfruttando linguaggi e strumenti differenti. La citazione di Mussolini sulla cinematografia come arma di propaganda è ricontestualizzata nel presente e ci invita a riflettere sul potere mediatico nella trasmissione di immaginari collettivi stereotipati e razzisti, sull’attuale ruolo delle immagini come veicolo di consenso. Nel contesto della mostra l’opera di Rossella Biscotti assume plurimi significati, annunciando la forte presenza di opere video e cinematografiche. Abbiamo trovato nel cinema uno dei mezzi più efficaci, non solo per le sue peculiari possibilità narrative, ma anche per la capacità delle opere selezionate di guardare al passato per riflettere criticamente sul presente. Questo scatto in avanti consente una concreta rielaborazione dei fatti storici nell’ambito del dibattito politico e culturale contemporaneo. Anche Cesare Pietroiusti nella performance Pensiero Unico, che si è svolta sabato 21 luglio dalle ore 12 in Accademia di Brera, sfrutta la retorica fascista per risignificarla nel presente.

CS: Per concludere, penso sia interessante osservare come sia stato esplorato un altro tema che ricorre in varie opere esposte in mostra, quello del monumento. Che valore hanno questi lasciti storici pensando al passato coloniale del nostro paese?

ST / MV: La riflessione sul monumento nel presente ha fatto parte della nostra ricerca a partire dai primi incontri del seminario. Un riferimento in particolare è stato l’articolo di Ruth Ben-Ghiat “Why Are So Many Fascist Monuments Still Standing in Italy?” (The New Yorker, Stati Uniti, 5 ottobre 2017) che si interroga sulla massiccia presenza di architetture e monumenti fascisti in Italia e sulla mancata sensibilizzazione al loro riferimento ideologico. Un esempio emblematico è il Palazzo della Civiltà Italiana a Roma (Colosseo Quadrato), icona dell’architettura razionalista e oggi sede della casa di moda Fendi. Sulla facciata del Palazzo è incisa una frase del discorso tenuto da Mussolini nel 1935 per annunciare l’invasione dell’Etiopia, ma nella memoria collettiva questo “dettaglio” sembra essere storicamente insignificante. Il film If Only I Were That Warrior di Valerio Ciriaci o la videoinstallazione Freedom of Movement di Nina Fischer & Maroan el Sani riflettono sull’interazione delle persone con l’eredità storica di cui i monumenti e l’architettura sono portatori, e sulle possibilità di riattivazione critica e di politicizzazione di certi luoghi, anche attraverso le pratiche artistiche.

Alessandra Ferrini - Archive as Method. Resistant Archives (2018) - ph. Cesare Lopopolo

Alessandra Ferrini – Archive as Method. Resistant Archives (2018) – ph. Cesare Lopopolo

Luca Guadagnino - Inconscio Italiano (2011) - ph. Cesare Lopopolo

Luca Guadagnino – Inconscio Italiano (2011) – ph. Cesare Lopopolo

Leone Contini - Restolen (2017-2018) - ph. Cesare Lopopolo

Leone Contini – Restolen (2017-2018) – ph. Cesare Lopopolo

Sammy Baloji - Fragments of Interlaced Dialogues (2018) - ph. Cesare Lopopolo

Sammy Baloji – Fragments of Interlaced Dialogues (2018) – ph. Cesare Lopopolo

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